Bologna, il Comune vuole un fondo contro alluvioni e cambiamento climatico: «Contributo da privati e cittadini per poter fare da soli»

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di
Francesca Blesio

Il sindaco Matteo Lepore: «Vogliamo rendere ordinario quello che ora è straordinario, perché eventi simili possono ripetersi e non possiamo permetterci di aspettare la Regione, il Governo o i fondi europei»

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Il 19 ottobre scorso Bologna è finita sott’acqua. Quella giornata, per il sindaco Matteo Lepore, è «un punto di non ritorno». Non solo «andranno aggiornate le carte di rischio» ma servirà ricalcolare la spesa che la città dovrà sostenere da qui in avanti per gli effetti del cambiamento climatico. 

«Vorremmo realizzare un fondo — annuncia il primo cittadino — per la riparazione e l’adattamento climatico rivolto alla città, significa rendere Bologna capace di reagire a ciò che è successo e che potrebbe riaccadere in futuro». L’obiettivo, dopo aver speso milioni per interventi di somma urgenza, spiega Lepore, è di rendere «ordinario quello che solitamente è straordinario ed emergenziale».




















































Se anche non si dovesse ripetere un giorno così drammaticamente unico come il 19 ottobre 2024, il giorno con più pioggia registrato nella storia di Bologna dal 1922, «altri eventi climatici potrebbero incidere e i costi aumentare». L’alluvione può tornare, insomma. E Bologna — questo l’assunto — non può permettersi di sostenerne i costi né aspettare che da Viale Aldo Moro, Roma o Bruxelles arrivino tutte le risorse necessarie per mettere in sicurezza città e cittadini.

Da qui l’idea di un fondo «da creare con le nostre risorse, ma da aprire anche alla partecipazione di altri soggetti come fondazioni, imprese private, istituti bancari, Camere di commercio». Verrà chiesto un contributo anche ai bolognesi: «Chiederemo una compartecipazione alla cittadinanza», annuncia Lepore. Le modalità, però, non sono state ancora esplicitate. La proposta verrà presentata al Consiglio comunale e alle parti sociali per la variazione di bilancio di febbraio. «La città costa di più e bisogna farsi carico di queste spese, soprattutto se andiamo nella direzione di una città più verde», chiarisce il sindaco.

Nella lista delle priorità, ai primi posti, ci saranno la messa in sicurezza idrica di Bologna e dei suoi canali, il rafforzamento del sistema di protezione civile, la riforestazione urbana con alberi adeguati alle nuove condizioni climatiche. Accanto a finanziamenti regionali, nazionali ed europei, ci sarebbe in questo modo un fondo di qualche milione all’anno da cui attingere. «La sfida è non aspettare che qualcuno dia una mano».

Il gruppo di lavoro creato dopo l’alluvione di ottobre, intanto, sta preparando un dossier sulla messa in sicurezza della territorio da presentare al nuovo presidente della Regione Michele de Pascale e al ministro della Protezione Civile Nello Musumeci. «Le proposte dei piani speciali del maggio 2023 non prevedevano la messa in sicurezza del capoluogo perché non era stato colpito: bisogna che ci sia un aggiornamento delle mappe di rischio, un lavoro che costerà centinaia di migliaia di euro» aggiunge.

A conferma della gravità della situazione, ci sono le stime del metereologo e climatologo Federico Grazzini di Arpae. «Siamo in una fase di riscaldamento globale. Negli ultimi due anni abbiamo visto un’accelerazione e l’Emilia-Romagna non ne è indenne. Anzi qui da noi il trend è più forte che altrove: con un innalzamento della temperatura di 4 gradi ogni 100 anni». E ancora: «Il riscaldamento ha un effetto sulle precipitazioni: quando piove, ora, piove più intensamente. Saranno piogge molto intense e concentrate, da qui in avanti». Il suolo saturo dopo le piogge del 17-19 settembre ha portato al disastro del 19 ottobre. «Un terreno per saturarsi ha bisogno di tempo. Ci arriva, di solito, a primavera. Mentre questa volta lo era già a ottobre».

Lepore fa presente che, tra l’altro, i progetti speciali relativi al maggio 2023 sono su torrenti primari, mentre Bologna a ottobre è stata allagata «da torrenti secondari e acqua piovana». Questa tendenza di intensità delle piogge, aggiunge Grazzini, sposta la criticità idrogeologica sui bacini più piccoli. «Siamo di fronte a un cambiamento veloce che impone una diversa gestione del suolo e delle infrastrutture idriche» conferma.

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Di fronte all’ipotesi di una tassa sulle alluvioni è già intervenuta l’opposizione. Per il capogruppo della Lega in Consiglio comunale Matteo Di Benedetto istituire un’apposita «tassa» locale «sarebbe assurdo e totalmente irricevibile». Di Benedetto prospetta «barricate, se necessario» e avverte: «Giù le mani dalle tasche dei bolognesi». L’annuncio di un fondo anti-alluvioni non è gradito nemmeno a Fratelli d’Italia: «Inutile venire adesso a piangere miseria facendo credere che non ci sono risorse per colpe esterne al Comune e alla Regione. I cittadini pagano già troppe tasse e imposte» ricordano Francesca Scarano e i colleghi di FdI.

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