Come è fatto l’Abisso Bueno Fonteno, il sistema di grotte inesplorate dove è intrappolata Ottavia Piana

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Da sabato 14 dicembre, la speleologa Ottavia Piana, 32 anni, è intrappolata a oltre 400 metri di profondità all’interno dell’Abisso Buon Fonteno, un sistema di grotte tra i più estesi d’Italia, pieno di bivi, cunicoli e canyon.

A destra foto delle operazioni di soccorso, a sinistra uno screen dalla mappa interattiva del Progetto Sebino

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Dalla sera di sabato 14 dicembre, Ottavia Piana, speleologa trentaduenne, si trova intrappolata all’interno della grotta Abisso Bueno Fonteno, sulla costa bergamasca del Lago d’Iseo, in Lombardia. La donna ha avuto un incidente mentre era impegnata con altri sette colleghi del progetto Sebino, che dai primi anni 2000, ovvero quando la grotta è stata scoperta, si occupa di studiare e mappare quella che è l’area carsica più estesa della provincia di Bergamo e tra le prime venti in Italia. La stessa speleologa aveva avuto un indicente simile a luglio 2023, quando era rimasta bloccata in un’insenatura a 150 metri di profondità all’interno della stessa grotta.

Da quanto ricostruito finora, Piana sarebbe scivolata mentre procedeva all’interno della grotta, precipitando da un’altezza di circa cinque metri, mentre si trovava a circa 400 metri di profondità. Ora è a circa tre chilometri dall’ingresso della grotta, a quattro ore dall’ingresso della grotta. A causa dell’urto, la donna avrebbe riportato diverse fratture e ferite. Anche a causa di queste,  le operazioni di soccorso per estrarla fuori dalla grotta sono piuttosto complesse, ma i soccorritori stanno lavorando h24 per garantirle assistenza e monitorare il suo stato di salute (nella mattina del 10 dicembre un medico e un infermiere si sono calati nella grotta per visitarla). Oltre alle difficoltà dovute all’incidente, le operazioni per tirarla fuori devono fare i conti anche con la struttura molto complessa dell’abisso, piena di canyon e stretti cunicoli.

Dove si trova e cos’è l’Abisso Bueno Fonteno

L’Abisso Bueno Fonteno si trova in una delle aree carsiche più estese d’Italia. Si estende infatti dal lago d’Endine al lago d’Iseo, si sviluppa sotto dodici comuni della provincia di Bergamo. Si estende per circa di 19 chilometri (almeno quelli censiti e mappati finora), con una profondità di circa 500 metri, all’interno della quale la luce è completamente assente e ci sono livelli umidità molto elevati.

Nell’immaginario comune, una grotta è semplicemente uno spazio che si apre sotto la roccia e in cui si può tranquillamente camminare attraverso passaggi sotterranei e corridoi nella roccia. Questa però è un’immagine molto semplificata della realtà, soprattutto se parliamo di un sistema vasto e complesso com’è l’Abisso Bueno Fonteno.

Quando Piana fu tratta in salvo nel luglio 2023, Corrado Camerini, il responsabile del Soccorso Speleologico Lombardia che aveva coordinato le operazioni, aveva spiegato a Fanpage.it che “questa grotta nello specifico è particolarmente ostile“, perché ci sono “tratti verticali e tratti orizzontali”, e sono proprio quest’ultimi a rappresentare l’ostacolo maggiore in caso di operazioni di salvataggio, specie se la persona coinvolta è rimasta ferita. Non dobbiamo infatti immaginare dei corridoi in cui si può comodamente camminare stando in piedi ma degli stretti cunicoli in cui a malapena ci si riesce a muovere strisciando: “pensate a un tunnel – aveva spiegato allora Camerini – dove per passare dovete muovervi strisciando, facendo pressione sulle pareti con entrambe le mani”.

Quando è stato scoperto

Un’area carsica è infatti un’area, superficiale o sotterranea, plasmata – spiega il Gruppo Mineralogico Paleontologico Euganeo – dall’azione delle acque meteoriche, sorgive e profonde su alcune tipologie di rocce, calcari, dolomie o evaporiti. L’azione dell’acqua scava quindi dei tunnel e dei passaggi che nell’insieme formano il sistema di grotte.

Nel caso specifico dell’Abisso Bueno Fonteno, il sistema è stato scoperto relativamente poco tempo fa, per questo ci sono ancora delle aree non completamente esplorate. La sua scoperta è avvenuta quasi casualmente: nel 2006 gli speleologi del Progetto Sebino si imbattono in un masso che impedisce loro di proseguire lungo un cunicolo ai bordi della Valle di Fonteno. Avvertono che da lì arriva un’aria gelida, il segnale – spiegano sul loro sito – che si trovano davanti all’ingresso di un abisso. “Abisso” è infatti un termine tecnico che indica un tratto di grotta a sviluppo verticale profondo almeno 100 metri.

Dentro il sistema di grotte

Dopo essere riusciti a procedere abbastanza facilmente attraverso qualche cunicolo, gli gli speleologi capiscono di essere davanti a “un gigantesco nuovo mondo sotterraneo”. Si trovano in una saletta dove si riesce a stare in piedi, da qui seguono il corso d’acqua che scorre all’interno per oltre mezzo chilometro. Man mano il corso si ingrossa e iniziano “diramazioni, bivi e vuoti minacciosamente grandi, sempre più grandi”. Solo dopo qualche mese di esplorazione, nell’inverno tra il 2006 e il 2007, gli speleologi individuano due “nuovi rami attivi” che arrivano a due fondi, entrambi a circa 450 metri di profondità (Fangul e Hysrospeed).

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All’interno vengono scoperti svariati corsi d’acqua, “che nei periodi piovosi diventano veri e propri canyon con torrente in piena” che si alternano a saloni che superano i 100 metri, spiega la Pro Loco La Collina. Per ora sono stati mappati 19 chilometri ma i lavori di esplorazione sono ancora in corso.





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