Roberta Tagliavini, da «Cash or Trash» all’Ambrogino d’oro: «In tv facciamo più ascolti di Amadeus, con Bologna ci fu un addio violento ma la amo»

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di
Vittoria Melchioni

La mercante d’arte, «la più bolognese di tutti i milanesi», ha ricevuto il riconoscimento:  «Milano mi ha accolta in un periodo particolare della mia vita. Sotto le Torri torno una volta al mese, dormo al Baglioni e mangio i tortellini. Con il programma divulghiamo cultura in modo intelligente»

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Roberta Tagliavini, la «mercante di Brera» e protagonista indiscussa di «Cash or Trash», la più bolognese di tutti i milanesi, oggi 7 dicembre ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro in occasione delle celebrazioni della festività del santo patrono della città meneghina. A consegnarle l’attestato di civica benemerenza saranno il sindaco Giuseppe Sala e la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi. «Milano è la città che mi ha accolto senza giudicarmi», racconta la titolare della galleria specializzata in arte decorativa del XX secolo e design, in via dei Fiori Chiari. Tagliavini si trasferì da Bologna a Milano nei primi anni ’60, non ha mai dimenticato la sua città d’origine, anche se la sua vita ormai è all’ombra della Madonnina.

Roberta come ha appreso la notizia del conferimento dell’Ambrogino?
«Sono stata non felice, di più. Essendo bolognese, ricevere la più importante onorificenza dalla città di Milano, mi ha riempita di orgoglio, non me l’aspettavo».




















































Si è chiesta come mai, tra tanti milanesi, abbiano scelto una bolognese?
«Quando arrivai a Milano, aprii il mio primo negozio in galleria Strasburgo tra Corso Europa e Via Durini. Poi, negli anni ’80 decisi di trasferirmi. La zona che mi interessava era lasciata andare: tossicodipendenti, vandali, ladri di autoradio, degrado ovunque, piccole botteghe un po’ dimenticate che avevano delle paratie per proteggersi dai ladri. Decisi di investire lì e ora, a distanza di cinquant’anni, ho cinque negozi e via Fiori Chiari è una delle strade più belle di tutta Brera. Non è tutto merito mio, ma sono stata io a dare il via ad una trasformazione che ha portato il quartiere ad essere il salotto chic di Milano».

Qual è il suo legame con Milano?
«Milano mi ha accolta e protetta in un periodo particolare della mia vita. Non avevo nulla, se non il mio cuore spezzato. Ero giovane, tra le prime donne ad essere divorziate in Italia. Non mi ha giudicata».

Cosa che non è successa a Bologna.
«Amo profondamente la mia città. Torno almeno una volta al mese. Ho tutto un mio rituale: vado a dormire al Baglioni, a mangiare un piatto di tortellini e le lasagne, faccio un bel giro sotto i nostri meravigliosi portici e in neanche un’ora torno a Milano. C’è da dire che negli anni ’60, la mentalità era ancora un po’ provinciale e non è stato facile per me prendere la decisione di andarmene. È stato un addio violento e sofferto».

Di cosa si occupava a Bologna?
«Di mobili, e di cos’altro? Ma li producevamo dall’origine, io e il mio primo marito. Ero molto creativa e mi piaceva molto disegnarli. Abbiamo avuto un grande successo che ci aveva fatto anche guadagnare soldi da reinvestire nell’edilizia. Dopo, ho scoperto l’antiquariato e il vintage e ho preso una nuova strada».

Poi il grande successo professionale e ora anche quello televisivo.
«Il successo è arrivato lavorando duramente, però. Non è piovuto dal cielo. Un lavoro che mi ha dato immense soddisfazioni e mi ha fatto diventare il punto di riferimento di tante celebrità, ma soprattutto di tante persone che amano il vintage e le cose davvero belle. Ora ho cinque negozi a Milano e una galleria a Londra. La tv è un grande divertimento. “Cash or Trash” ha tanta audience perché è un intrattenimento intelligente: divulghiamo cultura in modo leggero e superiamo Amadeus negli ascolti».

L’Ambrogino sì, ma il Nettuno no. Come mai?
«Perché a Bologna non mi considerano (ride, ndr). Sarei entusiasta di ricevere un Nettuno d’oro perché sono e rimango bolognese». 

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