Francia, Macron verso la nomina del nuovo primo ministro nelle “prossime 48 ore”, Bayrou pronto alla premiership del governo

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Francia, il presidente Emmanuel Macron, secondo quanto riportato dal giornale Le Parisien, nominerà il nuovo primo ministro nelle “prossime 48 ore“. Francois Bayrou sarebbe il candidato principale per assumere il ruolo come nuovo premier, al posto di Michel Barnier, destituito con una mozione di sfiducia votata in accordo tra la coalizione di sinistra e i partiti di destra. Ieri mattina, la presidente dell’Assemblea nazionale, Yael Braun-Pivet (Renaissance), aveva esortato il campo centrista del presidente a unire le forze con i repubblicani di destra (Les Repubblicains), i parlamentari indipendenti e i socialisti. All’Eliseo le consultazioni proseguono da quattro giorni (con la sola eccezione di sabato e domenica per lo stop legato all’inaugurazione della cattedrale di Notre-Dame). Ieri, i vertici degli ambientalisti, dei comunisti e del gruppo Liot (Liberte’s, indipendenti, Oltremare e Territori) con il Presidente Macron.

Salvo variazioni dell’ultimo minuto, Bayrou sarebbe il prescelto per ricoprire la posizione di premier

La France Insoumise (Lfi, sinistra radicale) aveva invece respinto l’invito dell’Eliseo. Così come gli appartenenti al gruppo di Rassemblent National di Marine LePen, che denunciano il presidente in quanto “considera la democrazia come una geometria variabile“. Gli alleati hanno invece esortato Macron a muoversi rapidamente. “Non possiamo continuare così“, ha affermato Francois Bayrou, il centrista in pole position per la carica a nuovo premier.

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Bayrou è il leader del partito MoDem, ex presidente del Partito Democratico europeo, di cui era stato europarlamentare, ex ministro dell’Educazione sotto Mitterand e Chirac ed attualmente sindaco di Pau, una cittadina del sud francese nella regione della Nuova Aquitania. Egli sarebbe il primo candidato per la nomina alla premiership del governo. Gli altri papabili sarebbero l’ex primo ministo Bernand Cazeneuve (La Convenzione) e l’attuale ministro delle Forze Armate Sebastien Lecornu (Renaissance). 

Raphael Glucksmann, fondatore del movimento di sinistra Place Publique, ha lasciato intendere che sarebbe disposto a sostenere un eventuale primo ministro ma a patto che si tratti di “una personalità compatibile con la sinistra“, ha dichiarato, aggiungendo che spera di portare a bordo parlamentari comunisti e verdi. Il Nuovo Fronte Popolare (Nfp) di sinistra, creato nelle scorse elezioni parlamentari con l’unico scopo per impedire alla destra di arrivare al potere, era emerso come il blocco più grande nell’Assemblea nazionale dopo le ultime votazioni, ma pare frantumarsi di fronte alla possibilità che alcuni suoi esponenti possano dar sostegno ad un nuovo governo in accordo con i Repubblicani e con i centristi macroniani. Melenchon, leader di La France Insoumise (Lfi), ha dichiarato a diversi media che “se il PFN viene distrutto dai nostri partner che si schierano dietro Macron, sappiamo che ci costerà caro. Ma al contrario, chi può pensare di poter vincere un solo seggio senza di noi?“, chiudendo di fatto la porta ad un possibile accordo sul nuovo premier e su un’eventuale coalizione elettorale futura con i socialisti del Ps. 

Macron stesso spera ancora di allontanare i socialisti dal loro patto con La France Insoumise (Lfi), e l’eventuale nomina di Bayrou, salvo ripensamenti delle parti, sembra possa avvicinare il presidente all’intento. La spinta in questo senso era infatti arrivata all’inquilino dell’Eliseo proprio quando il leader del Partito socialista (Ps), Olivier Faure, si era detto pronto per negoziare con i centristi del presidente e la destra repubblicana.

Il partito di destra del Raggruppamento nazionale (RN) di Marine Le Pen non è ancora stato invitato ai colloqui. Tuttavia, il leader Jordan Bardella, ha già chiesto un incontro con il futuro primo ministro. “Non è pensabile fingere che noi non siamo qui”, aveva detto il giovane leader di destra. Nel frattempo, Barnier, primo ministro per soli tre mesi, rimarrà in carica fino alla nomina di un nuovo capo di governo e alla sua eventuale conferma da parte del voto parlamentare.





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