TORINO «Sono stato affiliato nel 2011 a Brandizzo, presso la carrozzeria dove Domenico Alvaro era in semilibertà. Lì mi hanno dato la dote di picciotto. Hanno partecipato alla affiliazione Domenico Alvaro che aveva la dote di padrino della famiglia dei “Carni i cani”, figlio di Carmine “u cupertuni”, Michelangelo Versaci che aveva la dote di picciotto e Vittorio Raso che aveva doto di santa. Quando sono stato affiliato operavo con gli Alvaro che avevano locale a Sinopoli, ma si appoggiavano al locale di Chivasso all’epoca comandata da Pasquale Trunfio». È questo il racconto di Vincenzo Pasquino, classe ’90, nato e cresciuto a Torino, considerato membro di spicco della ‘ndrangheta e collaboratore di giustizia da qualche mese. Nelle sue dichiarazioni rese nel corso di alcuni interrogatori in Brasile il 28, 29 e 30 novembre 2023, Vincenzo Pasquino ricostruisce la sua storia criminale, partendo dalle origini.
Vincenzo Pasquino è stato arrestato in Brasile nel maggio 2021 ed è stato detenuto nel Penitenziario Federale di Brasilia fino al marzo 2024, quando è stato estradato in Italia. Dopo i tre giorni di interrogatorio in Brasile, il classe ’90, una volta estradato in Italia, ha iniziato formalmente il suo percorso di collaborazione con la giustizia. E i verbali sono stati ora inclusi nel fermo emesso nei giorni scorsi dalla Distrettuale antimafia di Torino, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, nei confronti di 10 soggetti indagati.
«Prendevamo roba dai Femia – racconta Pasquino – e davamo un punto ad Antonio Agresta. Con questo intendo dire che gli davamo mille euro al kg poiché ce li aveva presentati lui ma non voleva entrare direttamente nel business avendo già altri affari». «Ho iniziato a lavorare con Vittorio Raso facendo i carichi di hashish dalla Spagna e quando ho iniziato a lavorare con lui, Domenico Alvaro voleva stare con noi ma non ci piacevano i suoi contatti e come lavorava», racconta ancora Pasquino. «Domenico Alvaro nel 2014 e 2015 perse credito a causa dei suoi comportamenti e io iniziai a lavorare, nel 2014, uscito dal carcere, esclusivamente con Vittorio Raso e Bruno Pezzolato, facendo carichi di hashish dalla Spagna verso Roma. Dato che lavoravo forte, Michelangelo Versaci mi propose di lavorare con gli Assisi, nel 2015. Io accettai e gestivo per loro l’hashish». «Michelangelo Versaci voleva emanciparsi da Antonio Agresta» racconta ancora Pasquino, «ed era lui a spingere per lavorare con gli Assisi e gestire anche la cocaina. Fu lui a spingere anche Pezzolato a lavorare con loro e non lavorare più con Vittorio Raso che era in Spagna. Quindi abbiamo iniziato a non lavorare più con Vittorio ma con Francesco Sforza che era pure lui in Spagna dove lavorava per gli Assisi».
Vincenzo Pasquino racconta poi della sua partenza per il Brasile, snodo cruciale si rivelerà per gli affari legati al narcotraffico e, soprattutto, per la sua carriera criminale. «Sono giunto in Brasile poiché c’erano stati dei problemi per dei carichi tra gli Assisi e Pino Grillo e Rocco Barbaro “U castano”, padre di Francesco detto “Salciccia”. Patrick diceva che loro avevano rubato un carico perché, dopo sei mesi, avevano detto che la merce era brutta e quindi non l’avevano pagata (…) si fecero diverse riunioni a Platì in particolare ne ricordo una in estate sulla montagna, ad Agosto 2017». A proposito di questo cruciale incontro, Pasquino racconta: «(…) si tenne perché era stato preso un carico di 49 o 53 kg di cocaina e Patrick Assisi aveva detto che era passato e invece era stato sequestrato al Porto di Gioia Tauro. La riunione si tenne presso la campagna di Pino Grillo nell’area di montagna, sopra Platì. Io non avevo il telefono con me, lo avevo lasciato a casa di mia moglie a Isca sullo Ionio (…) ricordo che mia moglie si arrabbiò perché era Ferragosto. Erano presenti Pino Grillo, Francesco Barbaro “Salciccia”, Pino Perre e quelli del mobilificio di cui non ricordo i nomi». Una riunione, spiega Pasquino, che non portò al risultato sperato. «(…) tanto che Patrick successivamente cancellò i contatti di tutti loro e fu a seguito di questa riunione che quindi Versaci e Assisi mi chiesero di venire qui in Brasile per aprire un canale indipendente rispetto alla linea precedente (…) tanto che era partito dal Brasile un carico da 200 kg di cocaina destinato a loro che invece mandò sul nostro canale». (g.curcio@corrierecal.it)
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