Un opuscolo di 22 pagine
dell’Enit, allora Ente Nazionale Industrie Turistiche, dedicato
all’Abruzzo e pubblicato nel 1927 in tre distinte edizioni,
inglese, francese e tedesca, un altro intitolato “Servizi
automobilistici di turismo in Abruzzo” a cura delle Ferrovie
dello Stato edito nel 1921 e poi ancora foto e testimonianze di
viaggiatori, italiani e stranieri: sono alcune delle rarità che
si potranno ammirare da domani, 12 dicembre, nella mostra
“Viaggiatori del Grand Tour in Abruzzo – Libri rari, riviste,
illustrazioni, fotografie” a cura di Antonio Bini, allestita
all’Aurum di Pescara nei locali dell’Archivio di Stato e
visitabile fino al 15 gennaio 2025. “Si può senz’altro affermare
che il fenomeno del Grand Tour costituisca il riferimento
storico del turismo culturale, i cui riflessi sul turismo
contemporaneo sono tuttora concreti e percepibili” osserva Bini
che fa notare come l’Abruzzo sia stato considerato “una antica e
isolata terra di cultura nel cuore d’Italia” (Klammet, 1963),
spesso tagliata fuori dagli itinerari più affollati, “a causa
della stessa immagine percepita della regione, caratterizzata
dalla pericolosità del viaggio, tra aspre montagne, con cime
innevate anche d’estate, abitate da orsi e lupi, con una
viabilità difficile, senza dimenticare il fenomeno del
brigantaggio, il cui immaginario ispirò la scrittrice Anna
Radcliffe, autrice del romanzo gotico ‘The Italian’, pubblicato
a Londra nel 1796, che non era nemmeno stata mai nella regione”.
Ma sono proprio questi i fattori che, nel corso
dell’Ottocento, sottolinea Bini, “si sarebbero progressivamente
trasformati in motivi d’attrazione, con il romanticismo che
influenzò i viaggiatori alla ricerca di aspre montagne selvagge
e paesaggi pittoreschi, esaltando il mondo pastorale e la
transumanza. Un particolare interesse suscitavano i pastori
musicisti, gli zampognari, che ispirarono schiere di pittori e
musicisti. Molti di loro si imbattevano nei pifferari, così li
chiamavano, a Roma nel periodo che precedeva il Natale”. Tra i
materiali in esposizione anche “Les pifferari, reunis in bande
sous la conduite d’un chef,
quittent la province des Abruzzes pour se rendre a Naples, a
l’occasion de la semaine sainte” di C.Maurand pubblicato su Le
Monde Illustré, 26 marzo 1864.
Tra gli articoli raccolti anche il racconto della vita dei
pastori abruzzesi transumanti in Puglia, pubblicato su ‘The
Penny Magazine’ del 25 marzo 1833 con il titolo “The shepherds
of the Abruzzi”: autore un anonimo viaggiatore inglese,
identificabile con lo scrittore Charles Mac Farlane.
All’inaugurazione della mostra, che ha il patrocinio della
Regione Abruzzo ed è legata alla collana “Comete. Scie
d’Abruzzo” curata da Ianieri Edizioni, interverranno, accanto al
curatore, lo sceneggiatore e scrittore abruzzese Peppe Millanta
e la soprintendente archivistica e bibliografica dell’Abruzzo e
del Molise, Giuseppina Rigatuso. “A partire dalla fine del
Seicento – ricorda Antonio Bini – il Grand Tour rappresentò un
percorso fondamentale della formazione dei giovani aristocratici
europei, ma anche un’occasione di studio e di crescita per
letterati, pittori, archeologi, musicisti, poeti. L’impiego del
termine Grand Tour si fa risalire al canonico inglese Richard
Lassels in ‘The Voyage of Italy’ (1670)”.
L’esperienza come responsabile del Servizio Sviluppo del
Turismo della Regione Abruzzo nonché di direttore generale
dell’Azienda di Promozione Turistica Regionale (Aptr) nella fase
di insediamento dell’Ente è stata tradotta da Bini in una
meticolosa attività di ricerca e rielaborazione che ha portato
al progetto di questa mostra. Direttore editoriale della rivista
‘Abruzzo nel Mondo’, Bini ricorda anche la recente “riemersione”
del cenacolo artistico scandinavo creato dal maestro danese
Kristian Zahrtmann a Civita d’Antino (L’Aquila) nella seconda
parte dell’800, travolto dall’oblio dopo il terremoto della
Marsica del 1915. “Oggi una parte significativa di quelle opere
è sorprendentemente tornata in Abruzzo ed è visibile nell’Imago
Museum di Pescara, dove è esposta la più importante collezione
d’arte scandinava in Italia”.
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