Legge di Bilancio: ma è davvero disastrosa? Ecco punto per punto cosa ha fatto il governo Meloni

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Critiche a pioggia sul governo per via della nuova Legge di Bilancio. I sindacati capeggiati dalla CGIL di Maurizio Landini, tra scioperi generali e scioperi di settore, manifestano il loro disappunto. Le opposizioni, dal PD di Elly Schlein al Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e, per finire, al duo di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, attaccano su tutti i punti cardine della manovra.

Non c’è una cosa che va bene: più tasse, tagli alle pensioni, tagli alla sanità e così via.

Ma la Legge di Bilancio del governo Meloni è davvero così disastrosa? I cittadini sono in confusione, perché si trovano ad ascoltare due giudizi diametralmente opposti sulla nuova manovra finanziaria.

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Cosa ha prodotto il governo nella legge di Bilancio, ecco i punti più discussi

Partiamo dalla materia che noi di redazione curiamo ogni giorno maggiormente, cioè le pensioni. Sulle pensioni, il governo ha confermato le uscite previste anche nel 2024 senza ritocchi normativi e senza ulteriori inasprimenti dei requisiti o nuove finestre mobili ad allungare l’attesa per i lavoratori. Niente riforma delle pensioni, e se l’accusa è rivolta alle promesse elettorali di 26 mesi fa, allora effettivamente il governo ha deluso.

Qualcosa di nuovo e soprattutto positivo, però, è stato introdotto. Partiamo, per esempio, dal fatto che diventa più flessibile anche la pensione anticipata. Nessun obbligo di restare al lavoro più a lungo, come sostengono le opposizioni.

Si mette il lavoratore nelle condizioni di scegliere se rimanere a lavorare oltre i requisiti delle pensioni anticipate ordinarie prendendo uno stipendio maggiore (cosa che fino al 2024 riguardava solo i pochi che erano nel perimetro di quota 103) o se andare normalmente in pensione.

Cosa c’è nella legge di Bilancio il governo Meloni sulle pensioni

Si dà un taglio più vantaggioso anche alle pensioni di vecchiaia contributive per le lavoratrici che hanno avuto più figli, sacrificando carriera e lavoro per la cura della famiglia.

Per lo sconto di 4 mesi a figlio, non più massimo 12 mesi di taglio sull’età pensionabile per chi ha avuto 3 o più figli, ma 16 mesi di sconto massimo per chi ne ha avuto 4 o più.

Inoltre, è più facile arrivare ai limiti di pensione utili alle uscite con le misure contributive (3 volte l’assegno sociale per le pensioni anticipate contributive e importo pari all’assegno sociale per la vecchiaia contributiva). Perché adesso gli interessati potranno usare anche la rendita proveniente dalla previdenza complementare per raggiungere soglie che il più delle volte negavano il diritto alla pensione.

Piccoli interventi, nulla di eccezionale, è vero. Ma non si può certo parlare di inasprimenti.

Importi delle pensioni, pochi aumenti per il 2025

Pochi euro di aumento, e pensionati in piazza a scioperare e manifestare. Per sindacati e opposizione, la colpa è del governo che ha deciso di tagliare gli aumenti per i pensionati, soprattutto quelli al minimo.

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Se si parte dalla promessa di Forza Italia di portare le minime a 1.000 euro, effettivamente criticare il governo per aver mancato quest’altra promessa elettorale è lecito. Ma ai pensionati andrebbe detto che non è certo colpa dell’attuale governo se il tasso di inflazione da cui scaturiscono gli incrementi è solo dello 0,8% e non come negli anni passati, elevato.

Anzi, il governo ha deciso di dare manforte alle minime con un incremento extra del 2,2%. Un’operazione meno vantaggiosa di quella dello scorso anno, quando lo stesso esecutivo partorì un incremento extra per le minime del 2,7%. Da altri governi in passato non sono arrivate certamente novità più importanti.

Anzi, è da quando c’è l’attuale esecutivo che le minime sono salite notevolmente, anche se, per correttezza di informazione, va detto che gli incrementi elevati sono stati dipendenti dall’inflazione post-pandemia e non da una decisione del Centrodestra.

E non dipende quindi dalla Legge di Bilancio.

Chi va in pensione nel 2025 prende meno di chi ci è andato nel 2024, ecco perché

Ed anche i nuovi coefficienti che abbassano l’importo della pensione a chi esce nel 2025 o lo farà nel 2026, esulano da decisioni specifiche dell’attuale esecutivo. Non nascono con la Legge di Bilancio.

Tutto dipende dalla Legge Fornero, che stabilì che ogni biennio i contribuenti avrebbero dovuto fare i conti con gli aggiornamenti dei coefficienti di trasformazione dei contributi in pensione in base all’andamento della stima di vita della popolazione. La vita media sale e quindi anche i coefficienti penalizzano i lavoratori. Non dipende dal governo.

La stretta attualità parla di problema Stellantis. Ed è vero che la situazione è grave, con molti lavoratori che hanno ricevuto la lettera di licenziamento da parte di aziende dell’indotto dell’ex Fiat.

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La crisi di Stellantis, il governo è chiamato ad intervenire

La storia di Stellantis è vecchia. Parte da quando il governo Conte strinse intesa con i vertici dell’ex FCA (Fiat Chrysler Automobiles), facendo da garante a un prestito che Stellantis ottenne da alcune banche e, come pegno, si impegnò a non licenziare. Solo che l’azienda ha preferito annullare il prestito, rimborsarlo tutto e rinnovare l’accordo con quel governo. Se non ha monitorato l’attuale esecutivo, non lo hanno certo fatto quelli precedenti.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra, mai detto fu più calzante se guardiamo alla “processione” di politici che vanno davanti ai cancelli degli stabilimenti adesso a promettere che adesso ci penseranno loro.

Soprattutto se parlare con una multinazionale come adesso è Stellantis, parte da quelle tipiche posizioni di sinistra che vogliono tasse monstre per gli extraprofitti, tasse maggiori per le multinazionali, tassare i lavoratori autonomi e le aziende che vengono viste come i principali evasori fiscali nella Penisola.

Perché Stellantis è in crisi?

Su Stellantis, il dibattito politico che vede le opposizioni andare davanti ai cancelli degli stabilimenti verte sostanzialmente su una cosa: sulle responsabilità del fatto che i lavoratori di Stellantis rischiano il posto (e per l’indotto molte lettere di licenziamento sono già arrivate).

Le opposizioni accusano il governo, ma la colpa sicuramente è anche loro. La crisi dell’auto, che non risparmia nemmeno i colossi tedeschi, parte sicuramente dal fatto che le case automobilistiche stanno riorganizzandosi all’elettrico.

Il cosiddetto Green Deal, quel grande progetto europeo che mira a cancellare le auto a benzina e diesel per le auto elettriche, al momento non sta portando che risultati negativi. Le auto elettriche costano troppo, sono poco performanti per i lunghi tragitti e non si vendono. E se le auto non si vendono, non si producono. Quindi le case automobilistiche licenziano. Ora, dalla sinistra la questione del Green Deal è vista come ottimale e necessaria, mentre dal governo c’è scetticismo.

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I tagli alla sanità del governo Meloni

Le liste di attesa della sanità, milioni di italiani che rinunciano a curarsi, il governo che vuole la sanità privata e così via. Tradotto in termini pratici, secondo le opposizioni, il governo ha deciso di tagliare la sanità per favorire investimenti sulle armi (lo sostiene fortemente il M5S).

Ma cosa esce dalla Legge di Bilancio? A conti fatti, se guardiamo ai numeri assoluti, il governo mette più soldi per il Fondo Sanitario Nazionale. Ma in percentuale, cioè rispetto al PIL (Prodotto Interno Lordo), niente di più degli altri anni, o al massimo si va in pari. Ed è questo ciò che le parti si rinfacciano.

Dal governo sostengono di aver messo più soldi. Ed effettivamente, se si divide lo stanziamento per la popolazione, ogni cittadino ha più soldi pro capite disponibili. Ma secondo le opposizioni ciò che conta è la percentuale di dotazioni rispetto al PIL. Una cosa va detta però: una cosa è il finanziamento del FSN e un’altra è la spesa pubblica. Nel Fondo confluiscono i soldi che poi vengono ripartiti alle Regioni. Sono questi enti poi a decidere come spenderli.

Le tasse sono in aumento o in diminuzione? ecco cosa esce dalla legge di Bilancio

La conferma del taglio del cuneo fiscale nella Legge di Bilancio, che abbassa le tasse dei cittadini, è un cavallo di battaglia del governo, che è riuscito a renderlo strutturale. Ma secondo le opposizioni, aumentano le tasse dei cittadini. Chi ha ragione?

In effetti, con il particolare meccanismo introdotto, vengono tagliate alcune detrazioni, ma solo per soggetti che hanno redditi sopra 75.000 euro o sopra 100.000 euro. In effetti, con il tappo alle detrazioni che si riducono a esclusione di quelle sulle spese sanitarie, il governo penalizza i contribuenti con redditi oltre queste soglie e che hanno spese superiori a 14.000 euro da scaricare.

Sono introdotte salvaguardie in base ai figli a carico del contribuente. Soluzioni che in parte mitigano questi tagli, ma a conti fatti aumentano la tassazione per queste fasce di popolazione che, però, non sono povere. Per chi ha redditi medio-bassi, nulla cambia.

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