Sanità, la crisi del Don Mottola e l’appello dei familiari dei pazienti: «Se chiude per noi è la fine»

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VIBO VALENTIA «Sono costretto a vendere casa per pagare le cure di mia figlia». A lanciare il drammatico appello è il papà di una ragazza affetta da sclerosi multipla, paziente del Don Mottola Medical Center. La clinica di Drapia a rischio chiusura per la mancata convenzione con l’Asp, nonostante sia accreditata con la Regione dal 2022. Decine le persone che, nonostante la grandine, si sono riunite stamattina di fronte la sede dell’Asp di Vibo Valentia per protestare, con dipendenti, caregiver e familiari dei pazienti che rischiano di ritrovarsi senza la struttura già dalla fine di questo mese. L’allarme era stato ripreso e lanciato qualche giorno fa anche da Rubens Curia, portavoce di Comunità Competente, sottolineando che «non possiamo lasciare sole le famiglie dei pazienti e perdere 61 posti di lavoro».

La clinica verso la chiusura da gennaio

La clinica, unica della provincia di Vibo per la lunga degenza, eroga dal 2022 servizi di Rsa medicalizzata e riabilitazione. Ma, nonostante l’accreditamento con la Regione, non è stato possibile garantire la gratuità dei servizi a causa della mancata contrattualizzazione con l’Asp. Così l’azienda, che ha garantito rette a basso prezzo per i cittadini, ora rischia di chiudere per mancanza di fondi che, spiegano, erano già disponibili ma che l’Asp avrebbe già restituito. «Siamo arrivati a dover scegliere se proseguire le attività o implementare le rette» spiega il dottor Soccorso Capomolla, a capo della clinica. «Noi sul piano etico non ci sentiamo di implementare le rette perché è gente che si trova nel dramma della malattia e non possiamo gravare ancora sulle loro tasche. Per questo abbiamo optato un’eventuale sospensione delle attività dal primo gennaio».

«Protestiamo per il diritto alla salute»

«L’azienda – spiega ancora il cardiologo – è stata accreditata nel 2022. Abbiamo iniziato l’attività e dimostrato di essere funzionali ai bisogni del territorio, applicando delle tariffe notevolmente ridotte per venire incontro ai cittadini». Una situazione però «non sostenibile» nel tempo, «noi abbiamo sfruttato i crediti d’imposta, dell’investimento, dopodiché le banche non ci supportano più per andare avanti». Dall’Asp per ora «nessun riscontro» concreto, se non «valutazioni ma senza una roadmap che definisca tempi e modalità per l’uscita della crisi». Della vicenda si era interessato anche il presidente Roberto Occhiuto, che uscendo dal tavolo tecnico in prefettura lo scorso 4 novembre, aveva rassicurato i familiari dei pazienti che lo attendevano all’esterno. «Noi rivendichiamo quello che è il diritto alla salute e l’equità di accesso alle cure su questo territorio» aggiunge il dottor Capomolla. «Purtroppo vi è una disuguaglianza nella disuguaglianza, noi siamo l’ultima provincia nell’offerta dei Lea sul campo sociosanitario. Noi chiediamo che vengano implementati e che le prestazioni del settore sanitario vengono remunerate al servizio sanitario regionale e non di tasca propria dei cittadini».

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L’appello dei familiari: «Per noi così è la fine»

Il grido di allarme arriva anche dai familiari dei pazienti, che da anni pagano per garantire le cure di base ai loro cari. «Chiediamo alle istituzioni, dal prefetto al presidente della Regione, di darci una mano» è l’appello del padre della ragazza con sclerosi multipla. «Io per dieci anni ho sofferto da solo, ora chiedo loro di aiutarci. Ma anche al governo, perché la Calabria è abbandonata». «Mia mamma – spiega un’altra caregiver – è ricoverata da oltre due anni al Don Mottola. Noi protestiamo per un diritto alle cure e all’assistenza sanitaria, garantito a livello costituzionale e che noi ancora oggi stiamo pagando di tasca nostra. Il Don Mottola è un centro di eccellenza, non ce ne sono altri qui. Noi non possiamo curare i nostri cari in un ambiente domestico perché hanno bisogno di un’assistenza sanitaria che noi, non essendo medici o infermieri, non possiamo dare. La chiusura del Don Mottola per noi sarebbe la fine». (ma.ru.)

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