Crisi FCA e insipienza delle classi dirigenti lucane. – Talenti Lucani

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La crisi dell’industria dell’automotive colpisce in forte l’economia nazionale ma ancora di più quelle aree, come la Basilicata, per le quali la nascita di una fabbrica di automobile come la FIAT ha rappresentato un’occasione di sviluppo, crescita ed occupazione. L’area del vulture – melfese ma anche l’immediata provincia di Foggia ha tratto benefici da quell’insediamento. L’inaugurazione dello stabilimento risale al 1994. In aggiunta ai sovvenzionamenti statali pari alla metà dei 6,6 miliardi di lire investiti la FIAT pose delle condizioni in merito all’utilizzo della forza – lavoro impiegata e rispetto agli stessi livelli salariali. Rispetto alle condizioni di lavoro, sono cosa nota la richiesta di maggiori prestazioni, la “doppia battuta” ossia l’obbligo di mantenere di svolgere per due settimane lo stesso turno compreso quello di notte; per quanto riguarda la questione salariale questi risultavano essere il 20% in meno rispetto a quello dei lavoratori impiegati dallo stesso gruppo industriale. Il nome dell’impianto inizialmente è SATA acronimo di Società Automobilistica Tecnologie Avanzate S.p.A, in sostanza la costruzione dell’impianto era il risultato di finanziamenti pubblici al 50% degli investimenti, moderazione salariale e dei diritti sociali e innovazione tecnologica e di organizzazione del sistema produttiva. La combinazione di questi tre fattori rendevano competitivo l’impianto sul mercato sia nazionale che internazionale. 5 milioni di auto prodotte e quindi vendute fino al 2010 sono un dato non indifferente. Da quella data sia il numero di pezzi prodotti che di modelli è andato via via riducendosi. Esattamente un anno ( n.d.r.15 dicembre 2023)  fa il Presidente della Giunta Regionale della Basilicata dichiarava  “ Sempre più dinamismo nelle esportazioni della Basilicata, che nei primi mesi del 2023 cresce del 10,1%, in linea con i dati positivi in tutte le regioni del Sud. La regione è quinta dopo la Campania ( + 27,6%), Calabria  ( + 20,9%), Molise ( + 18,3%), e Abruzzo ( + 13,7%) (…)”. Sono dati ISTAT, il punto è che i dati possono essere letti secondo convenienza. Bardi ignora volutamente che di fatto la Basilicata non è quinta ma penultima rispetto all’insieme delle Regioni meridionali. Questo semplice dato è uno dei tanti indizi dai quali si evince l’insipienza delle classi dirigenti lucani. Le prime voci dell’export lucano sono : auto, petrolio, mobili e alimentare. E’ del tutto evidente che se le prime due voci dell’export lucano sono auto e petrolio rappresentando le due principali voci l’economia lucana, dato il contesto nazionale e internazionale, è destinata a quella lenta agonia che giornalmente assistiamo. Agonia che si traduce in emigrazione, invecchiamento della popolazione, aumento dei costi sociali dovuti ad una popolazione che invecchia, degrado del territorio, riduzione delle entrate fiscali per far fronte ai costi dovuti per il mantenimento minimo dei servizi ed altro ancora. Di fronte a questa realtà, di tanto in tanto, si leggono notizie circa le performance positive legate all’agroalimentare e al turismo. Voci queste che da sole non saranno mai in grado di invertire il declino della regione. Se questo per sommi capi è il quadro ciò che mi indigna è l’ipocrisia frutto dell’antropologia della società lucana che ha prodotto classi dirigenti insipienti. Ritornando alla questione SATA – FCA – Stellantis , è del tutto evidente che il ciclo economico legato alla produzione di automobili sarebbe andato in crisi. L’impianto è nato in un contesto completamente diverso rispetto a quello attuale. In trent’anni il mercato è mutato e la stessa combinazione   : incentivi pubblici, innovazione tecnologica e moderazione salariale non sono più in grado di reggere la competizione sul mercato internazionale. Non è questo un dato solo italiano. E’ di questi giorni la crisi dell’industria automobilistica tedesca. La crisi economica della Germania è dovuta ai costi legati al conflitto ucraino – russo che ha avuto come effetti la chiusura del mercato russo e la fine dell’import di gas dalla Russia a prezzi vantaggiosi che riducevano i costi di produzione. Certamente non sono queste le sole cause ve ne sono altre. Ho portato ad esempio la Germania per evidenziare come la crisi dell’industria dell’automotive ha caratteristiche che vanno oltre l’impianto di Melfi. Detto questo arrivo al dunque. Ciò che mi fa specie sono l’incapacità e la mancanza di visioni da parte delle classe dirigenti lucani. Le lamentazioni di questi giorni sono le stesse di qualche anno fa , quando l’impianto di Melfi iniziò a manifestare i primi segni di cedimento. Già allora se avessimo avuto classi dirigenti lucane adeguate a quest’ora un progetto alternativo di Regione  lo avremmo avuto. Invece non c’è nulla. Il confronto politico delle recenti elezioni amministrative sono l’ ulteriore prova del nulla. A parte gli interessi delle solite consorterie non è emerso niente di nuovo. Solo frasi fatte, slogan utili per ogni stagione e per ogni schieramento. Il confronto politico non è stato in grado di sviscerare le questioni offrendo una proposta concreta, ha alimentato le filiere politiche traducendosi in una lotta  per la conservazione delle postazioni. Purtroppo mi tocca dare ragione tanto a Banfield quanto a Putnam: salvo rare eccezioni la società lucana non ha mai avuto sussulti tali da ribaltare il sistema. Il massimo è stato il brigantaggio, roba da sconfitti. La Basilicata , a parte fenomeni sociali minoritari ed estemporanei,  non ha visto ne la rivoluzione liberale, ne la lotta di classe. Entrambi i due fenomeni socio – politici richiamati attengono la modernità, che per la società lucana è una roba sconosciuta. E’ sufficiente riflettere sul tipo di sviluppo che abbiamo avuto negli anni passati. Uno sviluppo fondamentalmente esogeno, dovuto agli interventi della CASMEZ, dello Stato imprenditore, alle relazioni corte con il potere centrale utilizzate dalle consorterie locali per potersi conservare e riprodurre, nella sostanza, identiche a se stesse. La società lucana è fondamentalmente conservatrice e individualista. Purtroppo con l’invecchiamento della popolazione e l’emigrazione delle giovani generazioni sarà sempre più conservatrice, si ripiegherà ancora di più su se stessa cercando di mantenere il poco che ha. Il conservatorismo lucano attraversa trasversalmente tutte le classi sociali. La soluzione più facile è emigrare. E’ la soluzione che ritorna nella storia della Basilicata. La stessa emigrazione è un prodotto dell’antropologia della società lucana: si emigra per non fare la rivoluzione. Le stesse esperienze civiche, come provano le numero liste elettorali presenti ad ogni tornata sono il prodotto del conservatorismo della società lucana. In conclusione il problema della Basilicata sono i lucani, sarà la morfologia, il clima, la difficoltà di comunicazione, il fatto che i lucani sono sempre stati pochi e distribuiti su un territorio relativamente ampio, il punto è che al di là delle lamentazioni, all’orizzonte non si intravede nulla. L’impianto industriale di Melfi, in fase di progressivo ridimensionamento, salvo fatti esterni, è destinato a fare la fine delle tante aree industriali dismesse nel corso degli anni.


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