E così, nella fertile pianura torinese, spuntano pannelli fotovoltaici come funghi dopo un temporale. Solo che qui non ci sono né pioggia né umidità, ma una valanga di offerte speculative mascherate da green economy. Il consumo di suolo agricolo è diventato talmente aggressivo che Coldiretti lo definisce land grabbing, termine chic per dire che i terreni coltivabili finiscono nelle mani di chi non intende certo coltivare pomodori.
Coldiretti Torino ha contato almeno 10 milioni di metri quadrati di campi agricoli già destinati al sacrificio.
Una superficie immensa, buona per produrre cibo, ma che finirà a produrre elettricità, spesso senza un reale vantaggio per le comunità locali. Gli agricoltori, nel frattempo, ricevono decine di telefonate da intermediari immobiliari che, con la grazia di un venditore porta a porta, propongono di vendere i loro terreni alle società energetiche.
E se non vuoi vendere? Tranquillo, c’è l’opzione “partner agricolo”. Ti convincono con progetti agrivoltaici: pannelli sollevati da terra, promesse di coltivazioni sottostanti e tante rassicurazioni.
Peccato che, spesso, queste coltivazioni siano solo di facciata.
“Ma il valore dei ricavi agricoli rimarrà invariato”, dicono. Certo, come no.
Nel frattempo, mentre si piantano pannelli al posto di patate, ci si dimentica che altre soluzioni esistono e restano tristemente ignorate.
Perché sfruttare i tetti delle strutture agricole già esistenti? No, troppo semplice. Meglio spianare ettari di terreno fertile. E le aree industriali dismesse? Ah, quelle rimangono lì, in attesa di un’idea migliore o forse di un miracolo.
In compenso, dal Canavese al Chierese, passando per il Pinerolese e la seconda cintura di Torino, i campi fotovoltaici si moltiplicano come se il sole non bastasse a riscaldarci.
Cumiana, Chivasso, Torrazza, Rondissone, Frossasco, San Giorgio Canavese, Leinì: una lista sempre più lunga di comuni che vedono il loro paesaggio trasformarsi in una distesa di vetro e metallo. E non è finita, perché altre installazioni sono già pronte a partire.
E il mercato dei terreni? Un’orgia di speculazione.
I valori schizzano alle stelle, con aumenti del 300-400%. I grandi proprietari terrieri, abbagliati dai milioni promessi dalle società energetiche, rescindono i contratti di affitto con gli agricoltori, lasciandoli senza terra da coltivare. Certo, chi se ne importa se qualcuno poi non avrà un pezzo di pane, l’importante è che i pannelli siano in funzione.
A denunciare questo disastro annunciato è il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, che non usa mezzi termini: «I nostri agricoltori si sentono letteralmente assediati dai campi fotovoltaici. Se non fermiamo questa occupazione di suolo, presto avremo perso una quota importante dei campi a disposizione per produrre cibo».L’appello è forte, ma basterà per scuotere la Regione Piemonte? Non è solo il cibo a essere in pericolo, ma anche il paesaggio, che rischia di trasformarsi in un’immensa zona industriale a cielo aperto. «La Regione deve salvare il nostro suolo agricolo e fermare questa corsa alla speculazione, che rischia di lasciarci senza prodotti agricoli di prossimità, in un momento storico in cui l’approvvigionamento di cibo rappresenta sempre più una partita strategica mondiale», aggiunge Mecca Cici.
La richiesta di Coldiretti è tanto semplice quanto urgente: servono regole chiare e stringenti per proteggere il suolo agricolo e sfruttare finalmente superfici alternative, come tetti e aree dismesse. Ma, si sa, nel nostro Paese le buone idee hanno sempre un problema: richiedono tempo, visione e coraggio. Tre qualità che, purtroppo, sembrano essere sempre più rare. Intanto, gli agricoltori combattono, il paesaggio cambia, e i pannelli si piazzano. Ma chissà, forse un giorno qualcuno si chiederà se ne sia davvero valsa la pena.
Il land grabbing è un fenomeno globale che si riferisce all’acquisizione su larga scala di terre, spesso agricole, da parte di investitori privati, multinazionali o governi stranieri. Questi attori acquistano, affittano o ottengono il controllo di grandi superfici di terreno, generalmente nei paesi in via di sviluppo, per sfruttarle a fini agricoli, industriali o energetici, con l’obiettivo di generare profitto.
Caratteristiche principali:
- Dimensioni significative: Le acquisizioni riguardano grandi estensioni di terreno, a volte decine di migliaia di ettari.
- Disparità di potere: Spesso chi cede il terreno – piccoli proprietari, comunità locali o governi – si trova in una posizione di debolezza rispetto agli investitori.
- Interessi diversi: Il terreno può essere destinato a coltivazioni industriali (ad esempio per biocarburanti), allevamenti intensivi, infrastrutture, progetti energetici (come campi fotovoltaici o eolici), o semplicemente alla speculazione immobiliare.
Impatti del land grabbing:
- Sociali: Può portare all’espulsione delle comunità locali dalle loro terre, riducendo l’accesso alle risorse naturali e alla sicurezza alimentare.
- Ambientali: La trasformazione del suolo, la deforestazione e l’uso intensivo di pesticidi o fertilizzanti chimici possono danneggiare gli ecosistemi.
- Economici: Sebbene possa generare profitti per gli investitori, spesso lascia le comunità locali in condizioni peggiori rispetto a prima, senza accesso a benefici economici duraturi.
Esempi di land grabbing in Italia:
Anche in Italia si sta assistendo a una forma di land grabbing, sebbene su scala diversa rispetto ai paesi in via di sviluppo. Nel contesto italiano, il fenomeno riguarda soprattutto:
- La conversione di terreni agricoli in aree industriali, infrastrutture o campi fotovoltaici.
- L’acquisto di terreni da parte di investitori esteri per coltivazioni specifiche (ad esempio vigneti prestigiosi).
- La speculazione edilizia, che sottrae terreni destinati all’agricoltura per sviluppi residenziali o commerciali.
Un problema globale con radici locali
Il land grabbing, benché spesso associato a dinamiche internazionali, può assumere forme più sottili a livello locale, come nel caso del consumo di suolo per i campi fotovoltaici in Piemonte. La pressione su agricoltori e comunità locali per cedere le terre dimostra che il fenomeno è rilevante anche nelle economie sviluppate, con implicazioni economiche, sociali e ambientali di lunga durata.
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