Perché le 700mila lettere inviate dal Fisco fanno litigare il governo Meloni

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Le 700mila lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate alle partite Iva con redditi “anomali” (cioè troppo bassi) hanno avuto un “tono inquisitorio”, secondo il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini. In generale, il Carroccio si è opposto alle lettere del Fisco, che invece il viceministro Leo (FdI) ha difeso: “Si informa semplicemente il contribuente”.

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Il governo Meloni si divide ancora una volta, in questo caso sul delicato tema delle tasse. O meglio, delle relazioni tra il Fisco e i cittadini. Come è noto, in questi giorni l’Agenzia delle Entrate ha inviato 700mila lettere e Pec alle partite Iva che, secondo le sue rilevazioni, avevano dichiarato un reddito più basso delle attese. Ma la mossa non è stata gradita alla Lega, tanto che oggi anche il segretario e vicepremier Salvini ha preso posizione parlando di “toni inquisitori sotto Natale“. Gli ha replicato a distanza, poco dopo, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, esponente di spicco di FdI e responsabile in materia di fisco.

Va detto che lettere in questione non sono un accertamento o una sanzione, ma un avviso. L’obiettivo è ricordare che è possibile integrare – se necessario – la propria dichiarazione dei redditi, e soprattutto che c’è tempo fino al 12 dicembre per aderire al concordato preventivo biennale se non lo si è fatto finora. Non è la prima e neanche la seconda volta che il Fisco interviene per ricordare di questa possibilità, dato che sul concordato il governo ha puntato molto per incassare più soldi e portare avanti la riforma fiscale.

L’attacco di Salvini: “Lettere con toni inquisitori sotto Natale”

La linea di Salvini è stata dura: “Non ho condiviso né nel metodo, né nel merito questo invio di milioni di lettere sotto Natale con un tono inquisitorio a gente che ha pagato le tasse”, ha detto oggi ai cronisti che lo interrogavano sul tema. “Se c’è uno strumento che non funziona, e penso al concordato, non bisogna inseguire gli italiani, ma cambiare strumento“.

Insomma, una presa di posizione critica non solo sull’invio di lettere, ma anche sul concordato preventivo che invece il ministero dell’Economia – guidato, va ricordato, da leghista Giancarlo Giorgetti – ha studiato e rifinito per mesi nel tentativo di attirare il numero più alto possibile di contribuenti. Secondo il vicepremier, invece, la proposta della Lega è “quella che ha funzionato in passato, e penso possa farlo anche in futuro, cioè la rottamazione a lungo termine. Invece, ha concluso, l’Agenzia delle Entrate “può anche mandare 50 lettere al giorno, ma non arriva da nessuna parte”.

Leo: “Si informano i contribuenti, chi è in regola non ha niente da temere”

La risposta, come detto, è arrivata direttamente da Maurizio Leo: ‘padre’ della riforma fiscale, viceministro all’Economia e molto vicino a Giorgia Meloni, Leo ha difeso la linea portata avanti finora dal suo ministero: “Da parte mia e del governo non c’è nessuna intenzione di vessare, minacciare o intimorire nessuno”, ha detto. “L’obiettivo della riforma fiscale, a cui stiamo dando celere attuazione, va nella direzione di adottare comportamenti trasparenti dell’amministrazione finanziaria nell’ambito di un rapporto collaborativo con i contribuenti. In tal senso va l’informazione preventiva volta a evitare accertamenti”.

Insomma, ha sottolineato il viceministro, le lettere non avrebbero avuto l’intenzione di mettere pressione o allarmare, ma semplicemente di “informare” i contribuenti: “Anche le lettere di recente inviate dall’Agenzia delle Entrate rientrano nell’ordinaria attività di comunicazione per segnalare eventuali anomalie riscontrate nelle dichiarazioni sulla base dei dati in suo possesso”.

I destinatari, secondo quanto comunicato, sono state le partite Iva che hanno dichiarato meno di 15mila euro e meno di quanto prende un dipendente in quello stesso settore. Dichiarazioni che hanno fatto sospettare ‘anomalie’, ovvero, di fatto una possibile evasione. Con un invito a correggere eventuali errori e, eventualmente, ad accedere al concordato.

“La corretta informazione è alla base del ‘fisco amico’. Noi abbiamo cambiato la logica dell’accertamento, agendo ex ante anziché ex post. E queste lettere ne sono un esempio lampante. Si informa semplicemente il contribuente di una situazione che lo riguarda, ma deve essere assolutamente chiaro che chi ha adempiuto correttamente agli obblighi tributari non ha nulla da temere e potrà non tenere conto delle comunicazioni ricevute”, ha commentato Leo.

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