Dal 2025 l’Italia dice addio al PUN, il prezzo unico nazionale dell’energia. Al suo posto però non ci saranno tariffe differenti a seconda delle zone d’Italia, ne sono state identificate sette, ma ci sarà un indice che sarà calcolato in modo simile a quello attuale del PUN denominato PUN Index GME.
In poche parole non cambierà nulla, almeno per i consumatori, ma questo potrebbe far sorridere alcuni e arrabbiare altri. Vediamo perché.
Tutto parte dal decreto legge del 9 dicembre 2023 che spinge l’Italia verso l’adozione del prezzi “zonali” un po’ come succede il molti altri Paesi europei. Sono state identificate sette zone, nord, centro nord, centro sud, sud, Calabria, Sicilia e Sardegna e ognuna di queste zone avrà un prezzo dell’energia variabile legato al prezzo di produzione dell’energia in quella zona.
Trattandosi di un mercato dove l’energia viene venduta e il prezzo varia a seconda della richiesta e della disponibilità, è evidente che ogni zona avrà le sue oscillazioni a seconda della presenza sul territorio di centrali a fonti rinnovabili, solare o eolico, alla necessità di far intervenire le centrali a combustibile fossile e ovviamente alle condizioni atmosferiche.
Sul sito del GME, Gestore Mercati Energetici, è possibile vedere già oggi il prezzo dell’energia diviso per ogni singola zona con lo storico del prezzo, e sebbene in alcuni momenti il prezzo sia simile per le diverse zone, ci sono istanti dove tra la Sicilia e il Nord Italia, per fare un esempio estremo, il prezzo diverge per una quota non certo marginale.
Sul sito del GME le tariffe sono già divise per zone perché i fornitori saranno obbligati a comprare l’energia al prezzo zonale, è solo agli utenti finali che verrà fatto un prezzo basato sul nuovo PUN Index GME. Che non è altro che il risultato di una formula simile a quella del PUN attuale che parte dai prezzi delle varie zone e cerca di trovare un valore medio di riferimento che possa andare bene in tutta Italia.
In poche parole è stato introdotto un escamotage per evitare che le varie zone d’Italia pagassero l’energia, ovviamente solo la parte variabile legata alla materia prima, in modo differente.
Una tariffa a zone per gli utenti finali avrebbe portato vantaggi economici a chi vive nelle regioni regioni più efficienti, sia per motivi puramente geografici sia per lo sfruttamento o lo sviluppo delle risorse rinnovabili. Sardegna grazie all’eolico, o Sicilia per il fotovoltaico, sono potenzialmente due zone dove con la tariffa zonale gli abitanti avrebbero pagato meno l’energia in certi periodi dell’anno rispetto alle altre zone d’Italia.
Insomma, il decreto che ha creato la dinamica a zone ha anche creato il meccanismo di perequazione tra i clienti finali “a compensazione dell’eventuale differenziale tra il prezzo zonale e un prezzo di riferimento calcolato dal GME in continuità con il calcolo del prezzo unico nazionale”. Niente discriminazione energetica.
Non è dato sapere fino a quando verrà mantenuto questo nuovo indice PUN Index GME che rende “equo” il prezzo dell’energia in tutta Italia, dovrebbe essere una fase di transizione, ma sappiamo che questa mossa puramente politica disinnesca una delle armi degli operatori per avere un mercato libero davvero libero.
Gli operatori nel mercato dell’energia, come abbiamo detto, oggi sono obbligati ad acquistare energia ai prezzi zonali ma sono anche obbligati a dare un prezzo unico al cliente finale senza poter usare il prezzo come elemento per differenziare l’offerta. Il fatto di poter offrire una tariffa unica per tutti i clienti, o di poter fare tariffe a seconda di dove uno vive, o del mix di rinnovabili / non rinnovabili dell’offerta scelta, è una scelta che non deve essere fatta dal regolatore ma dovrebbe essere parte della strategia dei singoli operatori di mercato.
La flessibilità data dalla tariffe zonali avrebbe anche ammorbidito le posizioni di certi comitati che si oppongono oggi all’installazione di eolico e solare in certe zone d’Italia, ad esempio la Sardegna. Se avere parchi solari nella propria regione volesse dire pagare la corrente pochissimo, anche nulla in certe ore del giorno, probabilmente ci sarebbe qualche “no eolico” in meno.
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