Da mesi una consistente fetta della popolazione della provincia chiede di lasciare il Molise. «Qui mancano tutti i servizi essenziali, ci sentiamo abbandonati». E anche a Campobasso c’è chi vorrebbe seguirli
Dicono: il Molise non esiste. Era il titolo di uno storico reportage della Bbc. I molisani ci ridono su. Ma verrebbe da dire: non tutti. A Isernia ci credono davvero: del Molise non ne vogliono più sapere. Tanto che ora chiedono di tornare armi e bagagli in Abruzzo. Il percorso sta prendendo forma davvero. Il «Comitato per l’aggregazione della Provincia di Isernia alla Regione Abruzzo», guidato da Antonio Bucci, ha raccolto oltre 5200 firme, più che sufficienti per una verifica della Corte di Cassazione, e per la successiva indizione di un referendum da parte del Governo. Questo voto popolare offrirà ai circa 70.000 elettori la possibilità di decidere il loro futuro amministrativo e di riabbracciare la regione con cui erano uniti fino al 1963.
Storicamente, Isernia faceva parte della regione Abruzzi e Molise, un’entità unica fino al 1963. La formazione della provincia di Isernia avvenne nel 1970 quando venne distaccata dalla provincia di Campobasso. Con l’eventuale aggregazione all’Abruzzo, Isernia diverrebbe la quinta provincia della regione.
L’iniziativa è spinta da una serie di carenze nei servizi essenziali offerti dalla Regione Molise, come sottolineato da Gian Carlo Pozzo, ex questore e membro del comitato. I coordinatori del referendum lamentano che la regione non è più in grado di garantire servizi cruciali come sanità e trasporti, lasciando i cittadini a pagare tasse elevate in cambio di poco. Questo problema viene ulteriormente aggravato da un debito regionale crescente e bilanci ripetutamente bocciati, rendendo la situazione insostenibile.
Le preoccupazioni di Isernia riguardo all’inefficienza amministrativa del Molise richiamano vecchie problematiche mai risolte, alimentate dalla mancanza di investimenti su infrastrutture essenziali. Ad esempio, per raggiungere Roma, situata a poche centinaia di chilometri di distanza, i cittadini devono affrontare un viaggio di oltre tre ore su una linea ferroviaria obsoleta. Questi disservizi spingono i giovani e le famiglie a cercare migliori opportunità altrove, intensificando lo spopolamento di una delle regioni già meno popolate d’Italia.
Nonostante queste difficoltà, la proposta di referendum incontra opposizioni politiche da entrambi gli schieramenti. Secondo Pozzo, il legame stretto tra elettori ed eletti, considerato una forma di «fidelizzazione», rende difficile rompere gli schemi esistenti. Ciò nonostante, il clima di malcontento potrebbe spingere sempre più cittadini a cercare un cambiamento genuino, sperando che l’aggregazione all’Abruzzo possa garantire servizi più efficienti e migliorare la qualità della vita.
A lamentarsi sono anche tanti residenti della provincia di Campobasso, ma staccare un’intera regione richiederebbe una modifica costituzionale, però anche lì si stanno muovendo, come ad esempio a Montenero di Bisaccia, il paese di Antonio Di Pietro. La questione non è solo amministrativa, ma profondamente legata all’identità culturale e alle aspirazioni di una comunità che si rifiuta di vedere il suo territorio lasciato indietro.
In ogni caso il raggiungimento delle 5200 firme necessarie ad avviare l’iter ha acceso gli animi. «Bravissimi. Avete dato speranza a molti molisani», scrivono sulla Facebook del Comitato. Da cui confermano: «C’è grande entusiasmo».
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