L’esordio in Italia dei pullmini «collettivi». La start up, ideata da 5 giovani milanesi, conta 5 van da 16 posti per viaggi economici e sicuri
Eleonora, studentessa 21enne, sale a bordo del pullmino a mezzanotte. Con lei, in viale Abruzzi, ci sono anche due amiche. «Andiamo ai Navigli per una serata», dicono a Ledjo, l’autista del van azzurro e giallo, che ha appena scaricato Alina due civici prima: «Ho fatto scaricare l’app anche ai miei amici. Mi hanno chiesto di fare foto, erano curiosi». «Abbiamo conosciuto Wayla su Instagram: ci tornava utile visto che c’è lo sciopero», racconta Eleonora, fuorisede bolognese. È venerdì sera. «È molto utile — continua la studentessa —. Un’opportunità in più per muoversi all’interno della città in sicurezza».
A chiunque si sia trovato fuori da un locale, una festa di laurea, una cena in compagnia o abbia finito a notte fonda di lavorare sarà capitato di chiedersi: «Come torno a casa?». Metrò chiusa, mezzi pubblici e taxi rarefatti, e il Radiobus di Atm mai davvero decollato. Una domanda dalla quale sono partiti anche cinque giovani milanesi: Carlo Bettini, Mario Ferretti, Niccolò Ferrari, Michele Quagliata e Alessandro Villa. Sono i cofounder di «Wayla» — unione di «way» (in inglese «direzione») e «là», che si legge alla milanese «uei là» — la prima start-up in Italia di van pooling. Pullmini condivisi da 16 posti che a chiamata raccolgono clienti, tra loro anche sconosciuti, in punti diversi di Milano ma con deviazioni entro i 15 minuti di viaggio.
I cinque ragazzi, amici prima e soci poi, ci tengono subito a chiare un concetto: nessuna competizione, «la start-up deve essere un’integrazione con gli altri mezzi della mobilità cittadina, deve essere complementare», spiega Ferretti. Servizi diversi, certo. «Ma il futuro sarà con sempre meno auto in giro». Il progetto è stato avviato all’interno della cerchia della «90» e «91», ma data la grande risposta si sta allargando: «Ci aspettavamo 5mila utenti entro fine anno, ma siamo a quasi 40mila download dell’app». Le zone più battute sono alcune di quelle al centro della vita notturna (il servizio, al momento, è attivo dal giovedì alla domenica dalle 19.30 alle 3). Quindi: Porta Venezia, Darsena, Garibaldi e Moscova. Lì è facile imbattersi in uno dei cinque minibus azzurri con la «W» gialla sulla fiancata. Ogni mezzo ha un nome. Ovviamente milanese. Per esempio, «ciapasù» o «scighera». Si prenota tramite app, al massimo con una settimana di anticipo, o pochi minuti prima della partenza magari non programmata. Date la domanda alta, non sempre la ricerca va a segno, ma i pullmini aumenteranno anche in alcune aree più periferiche, come Scalo Romana e l’intera Città Studi.
La tariffa è modulata in base ai chilometri da percorrere e al numero di persone che condividono la corsa. In gruppo si risparmia, ma in generale «è conveniente, comodo — si vede dall’app sia l’orario d’arrivo programmato sia la posizione del van — e poi sicuro», certifica Ferrari. Nelle prime settimane «sono arrivati messaggi di ringraziamento da genitori che ci dicevano di non dover più aspettare sapendo che sarebbero tornati a casa senza prendere l’auto», confidano i due cofounder.
La vita, però, dal 31 ottobre (giorno dell’esordio) è cambiata anche ai cinque ragazzi. Ma a prevalere è una «soluzione che piace e serve alla città in una fascia notturna “meno servita”», aggiunge Ferretti. La «torre di controllo» di Wayla è in zona Linate. Da lì — davanti a schermi che tengono tracce delle corse, delle prenotazioni, delle richieste soddisfatte e no — ogni sera due dei cinque ideatori rispondono ai clienti e intervengono laddove l’algoritmo si ferma: «Una volta ha chiamato una ragazza. Con due amiche doveva andare a teatro ma il “cervellone” le aveva inserite su tre diversi pullmini per efficientare. Abbiamo unito le corse», commenta Ferrari mentre consegna dei piccoli panettoni da una borsa di tela rossa a un giovane lavoratore che sale a bordo in corso di Porta Romana: «Mancava qualcosa del genere. C’era lo sciopero, non sapevo come rientrare a casa».
E se la missione di Wayla è di essere «per tutti» (a bordo salgono giovani studenti fuorisede, lavoratori, famiglie e anziani), la crescita della start-up passerà da alcune imprescindibili tappe. «I prossimi obiettivi devono essere estendere il servizio a ventiquattrore e ampliare le zone», spiega Ferrari. Traguardi che, vista la risposta degli utenti, puntano a «50 mezzi in città» che potrebbero proiettare i van azzurri, perché no, anche nell’hinterland.
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