Vercelli: presentato il Bollettino storico n.103 e conferenza del Prof. Fassino

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SOCIETA’ STORICA VERCELLESE:

Presentato in Seminario il bollettino storico Vercellese n. 103

 CONFERENZA PROF. GIANPAOLO FASSINO:
La memoria del defunto: sepoltura, cimitero, cordoglio.

 

🎤“Nel nuovo numero del Bollettino Storico Vercellese, il n. 103 c’è tutta la storia, dal Medioevo all’età contemporanea, declinata nelle sue molteplici sfaccettature, dai saggi scientifici alle parti più divulgative, per offrire uno strumento che si presti alla lettura degli addetti ai lavori ma anche dei soci che amano la storia”: così la neo Presidente, Silvia Faccin, ha introdotto la presentazione in Seminario.

Il Direttore del Bollettino, Giorgio Tibaldeschi, ha sottolineato che il Bollettino, iscritto tra le “Riviste scientifiche” dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), viene regolarmente presentato alla naturale scadenza del secondo semestre del 2024:🎤 “Questo è il risultato della collaborazione del nuovo Consiglio Direttivo e dell’impegno della Redazione. Anche questa volta il fascicolo si presenta nello standard consolidato di circa duecentoquaranta pagine, arricchito di figure a colori che non accentuano i costi (un grazie alla tipografia Gallo), ma permettono ai contenuti di meglio esprimersi anche dal punto di vista grafico”. In apertura, due “editoriali”: la nuova presidente, Silvia Faccin, si rivolge ai soci con un breve “discorso della corona”, tracciando alcune linee programmatiche della futura attività. Giovanni Ferraris, in modo più ampio, ripercorre i suoi quarant’anni con la Società Storica, proponendo un bilancio di tutto rispetto.

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Il Direttore ha poi passato in rassegna tutti i saggi contenuti nel volume, illustrati anche attraverso la proiezione di immagini: 🎤“Lo studio in apertura ci porta nel Medioevo, con un interessante saggio di Giancarlo Andenna, L’elemosina della chiesa di Sant’Andrea di Vercelli. Prime ricerche (secoli XII-XIII). L’autore riprende in esame alcune pergamene, mettendo in luce una istituzione caritativa, appunto L’elemosina della chiesa di Sant’Andrea; chiesa, non l’abbazia. Quindi, secondo una delle ipotesi qui formulate, una forma di carità verso i poveri gestita dalla parrocchia di S. Andrea e poi passata all’abbazia e da questa continuata nel tempo. Dalla documentazione emerge una struttura autonoma, dotata di beni immobili destinati a fornire risorse materiali, a capo della quale vi è un apposito elemosynarius. Gabriele Ardizio ha studiato L’oratorio della Santissima Trinità di Albano Vercellese e presenta qui diversi elementi di novità, sebbene non conclusivi, affrontando la ben nota scarsità di documentazione.

Tanto scarsa che si continua a datare al sec. XII-XIII (cartello giallo compreso) quella che è una costruzione della fine del XV secolo. Grazie ad una decisiva conoscenza del territorio, lo studio inserisce la nuova costruzione nell’ambito della scomparsa pieve di Albano, risalente a X secolo. Se ancora rimangono incerte le ragioni che hanno portato alla sua fondazione e al suo titolo, poco comune in diocesi, possiamo invece intuire un’importante committenza nel ciclo di affreschi dell’abside. Si tratta di dipinti della fine del XV secolo, attribuiti alla scuola di Tommaso Cagnola. Affreschi che meritano una visita sul posto. Con Architettura ottocentesca a Vercelli, Fulvio Caligaris rielabora e aggiorna il materiale presentato a maggio, nel corso dell’assemblea della Società Storica. In maniera sintetica, si ricostruisce il percorso creativo degli architetti Pietro Delmastro, Edoardo Arborio Mella e Giuseppe Locarni.

Curiosamente, tutti e tre collegati (in un arco di tempo molto lungo), dagli interventi alla chiesa parrocchiale di Gattinara, quella che possiamo vedere ancora oggi. Il saggio di Federico Zorio, Silvio Crosa (1892-1916). Un ufficiale del Genio nella Grande Guerra, ci porta fuori delle trincee per documentare un particolare aspetto della “inutile strage”. Si tratta della “guerra di mine”, una guerra tutta sotterranea, combattuta con astuzia e ferocia dalle due parti in lotta. A partire dal manuale del tenente Crosa, pervenuto ai nostri giorni, che riporta le modalità per i lavori da mina in galleria, con formule e percentuali da applicare. Testimone di questa guerra, l’ex voto che si trova ad Oropa, relativa alla mina del Col di Lana, fatta esplodere dai genieri italiani nell’aprile del 1916. A questa, gli Austriaci risponderanno pochi mesi dopo, sul monte Mrzli, in anticipo sulla mina italiana, che provocherà la morte del giovane tenente Crosa.

Molto ampia e molto documentata, sebbene riferita ad una sola località, è la ricerca di Giovanni Ferraris, Caduti, prigionieri, dispersi della Seconda guerra mondiale e tragica carenza di informazione. Il paradigmatico caso di Prarolo. Difficile riassumere i risultati di una ricerca così accurata. Si tratta di eventi ancora ben presenti nella nostra memoria, legati alle notizie che giungevano (o che non giungevano) dai quattro diversi fronti di guerra su cui erano impegnati i nostri soldati. Trattandosi di una ricerca molto ampia, il saggio di Ferraris, con altra documentazione, diventerà un nuovo numero della collana “Quaderni della Società Storica Vercellese”. E sarà presentato nella prossima primavera. In un altro ambito di guerra, questa volta solo spirituale, ci accompagna Fulvio Conti con la “Briciola” Eroiche gesta di un arcangelo guerriero. La figura dell’arcangelo Michele, protettore della Chiesa, armato di spada e corazza, è illustrata da alcune rappresentazioni locali, come Piedicavallo e Oropa. Sicuramente più frivola, l’ambientazione della “Briciola” di Luca Brusotto e Riccardo Rossi: Caffè, birrerie, luoghi di ritrovo e di piacere nella vecchia Vercelli. Si tratta di una piacevole carrellata attraverso i luoghi d’incontro, come i caffè e i circoli cittadini, chalets e birrerie, con anche un accenno a certe case … chiuse, ma aperte, arricchita di alcune illustrazioni cortesemente fornite dall’archivio di Pier Luigi Chiais. Come di consueto, il Bollettino contiene un’ampia rassegna di recensioni e segnalazioni di libri o articoli su periodici, che interessano il nostro territorio. Al tempo stesso, la rubrica “Vita della Società Storica” offre un’ampia panoramica delle nostre attività. Nota spiacevole, la dolorosa perdita di quattro cari amici: il prof. Soffietti, Pino Marcone, Patrizia Marcone Praglia, cui si è aggiunta (recentissima) quella di Mario Guilla, che sarà ricordato nel prossimo Bollettino”.
Gianpaolo Fassino, docente presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, partendo proprio da due articoli pubblicati sul Bollettino 103: Giovanni Ferraris, Caduti, prigionieri, dispersi della Seconda guerra mondiale e tragica carenza di informazione. Il paradigmatico caso di Prarolo e Federico Zorio, Silvio Crosa (1892-1916). Un ufficiale del Genio nella Grande Guerra, ha presentato La memoria del defunto: sepoltura, cimitero, cordoglio, sviluppando l’argomento in tre parti: la morte nelle pubblicazioni della Società Storica Vercellese, storie particolari su questo tema delicato e complesso, e la presentazione di un caso paradigmatico. Dopo aver ricordato come il tema della morte sia ricorrente nel Bollettino, Fassino si è soffermato sulla sepoltura dei caduti in guerra che poteva avvenire nei cimiteri militari, nei sacrari monumentali, o nei luoghi di origine dei soldati. La traslazione solenne dei corpi dei soldati caduti in battaglia, affinché riposassero nei luoghi natali, aveva un forte significato simbolico di ritorno alla “madre”.

La “monumentalizzazione” della morte diventa un modo per rielaborare il lutto per le famiglie e per l’intera nazione, la morte in guerra viene elevata a simbolo delle virtù civiche e la “nominazione” sottrae all’anonimato persone delle quali altrimenti non sarebbe restato alcun ricordo. Emblematico il caso di Silvio Crosa ricordato attraverso la lapide in municipio, la lapide sulla casa natale e la lapide che ne ricordava la traslazione nel comune biellese. Le tombe dei caduti in guerra, a differenza di quelle degli altri morti, sono “inestumulabili”, i resti non finiscono negli ossari comuni. Alla morte nel caos bellico si sovrappone una sepoltura ordinata: il relatore ha suggerito di osservare come sono rigorosamente strutturati i cimiteri di guerra.

I morti tornano nei luoghi dove hanno vissuto”: Fassino ha citato le usanze sorte intorno alla “sera dei morti”, delle quali in molte zone del Piemonte sopravvive quella di lasciare un piatto di castagne a disposizione dei morti e un lumino acceso sulla finestra.

Il tema della morte è centrale nell’antropologia culturale: non esistono civiltà umane che lascino insepolti i cadaveri, quindi “girovagare” per i cimiteri: “E’ molto interessante perché esprimono spazi identitari, relazionali e storici, si trasformano in luoghi di ricerca etnografica e storica”.

Fassino ha concluso il suo intervento citando il caso della lapide di un sacerdote vercellese sepolto nel cimitero di Cocconato d’Asti. Il cimitero extra urbano nel pensiero comune era stato frutto di una imposizione napoleonica che proibiva le sepolture all’interno delle chiese, pratica che però era vietata per legge fin dall’antichità. La legge romana delle XII tavole recitava: “nessun morto può essere cremato né sepolto in città”. E infatti in epoca romana le necropoli erano esterne all’abitato. Con l’andar del tempo questo divieto venne eluso. Con l’avvento del cristianesimo e della venerazione portata ai santi e ai martiri, i fedeli volevano essere sepolti vicino alle tombe o alle reliquie di questi personaggi che nelle chiese erano conservate.

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A Torino non furono molti i cimiteri sviluppatisi nelle aree limitrofe degli edifici religiosi e perciò si seppelliva direttamente dentro di essi. I nobili e gli ecclesiastici erano posizionati all’interno di bare murate lungo il perimetro, tutti gli altri venivano avvolti in semplici teli e pigiati in fosse comuni sotto i pavimenti. Nell’estate del 1776 a Torino scoppiò una terribile calura e nelle chiese le esalazioni pestilenziali si fecero sempre più insopportabili e si temeva la diffusione di malattie. Perciò il 25 novembre 1777 il re di Sardegna Vittorio Amedeo III di Savoia emanò un decreto in cui si vietava di continuare a seppellire i defunti all’interno delle mura cittadine e si stabiliva la costruzione di due cimiteri extraurbani: San Pietro in Vincoli e San Lazzaro. Le disposizioni sabaude che prescrivevano la costruzione di cimiteri extra urbani, non vennero immediatamente applicate, anche per i costi che comportavano. Le chiese romaniche spesso si trasformarono in chiese cimiteriali.

Don Giuseppe Barbosio, nato a Borgovercelli nel 1712, parroco di Cocconato, morto il 26 ottobre 1816, chiese di essere seppellito all’esterno della chiesa per motivi personali e igienici: “Per evitare di deturpare il tempio e contaminare l’aria con esalazioni nocive”. Quella scelta fu certamente ispirata da quella fatta un secolo prima da Philippe Verheyen anatomista all’Università di Lovanio, morto nel 1710, che volle incise sulla sua lapide le stesse parole poi utilizzate da Don Barbosio, che probabilmente ne venne a conoscenza attraverso l’intermediazione di Luigi Stefano Lambertenghi, che scriveva sul foglio periodico Il Caffè, punto di riferimento del riformismo illuministico italiano. Fassino, dopo aver ricordato come quel nuovo tipo di sepoltura avesse ispirato anche la nuova sensibilità romantica, ha concluso: “Attraverso le ricerche di storia locale si può vedere una serie di fenomeni che ad altra scala sfuggirebbero: si percepisce come le idee dell’Illuminismo siano arrivate alla cognizione delle persone e come abbiano cambiato la storia della comunità”.

Silvia Faccin al termine dell’incontro ha annunciato che la Società Storica Vercellese mira ad ampliare la platea del pubblico al quale si rivolge: si stanno organizzando momenti di approfondimento sul territorio, dei quali verrà data notizia nei prossimi mesi.

Il Bollettino potrà essere ritirato dai soci in regola con la quota: “Senza il sostegno finanziario delle quote annuali pagate dagli oltre quattrocento soci e del costante contributo elargito annualmente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, sarebbe stato impossibile trasformare le idee in convegni, in oltre sessanta monografie e centotre fascicoli del Bollettino Storico”. Per coloro che desiderassero maggiori informazioni, o desiderassero associarsi, è possibile farlo accedendo al sito: www.societastoricavc.it, o alla pagina Facebook.





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