«Mi chiamo Fabiana e sono qui per presentare le trasmissioni della terza rete». Già il tono dell’annuncio aveva qualcosa di rivoluzionario, con quell’accentuazione sensuale che stabiliva una relazione diretta con il pubblico e così conferiva un’impronta identitaria immediata al progetto che stava per prendere forma. Erano le 18,30 di sabato 15 dicembre 1979, Fabiana aveva il cognome Udenio e chissà se immaginava, nell’emozione del momento, che le sue parole stavano per passare alla storia della televisione italiana. Nasceva così Raitre e mezz’ora dopo, in un orario destinato a diventare canonico e da allora mai toccato, andò in onda il primo Tg3: direttore Biagio Agnes, condirettore Sandro Curzi, dieci minuti di notizie nazionali e poi i collegamenti con le sedi regionali per altri venti dedicati all’informazione locale.
Se il 3 gennaio del 1954, con il debutto del servizio televisivo di Stato, si era avviato il processo che avrebbe consentito di ricompattare un Paese lacerato offrendo una possibilità di linguaggio e sistema di conoscenza comune, in quel sabato l’Italia imparava a guardarsi nel particolare, a osservarsi nella sua complessità, a raccontarsi a partire dalla periferia per arrivare al centro. L’intuizione, cioè, che aveva alimentato l’utopia concreta dell’artefice di una simile operazione: Biagio Agnes.
A quarantacinque anni di distanza, Simona Agnes, la figlia, ricorda il 15 dicembre 1979 come un avvenimento fissato in maniera «indelebile» nella vicenda della Rai e nella trama della propria famiglia. Lo fa perché mossa dall’impulso di sottolineare il ricorrere di un anniversario segnato nel calendario civile nazionale, trovandosi in una momento in cui è stata indicata per cogliere l’occasione di riallacciarsi all’esperienza del padre. Biagio Agnes, dopo essere stato inventore e guida di Raitre dal 1982 al 1990 fu direttore generale di Viale Mazzini, incarico ricoperto in una fase di straordinarie innovazioni, misurandosi con le sperimentazioni delle moderne tecnologie e con la presenza competitiva delle televisioni private commerciali, il gruppo Fininvest innanzitutto.
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Soltanto nei 13 anni della gestione di Ettore Bernabei, dal 1961 al 1974, si riesce a trovare un periodo di assolute mutazioni e una capacità di affrontarle con uguale cifra e eccezionali risultati. Oggi Simona Agnes è consigliere di amministrazione della Rai e candidata alla presidenza dell’ente. Designata dal cda ormai dal primo ottobre, la nomina deve passare al vaglio della commissione di vigilanza con una maggioranza qualificata dei due terzi. In una fase che permane di blocco politico, la Agnes rivenda orgogliosamente un’appartenenza filiale che assume il significato di un gesto che la riconnette all’idea e alle responsabilità di servizio pubblico ereditata dal padre.
Esattamente lo stesso concetto ribadito dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio agli stati generali della Rai, quando riportava all’attenzione di tutti la missione di essere una fonte affidabile e autorevole per i cittadini e «cornice di libertà e spazio di inclusione dove originalità, professionalità, innovazione, pluralismo e non spartizione possano continuare a dispiegarsi senza abusi».
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«Sono queste le motivazioni che sostengono lo spirito di servizio che mi anima e che, per storia professionale, personale e familiare, ha animato e animerà quotidianamente il mio impegno per questa azienda», afferma Simona Agnes. La lezione del padre è stata di lavorare per la Rai e quasi mezzo secolo dopo ciò vuol dire – precisa – fare parte di una grande squadra, che lavora insieme – con visioni a volte anche diverse, come è giusto che sia – ma «con l’unico scopo di sostenere il ruolo del servizio pubblico. La sfida per tutti noi è realizzare una Rai protagonista dei cambiamenti che la società, i cittadini, i nostri abbonati ci chiedono e che la tecnologia, il mercato, ci impongono. Una trasformazione fondamentale per garantire competitività e autorevolezza alla principale azienda culturale del Paese». Per queste ragioni lei si dice «a disposizione per svolgere con la massima serietà e professionalità questo incarico nel pieno rispetto del mandato e del pluralismo e degli orientamenti della commissione parlamentare di Vigilanza. Sarebbe per me un onore svolgere un ruolo di garanzia, nei confronti di tutti con profondo e convinto spirito di servizio come prima di me ha fatto mio padre, Biagio Agnes che ha dedicato la sua vita alla Rai».
Moglie, amante, compagna è il titolo che lui diede al libro – scritto con Antonio Mazza – in cui raccontava la sua passione. Giornalista formatosi nella sua Irpinia – era nato a Serino il 25 luglio 1928, scomparso il 30 maggio 2011 -, Biagio Agnes entrò in Rai nel 1958 per rimanervi fino al passaggio alla Stet nel 1990. Dalla sede di Cagliari salì i gradini di una carriera che lo portò al giornale radio e al tg. Definì un impianto di informazione basato sul pluralismo e sulla qualità che gli valse unanime stima dal versante politico. Dopo la creazione del Tg3, le trasmissioni di approfondimento e divulgazione – «Check up» dedicata alla medicina, ne è l’esempio principale – , lo sviluppo di Televideo, l’utilizzo del satellite e dell’alta definizione, la costruzione della sede di Saxa Rubra. Tutto nella convinzione che il primato del servizio pubblico, specie nell’informazione, sia una priorità da difendere. Un valore che resta assoluto.
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