Scafati/Pompei. Da una stesa a colpi di pistola durante il lockdown è stata smascherata una associazione per delinquere specializzata in spaccio di droga e truffe informatiche. Attraverso l’utilizzo di specifici “spicciatori”, avevano attivato centinaia di carte Postepay sulle quali confluivano le somme di denaro degli acquirenti. Non acquisti legali ma legati al mondo della droga. Una rete emersa da un’indagine partita quattro anni e mezzo fa, in piena emergenza Covid, a seguito di una sparatoria avvenuta a Pompei. Per questo motivo gli agenti della squadra mobile della Questura di Napoli e del commissariato di polizia di Pompei ieri hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal gip del tribunale di Torre Annunziata su richiesta della Procura guidata da Nunzio Fragliasso, nei confronti di venti persone accusate a vario titolo di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, frode informatica e riciclaggio. In particolare, per due di loro (Ferdinando Renato di Pompei e Claudio Carotenuto di Scafati) è stata disposta la custodia in carcere, mentre per altri cinque è scattato stato l’obbligo di dimora nel comune di residenza e per un altro il divieto di dimora nella provincia di Napoli. Altri, anche scafatesi e di Boscoreale, sono indagati a piede libero. Ancora da eseguire una misura nei confronti di un indagato che attualmente si trova all’estero. Inoltre, nei confronti degli indagati è stato disposto il sequestro preventivo per un importo totale di 553.633 euro. Le indagini hanno avuto origine nel maggio 2020, a seguito di un intervento della polizia per l’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco a Pompei. L’indagine consentiva di accertare come il fatto fosse riconducibile alla gestione di una piazza di spaccio di droga. Veniva così ricostruita una ramificata attività di spaccio tra Pompei e i comuni limitrofi. Veniva appurato come diversi “clienti” avessero una sorta di conto con il loro spacciatore, dal quale “scalare” periodicamente il debito legato all’acquisto della sostanza stupefacente. Inoltre veniva accertata l’esistenza di un’articolata associazione finalizzata al riciclaggio di denaro, profitto di truffe informatiche. Le conversazioni intercettate secondo gli inquirenti hanno messo in evidenza come alcuni degli indagati coinvolti nell’attività di spaccio si dedicassero anche al reclutamento dei cosiddetti “spicciatori”, soggetti ai quali fare attivare carte Postepay Evolution sulle quali confluivano ingenti somme di denaro provenienti da carte prepagate. Queste somme, sotto la costante supervisione degli indagati venivano ritirate dagli intestatari delle Postepay nelle ore immediatamente successive all’accredito, al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Gli inquirenti hanno anche appurato come l’ingente flusso di denaro avrebbe avuto origine anche da numerose frodi informatiche effettuate su tutto il territorio nazionale. Il denaro, ritirato agli sportelli automatici e agli uffici postali, veniva poi consegnato dagli “spicciatori” ai “reclutatori”, ai quali veniva corrisposto un compenso di circa 50 euro ogni 1.000 recuperati. Secondo la polizia, il gruppo criminale individuato dalla polizia sarebbe stato solo una delle “paranze” dipendenti da un “livello superiore”, al quale l’associazione a delinquere faceva riferimento per l’indicazione delle carte e dei soggetti ai quali far confluire il denaro provento delle truffe. In particolare le indagini hanno permesso di accertare complessivamente 68 truffe, tutte denunciate dalle vittime e tutte eseguite con il sistema del “finto operatore di poste italiane”, per un importo di oltre 580mila euro E’ quanto emerge dal blitz effettuato ieri mattina dalla Squadra Mobile di Napoli e dalla Polizia di Pompei. Eseguita un’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura di Torre Annunziata, nei confronti di venti persone, gravemente indiziate dei reati di detenzione e cessione illecite di sostanze stupefacenti, associazione per delinquere, frode informatica e riciclaggio. Per due indagati si sono aperte le porte del carcere, mentre per altri cinque è stato applicato l’obbligo di dimora nel comune di residenza e per un altro indagato è stato disposto il divieto di dimora nella provincia di Napoli. Irreperibile un’altra persona, che attualmente si trova all’estero. Per 19 persone è stato inoltre disposto il sequestro preventivo di beni mobili, mobili registrati, immobili e conti correnti per un importo totale di 553.633 euro, ritenuti provento dei reati. LO SPACCIO. Le indagini sono iniziate nel maggio 2020, in pieno lockdown, a seguito di un intervento effettuato dagli agenti della Polizia di Stato dopo la segnalazione dell’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco a Pompei. E’ stato accertato che il raid era riconducibile a una lite per la gestione di una piazza di spaccio. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali e servizi di osservazione, controllo e pedinamento, sono stati effettuati dei sequestri di cocaina e marijuana. Ricostruita una ramificata e redditizia attività di spaccio operante a Pompei e nei comuni limitrofi. Diversi “clienti” avevano una sorta di conto con il loro spacciatore, dal quale “scalare” periodicamente il debito dagli stessi contratto per l’acquisto della droga. LE TRUFFE. Le indagini hanno permesso di accertare anche l’esistenza di un’articolata associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro, profitto di truffe informatiche, promossa e organizzata dagli indagati, unitamente ad altre persone, avente sede a Pompei. Le intercettazioni si dedicavano con sistematicità al reclutamento dei cosiddetti “spicciatori”, ovvero persone alle quali fare attivare carte Postepay Evolution, sulle quali confluivano ingenti somme di denaro provenienti da carte prepagate di molteplici istituti bancari italiani e stranieri. IL RICICLO DI DENARO. Dette somme di denaro, sotto la supervisione costante degli indagati – che spesso accompagnavano personalmente gli spicciatori all’atto dell’incasso – venivano ritirate dai soggetti intestatari delle carte postepay nelle ore immediatamente successive al loro accredito con il precipuo fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Il flusso di denaro, invero, originava da almeno 68 frodi perpetrate sull’intero territorio nazionale, il cui illecito profitto, dopo un giroconto, funzionale al “riciclo”, su carte prepagate “di primo livello” accese presso istituti bancari italiani e stranieri, confluiva sulle predette postepay. Il denaro, ritirato presso gli sportelli automatici e presso gli uffici postali, veniva consegnato dagli “spicciatori” ai “reclutatori”, ai quali veniva corrisposto un compenso di circa 50 euro ogni 1000 euro ritirati. L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE. Le indagini permettevano di accertare la struttura e l’organizzazione dell’associazione per delinquere e di identificare il ruolo in essa svolto da ciascuno degli responsabili. Identificati gli intestatari delle carte prepagate sulle quali avveniva il primo accredito delle somme di denaro provento delle truffe e il successivo trasferimento sulle carte postepay. IL FINTO OPERATORE POSTALE. Tutte le truffe denunciate dalle vittime presso i relativi uffici di Polizia, erano poste in essere con il sistema del “finto operatore di poste italiane”, per un importo complessivo di euro 580.621, dati sicuramente parziali rispetto all’attività di un’associazione che, per quanto emerso, operava sull’intero territorio nazionale. I falsi operatori contattavano le vittime alle quali facevano credere di essere esposti a un tentativo di frode, inducendo i malcapitati a fornire agli interlocutori i codici di accesso ai loro conti con il pretesto di dover interrompere l’attacco hacker.
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