Crisi pronto soccorso, Mmg: condividiamo allerta ma siamo pochi

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È di pochi giorni fa la richiesta d’aiuto rivolta ai medici di base dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, per far fronte alla crisi dei pronto soccorso. “Condividiamo l’allerta contenuta nelle parole del ministro Schillaci: i medici di famiglia sono pochi e hanno migliaia di assistiti”. È stata la risposta di Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). “Così come è vero che il problema è aggravato da una domanda di salute in aumento, una popolazione più anziana e con più bisogni. E andrà ancora peggio nei prossimi 2 o 3 anni per l’importante gobba pensionistica”, ricorda il segretario. La Fimmg conferma che “la volontà dei medici di medicina generale è di continuare a lavorare a testa bassa per garantire ai cittadini un’assistenza di prossimità efficace anche in un frangente così difficile com’è quello attuale”. “Siamo sempre dalla parte di chi accetta un confronto aperto e, soprattutto, siamo sempre dalla parte dei cittadini che anno dopo anno ci continuano ad attestare stima e fiducia, come testimoniato anche dall’ultimo rapporto Ipsos”, prosegue Scotti.

Ciò che invece lascia “quantomeno perplesso” il leader Fimmg è il dato espresso dall’Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali (Agenas), “che omette – secondo il sindacato – nella relazione del personale del Servizio sanitario nazionale il dato della medicina generale. Dato che, per la convenzionata, non corrisponde a quanto dichiarato sull’essere in linea del personale del Ssn con il 2003”. “È preoccupante che Agenas non integri il dato espresso ottimisticamente sul personale dipendente con la dotazione organica della medicina convenzionata, e in particolare con quella della medicina generale in tutte le sue componenti, che – ricorda Scotti – non è in nessun modo ai livelli del 2003. Anzi, il personale convenzionato sta facendo miracoli nonostante sia sottodimensionato del 20% rispetto ai primi anni 2000. Quindi, o Agenas non conosce i dati, o magari non viene in alcun modo presa in considerazione la medicina convenzionata. Non saprei quale delle due ipotesi sia la peggiore. Qualunque sia la risposta, è evidente che questa carenza incide in modo drammatico sulla capacità anche della politica di fare programmazione e, anzi, è parte stessa del problema”. Dalla Fimmg torna poi un invito a “mettere in campo misure che possano realmente essere efficaci per ridurre il carico burocratico, rendere sostenibile la fiscalità per i medici di medicina generale e più attrattiva la professione”. “Da tempo proponiamo di individuare forme di detassazione delle quote variabili che sono oltretutto collegate agli obiettivi delle Regioni contenute nel Patto della salute e nel Pnrr come prevenzione e domiciliarità, utili a sostenere lo sforzo assistenziale prodotto dai singoli medici. È essenziale – chiede Scotti – un investimento sul corso di formazione in medicina generale (unica disciplina formativa post-laurea con il maggiore rapporto di abbandono e senza copertura di posti messi a concorso), che in Manovra è stata completamente dimenticata”. “Non si può pensare di continuare a prendere strade che riducono l’attrattività della professione e bloccano il ricambio generazionale e aspettarsi che una medicina generale che scompare accentui il filtro del territorio”, conclude il segretario della Fimmg.

Anche la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) concorda sul rischio di collasso del Servizio sanitario nazionale e sulla necessità di rafforzare il territorio. Alessandro Rossi, presidente Simg, ribadisce al Ministro la richiesta “di potenziare il personale (medici e infermieri) e le risorse (tecnologiche, digitali e strumentali) a disposizione del territorio: solo in questo modo le cure primarie potranno essere messe in condizione di rispondere alla mission principale cui sono chiamate, vale a dire la presa in carico della cronicità, della pluripatologia e della fragilità”. “Inoltre – aggiunge Rossi – una delle questioni principali da affrontare con urgenza è l’accesso alla professione nella medicina generale: si deve superare il concetto di formazione specifica per arrivare al diploma di specializzazione, rispetto al quale alcune delle proposte legislative in campo possono essere un punto di partenza per far sì che un percorso virtuoso mantenga saldo il ruolo della formazione portando al miglioramento delle competenze peculiari della medicina generale, nell’attesa di perfezionare nei prossimi anni un vero e proprio ‘core curriculum’ per questa disciplina”. “Condividiamo la consapevolezza della indifferibile necessità di una riflessione, di un profondo e radicale intervento di adeguamento e innovazione della medicina generale e delle cure del territorio nel Ssn”, evidenzia Claudio Cricelli, presidente emerito Simg. “A tale proposito, la Simg – continua Cricelli – ha di recente proposto un progetto che parta da una rigorosa analisi dei bisogni di salute, dell’evoluzione della domanda sanitaria e della demografia del Paese, delle infrastrutture e della organizzazione corrente della medicina generale italiana. Tale progetto si propone di disegnare un percorso di riorganizzazione strutturale delle cure primarie attraverso un confronto aperto a tutte le forze politiche, sociali e produttive del Paese. Questa riflessione suggerisce la necessità di un ridisegno globale delle cure territoriali incluso l’intero processo di formazione, nel contesto generale di armonizzazione dell’intero Ssn”.

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