A 53 anni dalla legge del 1971, che aveva fermato l’assalto delle escavazioni negli Euganei, la questione delle cave è tornata a infiammare gli animi di cavatori e ambientalisti e ha messo in luce le profonde criticità del “sistema Parco”.
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La Regione Veneto la scorsa settimana ha deposto una pietra tombale sui progetti proposti per il rinnovo delle concessioni dell’escavazione della trachite in quattro cave a cielo aperto degli Euganei situate a Vo’ e a Cervarese Santa Croce. La decisione è stata motivata non solo dalle incongruenze rispetto all’articolo 32 della legge regionale n. 13 del 2018, che chiedeva metodi innovativi e rispetto del paesaggio e dell’ambiente, ma anche dai pareri negativi della Soprintendenza, conditi dalle prescrizioni Mab Unesco e dalla linea politica della Comunità del Parco Colli.
Si è trattato dell’ultimo iter di un procedimento cominciato nel 2023, in concomitanza con la scadenza dell’autorizzazione, durata dai 15 ai 20 anni, per l’estrazione di trachite con metodi tradizionali nel comprensorio euganeo. Le ditte interessate, per poter proseguire la loro attività, avevano redatto delle nuove proposte di escavazione, che però al termine degli approfondimenti si sono dimostrate prive dei requisiti richiesti e per questo sono state rispedite ai mittenti.
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Una vicenda che a un primo sguardo sembra essersi conclusa al meglio, che però, a guardarla a fondo, svela una mancata tenuta delle redini della vicenda da parte dell’attore principale, cioè il Parco Colli. L’ente infatti, pur dotato degli strumenti del Piano Ambientale e del Piano Cave e sollecitato dalla legge Regionale 13, non si è espresso con una posizione ferma sul futuro delle escavazioni, ma anzi, ha cercato di girare attorno al problema, mantenendo una posizione di limbo davanti alle richieste dei cavatori e alle associazioni ambientaliste, rimandando alla fine ogni decisione a organi superiori.
Il voltafaccia dei sindaci
Infatti, il diniego ai progetti votato dalla Comunità del Parco, di cui fanno parte i sindaci e i rappresentanti del territorio, si è nascosto dietro al parere della Soprintendenza. A una settimana da questa scelta però è arrivato un colpo di scena: nove sindaci hanno ritrattato la loro posizione contraria, chiedendo alla Direzione di valutazione ambientale della Regione il rinvio della decisione sulle escavazioni.
«Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare» chiosa il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste che ha avuto un ruolo centrale nella vicenda. «La Comunità ha votato un emendamento che, dopo un elogio sperticato alla trachite e alla sua “indistinta” coltivazione, si conclude con un laconico “votiamo contrari perché lo dice la Soprintendenza”». Il gruppo, infatti, esigeva una motivazione chiara al diniego del rinnovo delle cave negli Euganei: «Si doveva ribadire che il metodo di escavazione a “cielo aperto” è incompatibile con le finalità del Piano Ambientale e del Piano Cave. Si è preferito, invece, nascondersi dietro al parere della Soprintendenza, pur di non esporsi con una posizione chiara, in logica coerenza con la legge che, 53 anni fa, venne portata in porto da una classe politica di ben altro spessore. Parlano tanto di sfide del Mab Unesco e arrivata la prima, si nascondono subito dietro la Soprintendenza».
Per il Coordinamento si tratta di una mediazione politica non condivisibile a cui si sommano numerose incongruenze avvenute all’interno della Consulta e alla mancanza di condivisione di documenti importanti: «Siamo convinti che questa gestione del Parco sia del tutto inadeguata e che ometta sistematicamente la volontà di confronto reale sui nodi sempre più evidenti. In questi mesi abbiamo assistito a una campagna di sponsorizzazione di questi progetti di escavazione, con cui i cavatori hanno coinvolto sindaci e amministratori dell’ente. Il tutto farcito da pesanti attacchi politici e personali ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste» continua il Coordinamento.
Per gli ambientalisti, quello dello stop alle cave con metodi tradizionali segna un ottimo risultato, che però ha messo in luce le falle del “sistema Parco”: «L’Ente non poteva condurre peggio di così questa vicenda e chiede oggi di indire un tavolo “cave”, quando c’era tutto il tempo, almeno dal 2018, di elaborare opportuni approfondimenti sulla linea da tenere, in modo da affrontare la questione senza doverlo fare sotto l’urgenza delle scadenze».
La rappresentante Christianne Bergamin sottolinea come su questo tema sia stato incalzato più volte il Consiglio Direttivo, il Presidente attuale e quelli precedenti: «Inoltre è stato dimostrato che il Parco non è in grado di fare il suo lavoro e che è in balia dei vari interessi di parte senza riuscire a tenere le redini del proprio ruolo» continua la rappresentante. «C’è voluto infatti il “deus ex machina” della Soprintendenza perché la Comunità del Parco fosse costretta a esprimere un parere, pur morbidamente, contrario. A condire il tutto poi, dopo una settimana, un certo numero di sindaci, incalzati dai cavatori, ha pensato di rimangiarsi quanto espresso in sede di Comunità e ha inviato una sorta di petizione affinché la Regione concedesse tempo per riesaminare le istanze. Che brutto spettacolo hanno messo in scena i nostri amministratori» conclude Bergamin.
La posizione dei cavatori
La decisione di mettere uno stop alle escavazioni con i metodi tradizionali non è andata giù ai cavatori che annunciano una battaglia legale e che anche per la loro parte, mettono in risalto le falle del “sistema Parco”. «Impugneremo la decisione al Tar, ma anche al tribunale europeo, perché in questo modo viene compromessa definitivamente la libera concorrenza, creando una posizione dominante per l’azienda che scava in galleria e che richiede ancora della sperimentazione per la sicurezza» spiegano le ditte Trachite a Cielo Aperto, Trachite Euganea, cave Trachite Toniolo e Cannella Trachite e Zovonite.
I cavatori inoltre accusano il presidente del Parco, Alessandro Frizzarin, di aver voltato le carte in tavola: «Frizzarin ha vietato le riprese televisive della Consulta. Voleva forse non far sapere alla gente che, fino a poco tempo fa, aveva appoggiato ed encomiato i progetti innovativi di estrazione della trachite che avevamo presentato? Inoltre» continuano i cavatori, «tesi sostenuta in più interviste e dibattiti televisivi, così come da un gran numero di sindaci, che fino a ieri erano favorevoli ai progetti innovativi per l’escavazione. Com’è possibile un simile repentino cambio di casacca?». I cavatori sottolineano che le loro attività resisteranno anche grazie al sostegno reciproco e allo scambio di materiali in caso di esaurimento: «Sono stati numerosi i sindaci che hanno compreso l’importanza delle ditte estrattive della trachite e che ci hanno espresso solidarietà».
Cosa dice l’Ente Parco Colli
Il presidente del Parco Colli sottolinea invece come l’Ente abbia lavorato con responsabilità e in stretta collaborazione con i sindaci, mettendo al centro il ruolo della Soprintendenza e i principi della legge regionale. «La posizione del Parco è stata netta e non avevamo certo timore di metterla in evidenza» afferma il presidente Alessandro Frizzarin. «Non è assolutamente vero, invece, che abbia sostenuto la posizione attribuitami. Ho sempre affermato che la trachite è un materiale di pregio e valore da preservare, ma questo non può avvenire a discapito dei regolamenti e delle nuove norme richieste».
Frizzarin denuncia inoltre una manipolazione delle sue dichiarazioni, montate ad arte in servizi televisivi: «Hanno travisato le mie parole, decontestualizzandole e proponendo una sequenza che non corrispondeva alla realtà dei fatti. Questo è scorretto». Frizzarin invita i cavatori a rivedere i loro progetti e, per cercare in futuro di gestire al meglio la questione delle cave negli Euganei, propone l’istituzione di un tavolo tematico di confronto. Dopo settimane concitate, il presidente cerca una strada diversa per affrontare situazioni difficili che coinvolgono più enti: «Ho chiesto alla Regione un “tavolo cave” che coinvolga tutti gli organi in questione, per mettere in primo piano le finalità Mab Unesco e sul Piano Ambientale».
Un rimpallo di responsabilità e di accuse reciproche che mostra la cortina fumogena che si è creata attorno ad un tema importante e centrale per il paesaggio euganeo e per il futuro del Parco stesso, soprattutto considerando che l’ente disponeva di tutti gli strumenti necessari per affrontare la questione per tempo e in modo accurato.
Cava Martini difende lo scavo in galleria
Sulla vicenda ha voluto avere voce in capitolo anche l’unica impresa che oggi opera nell’escavazione della trachite secondo le norme dettate da Parco e Regione. Dopo aver intrapreso, con grande rischio di impresa il metodo innovativo dello scavo in galleria, la ditta Martini ha voluto spiegare come sia possibile coniugare l’approvvigionamento della trachite con la necessità di preservare il paesaggio del Parco: «Dopo quasi un anno dall’inizio della coltivazione in galleria, ci permettiamo di definire il nostro progetto, più che sperimentale, pionieristico. C’è un monitoraggio continuo con personale altamente qualificato e tutto sta procedendo al meglio. Questo metodo è più oneroso rispetto allo scavo a cielo aperto, ma perché non investire in soluzioni che consentano di tutelare l’ambiente in cui viviamo?» sottolinea Gabriele Martini.
«Esserci attivati per tempo è un atto scellerato? Aver risposto alle normative è una colpa? Non abbiamo cercato il monopolio, abbiamo solo investito e rischiato per raggiungere un ambitissimo obiettivo e siamo stati premiati nel nostro operoso lavoro». La ditta inoltre sottolinea di poter sopperire al fabbisogno di trachite richiesto nel Veneto: «Tutti gli interventi di restauro sono finalizzati al massimo recupero delle lastre vecchie, limitando il più possibile l’utilizzo delle nuove. Inoltre, i quantitativi di fabbisogno palesati dagli altri cavatori andrebbero ridimensionati, neppure nelle migliori previsioni futuristiche ci sono quei numeri».
Martini aggiunge di mettersi a disposizione dei colleghi per condividere la loro esperienza: «Auguriamo loro di poter ripartire in fretta per poter magari in futuro proporci in modo unitario nel mercato, con un marchio o un’identità che possa derivare proprio dal fatto che nei Colli Euganei la trachite si estrae nel massimo rispetto del paesaggio».
La mobilitazione ambientalista
Dopo settimane concitate e al termine di un percorso di convegni che ha coinvolto professori universitari, esperti, amministratori, gruppi sociali ed economici e rappresentanti del territorio, sabato 7 dicembre il Coordinamento delle associazioni ambientaliste ha promosso un sit-it di protesta davanti la sede del Parco.
Oltre 150 persone e più di venti associazioni del territorio si sono date appuntamento per chiedere all’ente di impegnarsi nella gestione del territorio attraverso un programma concreto, con tempi, modalità e obiettivi definiti. Le richieste hanno incluso l’attuazione del Piano Ambientale in ogni sua parte, una maggiore trasparenza negli atti e nella documentazione, oltre a risposte alle criticità legate alla gestione del patrimonio naturalistico, storico e architettonico.
Tra i punti più importanti, quello di chiedere che il Parco dia una risposta al documento “Un programma per la rinascita”, presentato ripetutamente della associazioni e mai discusso dall’ente, quello di fermare le nuove lottizzazioni, di mettere in campo un serio programma per rispondere al degrado della rete dei sentieri, alla gestione della flora della fauna e all’organizzazione del sistema museale. Altro tema centrale quello di contrastare la presenza di impianti incompatibili, come la presenza della cementeria di Monselice.
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Tra le altre richieste quelle di realizzare opere tangibili per affrontare i cambiamenti climatici e la fragilità idraulica del territorio, di restituire centralità alla Consulta del Parco attivando in contemporanea seri percorsi di confronto con le associazioni del territorio, assicurando loro e ai cittadini una maggiore trasparenza sugli atti e sulle attività dell’ente.
Gli ambientalisti inoltre hanno più volte sottolineato che dal 2019, a capo dell’ente, ci sono i rappresentanti dei Comuni di Cervarese Santa Croce, Galzignano Terme e Teolo, gli stessi che nel 2017 volevano ridurre drasticamente la superficie protetta del Parco, limitandola alle sole cime delle colline. Sabato gli ambientalisti hanno palesato i loro timori difronte a questa gestione: «Temiamo che, con il Mab Unesco, si voglia depotenziare il Piano Ambientale nella sua funzione di tutela e valorizzazione dell’ambiente naturale, storico, architettonico e paesaggistico considerato nella sua unitarietà» chiosa Francesco Miazzi del Comitato Lasciateci Respirare. «Incalziamo il Parco a un incontro sui punti programmatici più volte presentati, ma a cui non è mai stata data risposta. Se invece si intende marginalizzare le associazioni ambientaliste, saremo pronti a difendere il valore della preservazione del Parco Colli e lo spirito del suo strumento cardine, quel Piano Ambientale che tanto sembra disturbare le mire di molti amministratori, speculatori edilizi e cacciatori».
La rappresentante delle associazioni ambientaliste, Christianne Bergamin, ha sottolineato la mancanza di una programmazione per il Parco: «L’ente agisce senza alcuna linea guida e obiettivi, quando invece per legge è obbligato a monitorare le azioni del Piano Ambientale, cosa che non è mai stata fatta. Questo permetterebbe ai cittadini di conoscere le azioni e le finalità che si intendono perseguire».
Tra gli interventi del sit-in, Flores Baccini di Legambiente ha evidenziato la mancanza di risposte da parte dell’ente, Renato Romito, di L’Altra Este, ha ricordato il ruolo centrale del Coordinamento nella battaglia contro le recenti questioni legate alle cave nei Colli. Infine, Elena Passudetti dell’associazione La Vespa ha portato all’attenzione i problemi legati alla gestione paesaggistica, all’agricoltura intensiva e alla mancanza di un piano concreto per la tutela della flora e dell’ambiente del Parco.
Gli interventi dei cittadini sono proseguiti durante un convegno, dove docenti universitari ed esperti hanno esposto le contraddizioni presenti nella gestione del Parco rispetto alle normative Unesco. Hanno inoltre evidenziato il merito del Coordinamento, capace di coinvolgere e informare la popolazione su questioni fondamentali per il futuro del territorio.
Le questioni irrisolte
La vicenda della gestione del rinnovo delle autorizzazioni alle cave nei Colli Euganei lascia sul tavolo molte questioni irrisolte, evidenziando le fragilità strutturali di un “sistema Parco” che fatica a esercitare pienamente il proprio ruolo di tutela e pianificazione. Se da un lato il diniego ai progetti di escavazione a cielo aperto rappresenta una vittoria per le associazioni ambientaliste, dall’altro emerge la necessità di una gestione più trasparente, responsabile e proattiva, capace di affrontare le sfide di un territorio delicato e traboccante di contraddizioni.
Il futuro del Parco Colli Euganei dipenderà dalla capacità di tutti gli attori coinvolti di avviare una programmazione, con azioni in linea temporale e obbiettivi, affiancata da un dialogo costante, che metta al centro la tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico come valore imprescindibile e posto davanti a ogni altro interesse.
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