Corea, no all’impeachment. La protesta nelle piazze: presidente verso le dimissioni

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LA STORIA

ROMA Feliz Navidad. La canzone natalizia di fama mondiale, incisa per la prima volta nel 1970 da José Feliciano ma che ha anche una bella versione di Raffaella Carrà, è uno degli inni delle centinaia di migliaia di persone che anche ieri hanno protestato davanti al Parlamento di Seul. Modificata dal musicista coreano Baek Ja, nel ritornello, cantato da tutti coloro che da giorni assediano gioiosamente il Parlamento, dice più o meno «il Natale è felice quando Yoon Suk-yeol si dimette», «il Natale è allegro quando Kim Keon-hee (la first lady) viene punita». E poi, sempre in coro, «impeachment», invocazione ripetuta anche dalle canzoni k-pop adottate in queste manifestazioni, più allegre che violente, che stanno caratterizzando la Corea del Sud da quando la notte del 3 dicembre il presidente Yoon, del People Power Party (destra) ha tentato un goffo golpe. Ha proclamato per sei ore la legge marziale, con tanto di occupazione del Parlamento da parte delle forze speciali (fallita perché i deputati hanno comunque votato l’annullamento) e addirittura gli ordini di arresto (mai eseguiti) dei leader dell’opposizione (e perfino capo del partito di Yoon perché era contrario al colpo di mano).

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STALLO

Ecco, malgrado le proteste oceaniche (la polizia dice 150 mila, gli organizzatori un milione, tutto il mondo è paese), il voto per l’impeachment del presidente (che è comunque indagato), è fallito, per la enorme delusione di chi pensava di potere festeggiare davanti al Parlamento e aspettava nonostante il freddo dell’inverno coreano. Ma è probabile che alla fine Yoon, su spinta del suo partito, dovrà accettare di dimettersi. Travolto da vari scandali (i più colorati coinvolgono anche la moglie criticata pure per avere accettato una borsa di Dior in regalo), la sua popolarità è ai minimi: secondo gli ultimi sondaggi al 13 per cento. E in Parlamento l’opposizione conta 192 su 300 deputatati. Sono la maggioranza, ma non sufficienti per ottenere l’impeachment. Tutti i deputati del partito del presidente (tranne tre) sono usciti dall’aula e così sono mancati i due terzi necessari per cacciare Yoon, che a completamento di quella che oggettivamente ha tutti i contorni di una farsa, qualche ora prima era apparso in tv, dicendo che si scusava per la legge marziale e che non lo farà più. Perfino il presidente del Power People Party, Han Dong-hoon, prima del voto ha spiegato che, dopo quello che è successo, Yoon non può più svolgere il ruolo di presidente in modo normale. Quando la mozione sull’impeachment è franata, Han Dong-hoon ha deciso di autosospendersi da leader del partito. Per la Corea del Sud questo epilogo e la caparbietà di Yoon che non vuole abbandonare il suo posto, rappresentano il proseguimento di una fase di instabilità che davvero nessuno sa dove potrà portare. Ma le dimissioni sembrano dietro l’angolo. La stragrande maggioranza dei coreani è favorevole all’impeachment, Yoon non ha i numeri in Parlamento per fare passare i provvedimenti, è sotto inchiesta e ci sono numerosi generali sospesi per avere assecondato la legge marziale.

ANSIA

Subito dopo il voto, tra le centinaia di migliaia di coreani fuori dall’Assemblea nazionale, qualcuno ha pianto, altri hanno spiegato: «Continueremo a venire qui fino a quando Yoon non se ne andrà». Il presidente, che aveva motivato il tentato golpe con la necessità di fermare l’opposizione favorevole – a suo dire – alla Corea del Nord, nel discorso in tv di ieri ha usato anche queste parole: «Ho causato ansia e disagio alla popolazione, mi scuso sinceramente. Affido al mio partito misure volte a stabilizzare la situazione politica, compreso il mio mandato». Possibile che si vada a un’uscita più morbida, senza l’umiliazione dell’impeachment. Lee Jae-myung, il leader del Partito democratico, la principale forza di opposizione, è invece andato a parlare con i manifestanti: «Ci scusiamo per non essere riusciti a produrre i risultati sperati. Ma ci saranno altro mozioni per chiedere l’impeachment, vedrete. Riporteremo questo paese alla normalità entro Natale e ve lo daremo come regalo». Va detto che anche nelle ore più calde, dopo la proclamazione della legge marziale, non ci sono mai stati veri scontri tra la popolazione ed esercito o polizia. E ieri sera, quando è stato il momento di tornare a casa, la canzone di commiato è stata “All I Want For Christmas Is You” di Mariah Carey.

Mauro Evangelisti

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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