Il coraggio del confronto di sicuro non gli manca. Luca Pizzuto, capogruppo di Sinistra Futura, è stato tra i consiglieri regionali della maggioranza che più di tutti c’hanno messo la faccia sulla legge per le Aree idonee agli impianti di energie rinnovabili.
Accesissimo, ma comunque corretto e sincero, lo scontro verbale con i comitati per la Pratobello 24 in presidio fuori dal Palazzo di via Roma. E proprio da questo episodio parte la nostra intervista con Pizzuto.
La legge sulle Aree idonee è stata discussa in un clima non certo sereno, sia dentro che fuori dall’Aula. Cosa si sente di dire ai comitati con cui ha avuto un acceso confronto fuori dal Consiglio regionale?
Direi che fare una transizione energetica è necessario, ma va fatta in modo intelligente. Spiegherei i cardini di questa legge, che tiene tantissimo conto delle linee dell’istanza popolare di chi ha sostenuto la Pratobello. Perché rispetto a 860 domande che sarebbero state approvate con quanto previsto dal governo Solinas, ora decade tutto ed è tutto da rifare, salvo ovviamente le cose che purtroppo sono state approvate durante il governo Solinas.
La minoranza ha criticato molto il provvedimento e dal centrodestra sono certi dell’impugnazione da parte del Governo. Vi sentite al riparo da eventuali contenziosi?
L’impugnazione è un fatto politico e ce l’aspettiamo su tutto, anche su una legge sulle minestre riscaldate. Noi abbiamo fatto la miglior legge possibile dal punto di vista tecnico, tenendo conto però delle leggi nazionali ed europee. Non potevamo dire ‘La Sardegna non è un’area idonea’ perché questo avrebbe comportato l’impugnazione certa. Nella legge invece si dimostra come si può arrivare ai 6,2 gigawatt, dove noi investiamo ben 680 milioni di euro per arrivare ai 4,2 gigawatt forniti dalle comunità energetiche e dall’incentivazione del fotovoltaico ad uso privato e aziendale, andando a coprire il 50%. Una misura che non si vedeva da vent’anni. E poi abbiamo creato un sistema di partecipazione delle comunità locali, perché la transizione va fatta ma i territori devono poter decidere.
Guardando alle tasche dei sardi, ci sarà modo di ricavare dei vantaggi tangibili da questa transizione energetica?
Oltre alle Aree idonee c’è una seconda fase, dove noi stiamo cercando di costruire una norma che possa consentire una tassazione degli impianti, in modo che ci sia una ricaduta importante nelle comunità locali.
Un altro nodo per la Sardegna è senza dubbio la Sanità. Il 5 Stelle difende l’assessore Bartolazzi dagli attacchi del centrodestra, mentre nel frattempo il Pd ha presentato il proprio piano di rilancio pur non avendo la delega alla Sanità. Da parte degli altri alleati che aria tira?
Pensiamo che il primo passo sia cambiare i dirigenti delle Asl. Non possiamo permetterci di mantenere le direzioni sanitarie che hanno portato a questo disastro, ma per cambiare i vertici serve una norma su cui inizieremo a confrontarci. Da tempo diciamo che bisogna depotenziare Ares, per consentire il commissariamento e la trasformazione del sistema sanitario. Ci confronteremo con gli alleati e cercheremo di costruire una proposta valida per la Sardegna.
Da parte vostra resta la fiducia per l’assessore Bartolazzi?
Sì, da parte nostra c’è fiducia. Anche perché noi non governiamo, visto che i direttori generali delle Asl non rispondono alle direttive che arrivano dall’assessorato. Quindi è un governo monco e questo è il problema vero.
Lei è senza dubbio tra i consiglieri più attivi e tra le sue proposte ha fatto parlare molto la mozione per il cessate il fuoco a Gaza. Come mai ha deciso di portare una tematica di macro politica in Consiglio regionale?
Intanto serve a ridare un ruolo politico alto al parlamento dei sardi. Il Consiglio si deve occupare delle buche delle strade come di questioni molto più grandi, dunque è l’ambizione di un parlamento sardo che possa discutere di macro sistemi e politica estera. Ed è prendere posizione in controcorrente rispetto al disastro e alla disumanità che stiamo vedendo in Palestina. Abbiamo preso una posizione forte contro il genocidio che sta avvenendo, riconoscendo lo Stato di Palestina come le risoluzioni Onu stanno indicando. Abbiamo voluto esprimere il nostro dissenso e chiedere la pace, perché stiamo spendendo miliardi in armi e non ce lo possiamo permettere. Quindi è stato un atto forte, che ci ha portati a proporci come sede per una conferenza di pace che speriamo di poter organizzare l’anno prossimo.
Un’altra sua proposta che sta iniziando il proprio iter è quella sul reddito di studio. Di cosa si tratta?
Gramsci diceva che studiare è lavoro e noi pensiamo che sia vero. Vorremmo creare uno strumento di riconversione della vita delle persone, anche adulte, dicendogli ‘ok sei disoccupato, rimettiti a studiare e ti paghiamo per questo’. Dalla cultura può nascere una Sardegna nuova.
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