di GREGORIO CORIGLIANO – Non sono andato al funerale di Pepè Campisi, detto Caciotta (e me ne rammarico) non solo perché non ero in paese, ma soprattutto perché voglio arrivare in Piazza e verificare che non c’è più. Già pesava l’assenza dei suoi giorni in ospedale, ma voglio vedere cosa scatena in me la sua mancanza appoggiato alla porta di Chupì (un nuovo ritrovo senza successo) l’ultimo refugium peccatorum trovato da quanti sono rimasti e speriamo a lungo.
Lui era ormai il più anziano, più o meno, di quanti non hanno mai voluto abbandonare il nostro luogo dell’anima. C’era, a mia memoria, da quando il cognato Mercurio Fornaciari, apprezzato rivenditore di apparecchi televisivi, portò in piazza il primo televisore.
Lui armeggiò per farlo funzionare e tutti vedemmo Mario Riva con il Musichiere. Era il 1956, mi pare. Fu, Pepè allora “u ricottaru” e non perché facesse ricotte, che ci permise di vedere il primo telegiornale. Dopo anni trascorsi a sistemare nelle case i televisori, con antenne e trasformatori, si specializzò nel sistemare mangiadischi e autoradio: i giovani, quelli che avevano la ‘500, in fila a sistemare la radio in macchina, con antenne ed altoparlanti e Pepè provvedeva alla bisogna non disdegnando la vendita di lavatrici e frigoriferi che lui provvedeva a portare in casa ed a farle funzionare.
Non era facilissimo. Turino, il fratello, prima con lui, fu destinato a Gioia Tauro per l’altro negozio di Mircuri. E tutti erano diventati amici di Turino “u russedu”, che sacrificò tutto, ma proprio tutto, pur di comprarsi la Giulia che portava in piazza per farla vedere agli amici.
E Pepè, accontentava tutti, nelle loro richieste. Conosceva il paese, con vizi e virtù, parlava di tutto, sport e giro d’Italia e tour di Francia, ma anche di politica dal suo punto di vista destrorso. Era pure innamorato e ricambiato, un amore fatto di sguardi e occhiolini. Il suo humus era lo stare in piazza, d’inverno e d’estate, rari i suoi tuffi in mare. Puntuale come un orologio svizzero, però, non mancava mai di sedersi sugli scaloni del sagrato, “benedetto” sia chi ha tolto i sedili lunghi di cemento, dove si poggiava Totò palla, anche a dispensare i consigli e praebiti. “Ne vorrei da Egli”, uno di questi. Pepè, interveniva su tutto, anche dopo essere diventato consigliere comunale con la Dc: la sua più grande soddisfazione era tentare di risolvere i problemi della gente, tra buoni Eca e marciapiedi, acqua e fogne. Anni ed anni ed anni ancora a discutere della qualunque, come dicono a Messina, e lui sempre in piazza, divenuto “re ad honorem”!
Il sempre presente e sempre pronto ad informare chi, come me, non vive a San Ferdinando, ma legato come pochi altri al natio borgo. Ci sono stato ai primi di questo mese, lui non c’era, ho chiesto a Michele “Battaglini” che, con Ercolino e mio cugino Pino, ereditano la piazza. Niente, mi è stato detto, quale problema al cuore, ma tornerà presto. Ed invece apprendo la tristissima novella da – come si dice – un post su Facebook, scritto dal più puntuale degli aficionados, Ciccio Pontoriero che da Parma viene al paese, ogni quindici giorni più o meno. Scrivo, col cuore in gola, qualcosa, ricordando alcune delle avventure comuni che erano girare in paese con l’auto che lui si prestava dal cognato Fornaciari.
Prima un Taunus, poi un Ami8. Giravamo ore intere a sforbiciare ed ammazzare il tempo guardando le ragazze. Proporrò al sindaco, Luca Gaetano, di avviare le procedure, per intitolare una parte della piazza a Pepè, se Cicciopalla, Michele, Antonio, Ercolino, Freddy, Ciccio bis, Lillo, Pascale, Piero ed altri che involontariamente dimentico sono d’accordo. E con lui a Ciccio Loiacono, il patriarca che manca non solo a me e non solo per gli inviti a cena, scomparso qualche mese fa.
Anche lui, che ci informava di cose del passato che avevamo solo sentito dire, ci manca,chi come Il Pullo, oggi che avrebbe goduto dell’afflato di Giorgia Meloni, lui il primo missino del paese, che non ha mai cambiato berette. Poi Ciccio Papalina, l’uomo che trascorreva intere giornate al mare, diventando nero come un tizzone e che alla vecchiaia si era iscritto all’Università per saperne di più su bilanci e finanziarie. La Piazza era già orfana, ora lo è ancora di più. È questa la vita? Si, ahimè! (gc)
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