Alzi la mano chi ad agosto si aspettava una Lazio così: tutti convinti che sarebbe stata un disastro. Più di tutti proprio i tifosi laziali, che non avrebbero scommesso un centesimo sulla loro stessa squadra. E ovviamente sul suo presidente Claudio Lotito. Al momento, invece, è la vera sorpresa del campionato. Persino più dell’Atalanta prima in classifica (che anzi non lo è affatto), o della Fiorentina. Non tanto per un discorso di status, ma proprio di valori e aspettative: per come era la partita la stagione – mercato a dir poco dimesso, rosa incompleta, contestazioni a oltranza – era fuori dalle posizioni di testa in tutti i pronostici di inizio stagione. Per ora, dopo aver battuto due volte in una settimana il Napoli (ora non più) capolista di Antonio Conte, è addirittura in corsa per lo scudetto.
Sembra quasi un miracolo ripensando alle premesse. Si dimette Sarri lo scorso marzo, se ne va sbattendo la porta anche Tudor in estate, e dopo una girandola di nomi arriva quello con meno pedigree di tutti, Marco Baroni, che in Serie A ha allenato al massimo Frosinone, Lecce, Verona. Lasciano Immobile, Luis Alberto, Felipe Anderson, è la fine di un’era dopo la cessione già maturata la scorsa estate di Milinkovic-Savic, e per sostituirli i senatori non viene preso praticamente nessuno, non di quel calibro almeno: Noslin sempre dal Verona, Tchaouna e Dia dalla Salernitana, gli esotici Gigot, Dele-Bashiru, Nuno Tavares, addirittura a centrocampo l’erede del “mago” Luis Alberto è il derelitto Castrovilli. Acquisti quasi provocatori, ambizioni azzerate. Sembra una squadra di metà-bassa classifica, spendendo ovviamente il mimino indispensabile. E infatti, tra facili ironie e feroci proteste, i tifosi sono disperati: a Roma si parla quasi di retrocessione e l’unico desiderio comune è liberarsi di Lotito, il presidente che tiene in ostaggio la Lazio.
Il campo ci sta dicendo che sicuramente una parte di quei giudizi era prematura e ingenerosa, che Lotito una volta di più ha dimostrato che di lui si può pensare tutto e il contrario di tutto, però bisogna riconoscergli che sa scegliere gli allenatori (Baroni è l’ennesima intuizione della sua gestione), pescare giocatori improbabili a due spicci in giro per il mondo, in generale sa giudicare le persone da mettersi in casa, insomma sa fare calcio. Però sarebbe anche un po’ semplicistico ridurre l’eccezionalità del percorso dei biancocelesti ad una simile, totale ed incondizionata concessione al presidente.
Col senno di poi, nell’estate vissuta dalla Lazio, tanto deprimente e depressa quanto è stata entusiasmante la cavalcata di questo primo terzo di campionato, ci si potrebbe vedere quasi del metodo, un piano scientificamente studiato a tavolino. Scottato, quasi estenuato dal triennio di Sarri, e dalle pressioni che aveva generato portare in panchina un allenatore di quel calibro, Lotito ha fatto l’opposto: è tornato all’antico, tenendosi volutamente lontano dai grandi nomi, in panchina e in campo, puntando su gente in cerca di rilancio, con tanta fame e pochi grilli per la testa. Sul momento nessuno ha condiviso, anzi, ma il clima creato intorno alla squadra era di tale sfiducia, che – oltre probabilmente ad aver ricompattato il gruppo –, ha fatto sì che qualsiasi risultato sarebbe stato un trionfo, perché comunque meglio del disastro che si aspettava l’ambiente. E così è stato.
Sta funzionando al punto che oggi la Lazio va ben oltre un’asticella fissata molto in basso. È in piena lotta scudetto, a 3 punti dalla vetta, soprattutto a +4 dalla Juventus e addirittura +9 dal Milan (una partita da recuperare). Quanto alla rivalità con la Roma – che in estate come al solito sognava lo scudetto ed è già al terzo cambio di allenatore, sprofondata quasi in zona retrocessione – non c’è nemmeno paragone. Magari alla lunga ci sarà un calo fisiologico e i biancocelesti alla fine arriveranno quarti, quinti, sesti. E un risultato tutto sommato ordinario per un club come la Lazio (soltanto una volta negli ultimi dieci anni non si è qualificata per l’Europa), che altre volte (ad esempio nel triennio di Sarri, quando la società sembrava pronta al salto di qualità) veniva considerato un campionato anonimo, stavolta sembrerà un’ottima stagione. È il metodo “Lotirchio”: puntare a nulla per ottenere tutto. Più o meno.
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