Mondiale 2034 all’Arabia Saudita, il mondo dei diritti protesta – Calcio

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Spagna, Portogallo e Marocco ospiteranno i Mondiali di calcio 2030: lo ha annunciato la Fifa nel corso del congresso in videoconferenza che si è svolto oggi. Per l’edizione 2030, tre dei primi incontri si svolgeranno in Sud America (Uruguay, Argentina e Paraguay). L’assegnazione del Mondiale del 2034 all’Arabia Saudita, già nell’aria e ora ufficiale, solleva invece le proteste delle associazioni che da anni si battono per l’affermazione dei diritti civili e dei lavoratori nel regno: da Amnesty International a Shramik Sanjal, rete di lavoratori migranti con sede in Nepal, fino a Alqts for Human Rights, rete per i diritti dei sauditi della diaspora.

Il Mondiale in Arabia

Al Mondiale In Arabia parteciperanno 48 squadre, 104 le partite in programma. La famiglia reale saudita è intenzionata a spendere decine di miliardi di dollari in progetti relativi all’evento nell’ambito di un progetto più grande, ‘Vision 2030”, che mira a modernizzare la società e l’economia saudita.

Amnesty: “Dalla Fifa decisione irresponsabile”

La nota di Amnesty International recita: “La conferma di oggi che l’Arabia Saudita ospiterà la Coppa del Mondo Fifa maschile del 2034, nonostante i ben noti e gravi rischi per i residenti, i lavoratori migranti e i tifosi che vi parteciperanno, segna un momento di grande pericolo. Dovrebbe anche segnare un momento di cambiamento. Come organizzazioni globali e regionali per i diritti umani, sindacati, gruppi di tifosi e organizzazioni che rappresentano i lavoratori migranti, molti di noi hanno da tempo evidenziato i gravi rischi legati all’ospitare eventi sportivi di grande portata in Arabia Saudita. Con l’assegnazione della Coppa del mondo 2034 all’Arabia Saudita senza adeguate protezioni, la Fifa ha deciso oggi di ignorare i nostri avvertimenti e di abbandonare le sue politiche sui diritti umani”.

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“Riforme per i diritti umani”

La nota di Amnesty prosegue con un appello: “La Fifa non può mai affermare di non essere consapevole della gravità dei rischi legati all’ospitare il suo evento principale in un Paese con protezioni dei diritti umani così deboli. Né le federazioni calcistiche nazionali che hanno votato a favore di questa decisione possono dirlo. Oggi, non mancano le prove di lavoratori migranti sfruttati e vittime di razzismo, attivisti condannati a decenni di prigione per aver espresso pacificamente le proprie opinioni, donne e persone Lgbtqia+ soggette a discriminazione legalizzata, o residenti sfrattati con la forza per fare spazio a progetti statali. È evidente che, senza azioni urgenti e riforme complete, la Coppa del Mondo 2034 sarà segnata dalla repressione, dalla discriminazione e dallo sfruttamento su larga scala”.

“No garanzie per lavoratori e residenti”

Un altro aspetto che Amnesty sottolinea è, a dire dell’associazione, la mancanza di garanzie sul rispetto dei lavoratori che saranno impegnati nell’evento: “La Fifa ha da tempo accettato la sua chiara responsabilità, in linea con gli standard internazionali sui diritti umani, di prevenire e mitigare le violazioni e gli abusi dei diritti umani legati alle sue attività, nonché di fornire rimedi per quelli a cui ha contribuito. Con la decisione di oggi, nonostante i rischi noti, la Fifa si assumerà una grande responsabilità per gran parte di ciò che seguirà. Nel processo di assegnazione della Coppa del Mondo 2034, le politiche sui diritti umani della Fifa sono state rivelate per quello che sono: una farsa. Senza gare competitive, c’erano poche possibilità che le offerte venissero respinte, indipendentemente dalla qualità della strategia sui diritti umani o dalla gravità del rischio. Non ci sono state consultazioni con le persone che probabilmente saranno impattate dal torneo, né misure specifiche o vincolanti sono state concordate per garantire il rispetto degli standard internazionali sul lavoro o riforme più ampie sui diritti umani”, si legge nella nota.

“Si agisca per proteggere i diritti umani”

Infine, Amnesty chiama tutti gli enti e le società che lavoreranno per il Mondiale a lavorare insieme per la garanzia dei diritti: “Insieme, continueremo a difendere i diritti di chiunque in Arabia Saudita e oltre – lavoratori migranti, residenti, cittadini, giocatori, tifosi, attivisti o giornalisti – che potrebbe essere colpito dalla Coppa del Mondo 2034. Mentre la popolazione saudita merita senza dubbio di vivere la gioia che lo sport internazionale può portare, ciò non può avvenire a qualsiasi prezzo. Deve essere accompagnato da misure che garantiscano i diritti che il loro governo continua a negare loro. Nel prossimo decennio mobiliteremo la comunità internazionale dei diritti umani per fare in modo che le violazioni e gli abusi legati a questa Coppa del Mondo non vengano ignorati, e per chiedere i cambiamenti fondamentali necessari per proteggere le vite e ampliare le libertà. Le autorità saudite, la FIFA, le federazioni calcistiche nazionali, gli sponsor della FIFA e le aziende coinvolte nella Coppa del Mondo – o che ne traggono enormi profitti – hanno tutti obblighi e responsabilità in materia di diritti umani, e ci impegneremo a renderli responsabili”.

I sauditi di Alqts for Human Rights: “Decisione sconsolante”

Una dura critica all’assegnazione del Mondiale 2034 all’Arabia Saudita viene anche da Lina Alhathloul, responsabile per il monitoraggio e l’advocacy di Alqts for Human Rights, un’organizzazione della diaspora saudita per i diritti umani, ha affermato: “È scoraggiante, sebbene non sorprendente, che la Fifa abbia assegnato a Mohammed bin Salman e all’Arabia Saudita il diritto di ospitare i mondiali sulla base di una candidatura profondamente difettosa, che ha evitato il coinvolgimento di stakeholder esterni e della popolazione saudita stessa. Ora che la decisione è presa, è necessario un intervento urgente e continuo per mitigare i gravi rischi di violazioni dei diritti civili e dei lavoratori legati al torneo, anche attraverso riforme credibili e significative”.

Rete lavoratori migranti: “Si tuteli chi lavora”

Bhim Shrestha, cofondatore di Shramik Sanjal, una rete di lavoratori migranti con sede in Nepal, aggiunge: “Noi lavoratori migranti subiamo gravi forme di sfruttamento e la nostra vulnerabilità è spesso ignorata. Le nostre vite contano – temiamo per i nostri fratelli e sorelle migranti che sono a rischio. La Fifa non può continuare a chiudere un occhio; le vite dei migranti richiedono assunzione di responsabilità e giustizia”.



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