Cosa deve fare la moda made in Italy per continuare a sfilare. Report Cdp

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La moda made in Italy rappresenta il 5% del Pil nazionale, 75 miliardi di euro di valore aggiunto, e conta oltre 1,2 milioni di addetti e più di 53mila imprese. Ma sostenibilità, innovazione e diffusione del private equity impongono un cambio di marcia. L’analisi dell’ufficio studi di Cdp (Cassa depositi e prestiti)

 

La moda italiana, con il suo contributo del 5% al Pil nazionale, traina il Made in Italy. Tuttavia il settore si appresta a chiudere il 2024 con un fatturato di circa 96 miliardi di euro, segnando un -5,3% rispetto al 2023, attribuibile soprattutto alla contrazione del turismo e del mercato cinese.

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Le ultime analisi però, secondo Milano Finanza, “evidenziano che il consumatore di alta gamma crescerà del 20% nei prossimi cinque anni”. Ma tenendo conto delle mutate disponibilità delle materie prime, dei nuovi comportamenti di acquisto, della crescente attenzione all’impatto ambientale e ai fattori ESG che impongono dei vincoli alla produzione nonché della diffusione del private equity che sta agevolando la progressiva concentrazione degli attori, quale futuro può esserci per il Made in Italy?

È la domanda a cui risponde il brief della direzione Strategie Settoriali e Impatto di Cassa depositi e prestiti (Cdp), il cui titolo è proprio “Il settore Moda tra sfide e opportunità: quale futuro per il Made in Italy?”.

I NUMERI DELLA MODA MADE IN ITALY

La moda italiana, tradotta in numeri nell’economia nazionale, rappresenta il 5,1% del Pil, 75 miliardi di euro di valore aggiunto, oltre 1,2 milioni di addetti e più di 53mila imprese (pari al 13% del manifatturiero italiano), di cui il 79% Pmi che contribuiscono a generare un quinto del fatturato complessivo.

Il nostro Paese è il primo produttore mondiale di alta moda, con il 29% dei fornitori dei gruppi europei e due terzi dei player del lusso che scelgono l’Italia per la produzione.

Nel 2023 la moda italiana ha esportato circa 65 miliardi di euro – pari al 10% dell’export totale nazionale – con oltre il 55% diretto verso Paesi extraeuropei, evidenziando la capacità dei prodotti made in Italy di affermarsi in mercati internazionali dove il potere d’acquisto dei consumatori è in crescita come Medio Oriente e Asia orientale. Tuttavia, i primi mesi del 2024 hanno evidenziato alcuni segnali di cambiamento con un calo del 5,3% delle esportazioni, pari a una perdita di 1,8 miliardi di valore.

FENOMENI TRASFORMATIVI

Nonostante la consolidata qualità ed eccellenza, il settore moda deve fare i conti con importanti fenomeni trasformativi legati a vari aspetti: l’adattamento degli attuali modelli di business alle tematiche ESG; la crescente polarizzazione della domanda verso prodotti di lusso o del fast fashion; la riluttanza nel passaggio generazionale; il recente riposizionamento dei principali produttori di abbigliamento all’interno delle catene globali del valore.

LE SFIDE

La prima sfida – secondo l’ufficio studi di Cdp – è quella della sostenibilità e della responsabilità sociale poiché il 76% dei consumatori di lusso è attento ai marchi eticamente impegnati, tuttavia, se i grandi gruppi già da tempo sono all’avanguardia su questi temi, le Pmi hanno ancora molto terreno da recuperare.

La seconda è il consolidamento, essenziale in un settore dove oltre il 79% delle aziende è rappresentato da micro, piccole e medie imprese. Investitori e fondi di private equity promuovono strategie di aggregazione, ma il potenziale del comparto rimane in parte inespresso.

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Infine, l’innovazione, dove l’Italia sconta un gap di competenze digitali: chatbot, realtà aumentata e blockchain non sono più un lusso, ma una necessità per migliorare l’esperienza d’acquisto.

ALTRE DIFFICOLTÀ

A questi questi fattori strutturali, si aggiungono poi alcune criticità di natura congiunturale: la frammentazione geopolitica, con le tensioni in Medio Oriente e lungo l’asse sino-russo che contribuiscono a creare instabilità nelle catene di fornitura; il calo dei consumi interni, che ha colpito anche abbigliamento e calzature; la crisi globale da sovraproduzione dell’intero comparto, con conseguente effetto rimbalzo innescato dal calo degli scambi internazionali e dal rallentamento del lusso sul mercato cinese.

PREVISIONI

Nel 2024, il rallentamento è diventato evidente, afferma il brief, con un calo dei ricavi dell’intero settore del 10% nel primo trimestre e del 7% nel secondo, colpendo i comparti principali.

Le previsioni per la chiusura dell’anno sono quindi difficili, con oltre il 50% delle micro e piccole imprese che prevede un calo del fatturato del 3,5%. Tuttavia, nei prossimi cinque anni si intravedono possibilità di crescita, grazie all’export e alle innovazioni in ambito di sostenibilità e ottimizzazione delle catene di fornitura.



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