Il racconto dall’ex fabbrica del Captagon, la droga del regime di Assad in Siria. Tra bidoni, impianti e guardie armate

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di
Andrea Nicastro

Bidoni di acido folico dalla Germania, quintali di un antistaminico come la difenidramina e di caffeina dall’India, sacchi di lattosio dalla Polonia: senza un esperto è impossibile dire se quel che si legge sulle etichette è vero o no

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DAL NOSTRO INVIATO
DAMASCO – Ai contadini della zona dicevano che la villa era occupata da iraniani, che era meglio girare alla larga per non insospettire i droni israeliani. In realtà, dentro un complesso pensato per essere una residenza elegante fuori Damasco, c’era una fabbrica di Captagon, la cocaina del terrorismo. Bidoni di acido folico dalla Germania, quintali di un antistaminico come la difenidramina e di caffeina dall’India, sacchi di lattosio dalla Polonia: senza un esperto è impossibile dire se quel che si legge sulle etichette è vero o no. Di fatto, le pastiglie di Captagon con il loro tipico marchietto delle «s» a specchio sono qui come le macchine per produrle e le piccole capsule di plastica in cui nasconderle per contrabbandarle.

Ci sono centinaia tra sacchi e bidoni e almeno una decina di macchinari sporchi, ma pronti all’uso. Strumenti più grossolani mescolavano gli ingredienti per poi via via passare i composti in apparecchi più sofisticati dove le dosi sembrano poter essere misurate con precisione. In questa villa bastavano poche persone a far la fortuna dei loro datori di lavoro. La materia prima per una pastiglia costa un dollaro mentre il prezzo medio sulle piazze di spaccio arabe è attorno ai 10 dollari e in Europa tra i 15 e i 20.




















































Gabanelli e Serafini hanno scritto sul Corriere che il giro d’affari di questa droga sintetica si avvicina a quello dei cartelli della droga messicani. In numeri qualcosa che oscilla tra i 5 e i 30 miliardi l’anno. Ossigeno per le disastrate casse del regime degli Assad e per i loro alleati libanesi di Hezbollah che si erano accaparrati l’80% del mercato. Prima della guerra civile la Siria con il suo Pil da 60 miliardi non era un Paese prospero, ma domenica, al momento della caduta della dittatura, si calcola che il Pil si fosse ridotto sotto i 10 miliardi: miseria vera. Il Paese è alla fame, non ha soldi per comprare la farina ed erano le donazioni russe di grano a salvarlo. Ora qualcun altro dovrà sostituire Mosca. Forse l’Ucraina, che ha già aiutato con il know how dei droni.

La Siria era (ed è) povera, poverissima, ma non il clan del dittatore. Gli Assad potevano contare su fabbriche di Captagon come quella scoperta dal Corriere a Yaafour, una trentina di chilometri dalla capitale, per alimentare la loro vita dispendiosa dove anche i garage per le loro auto di lusso avevano l’aria condizionata. Nella villa-fabbrica di Captagon ora fanno la guardia gli uomini di quello che è momentaneamente il nuovo padrone di Damasco, Ahmed al-Sharaa, più conosciuto col suo nome di battaglia al-Jolani. «Il dittatore Assad ha lasciato che la Siria diventasse il centro di produzione mondiale del Captagon, ma da adesso in poi voltiamo pagina», ha detto nel suo discorso per la vittoria alla Grande Moschea degli Omayyadi a Damasco. Assieme alla promessa di rispetto per le minoranze, la rinuncia ai guadagni da Captagon è uno dei passaggi essenziali della nuova Siria per essere accolta nella comunità internazionale e ricevere gli aiuti di cui ha bisogno.

Le minoranze e il silenzio sull’occupazione israeliana del Golan interessano agli Stati Uniti, la fine del Captagon «made in Siria» interessa ai vicini arabi. La piaga della dipendenza dalla «cocaina dei poveri» grava sulle loro società, in particolare nel Golfo. Chiudere tutte le fabbriche come questa permetterà ad al-Sharaa di chiedere aiuti in modo più credibile.

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15 dicembre 2024 ( modifica il 15 dicembre 2024 | 11:53)

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