Martin Calderoni e Mattia Vincenzi
Quella tra religione cattolica e Stato italiano è un’unione ormai antica. Risale addirittura a prima dell’Unità, quando, nel Regno di Sardegna, con la legge n. 3725 del 13 novembre 1859 (era allora ministro della pubblica istruzione Gabrio Casati), la religione cattolica venne introdotta come materia di istruzione. L’insegnamento era obbligatorio per i primi due anni delle elementari e impartito dal maestro unico, mentre nelle scuole secondarie il ruolo di insegnante era affidato ad un direttore spirituale.
Successivamente all’unità nazionale, con la legge Coppino (1877), la religione cattolica venne depennata dall’elenco delle materie d’insegnamento ma, tramite la legge 407 dell’8 luglio 1904, nel quinto e sesto anno vennero introdotte nel programma alcune nozioni di etica.
Con il fascismo e la riforma di Giovanni Gentile, Benito Mussolini rese obbligatorio l’insegnamento della religione cattolica nella scuola primaria. Il coronamento dei rapporti tra governo fascista e Chiesa avvenne nel 1929, con i Patti Lateranensi, che estesero l’educazione cattolica anche nelle scuole medie, con programmi didattici scelti tramite accordi tra Santa Sede e Stato, libri di testo selezionati dall’autorità ecclesiastica e obbligo, da parte dei professori, di possedere un certificato di approvazione del vescovo.
Un passo ulteriore avvenne nel 1945, a guerra appena finita, con il decreto legge 24 maggio n. 459: l’ora di religione iniziò a perdere il profilo di materia d’insegnamento e gli insegnanti assunsero sempre più il ruolo di ‘esperti di umanità’.
Vennero in seguito approvati gli articoli 7 e 8 della Costituzione: il primo richiamava i Patti Lateranensi e il secondo riconosceva la libertà di culto a tutte le confessioni religiose.
Solo dopo quarant’anni, nel 1984, si arrivò alla revisione del Concordato, che introdusse la facoltà di scelta nell’avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica. L’ultimo passo fu il decreto legge del 16 dicembre 1985 n. 751, con il quale si riconobbe, alla materia, dignità formativa e culturale pari a quella delle altre discipline.
Dopo altri 40 anni la situazione non è cambiata. La redazione del Castoro ha cercato di comprendere quale sia la percezione degli studenti del liceo nei confronti di questo insegnamento, tramite un sondaggio a cui hanno risposto 341 studenti. Secondo dati forniti dalla segreteria, su 1792 alunni, 351 non si avvalgono dell’insegnamento della materia, nello specifico è interessante constatare che il 19,6% del campione è stato condizionato nella scelta dai genitori. Varie sono invece le ragioni di chi ha potuto scegliere autonomamente: il 5,9% dichiara di non avvalersi dell’insegnamento per via del proprio credo religioso. Emerge inoltre che questa scelta è spesso presa dagli studenti atei, ovvero il 44,3% dei votanti. Al liceo Torricelli-Ballardini per gli studenti che non frequentano religione non è prevista un’attività alternativa, quindi chi non se ne avvale può uscire da scuola oppure dedicarsi allo studio autonomo.
Di che cosa si parla durante l’ora di religione cattolica? I temi maggiormente affrontati sono la pena di morte, il diritto alla vita, l’adolescenza, l’uguaglianza e altri inerenti alla sfera etica e all’attualità. Il 34,6% dei votanti percepisce tali temi come pertinenti rispetto alla materia, il 47,8% mediamente pertinenti ed infine il 17,6% non pertinenti. Commentando tali dati il professor Francesco Minguzzi, coordinatore del dipartimento di religione cattolica al liceo ci tiene a precisare: «I docenti seguono indicazioni nazionali e do per scontato che le lezioni vengano svolte correttamente da tutti e che i moduli vengano presentati con l’obiettivo di riflettere sul tema trattato, senza secondi fini». Minguzzi traccia altresì una netta distinzione tra catechesi e insegnamento della religione a scuola, specificando come non si tratti della stessa cosa e di come non ci sia nessun intento, da parte degli insegnanti, di convertire gli alunni o inculcare in loro un’ideologia. Per lui la materia che insegna offre semplicemente «un’opportunità per riflettere insieme, mediante anche il confronto con altri credi». Ritiene inoltre che lo studio della religione cattolica in classe sia un’occasione per aprire un dibattito su temi universali e per comprendere meglio la cultura cristiana.
«Mi piace fare domande» afferma, quando gli viene chiesto che cosa sia per lui l’insegnamento della materia e sottolinea come spesso il dibattito parta proprio dagli studenti, con argomenti di loro interesse, e sia poi compito del docente fare in modo che il confronto si arricchisca da parte di tutti i partecipanti, «nel massimo rispetto dell’idea altrui e senza discriminazioni».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link