Enea sta lavorando all’ottimizzazione della reazione chimica che permetterebbe la progettazione di un prototipo di sistema di accumulo che utilizza lo zolfo invece dell’idrogeno per stoccare l’energia prodotta da impianti solari a concentrazione
Il progetto Sulphurreal nasce dall’esigenza di accumulare energia, termica o elettrica, attraverso i solar fuel, sostituendo l’idrogeno – che offre vantaggi se utilizzato come vettore per la decarbonizzazione, ma ha qualche criticità per il trasporto e lo stoccaggio – con lo zolfo, elemento solido che non presenta difficoltà di trasporto e conservazione.
Dietro al progetto c’è un consorzio di enti e aziende europee che comprende cinque centri di ricerca (German Aerospace Center che è il coordinatore del progetto; Centre for Research & Technology Hellas, Grecia; Agenzia per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, Italia; Karlsruhe Institute of Technology, Germania; Rise Research Institutes of Sweden); due università (University of Patras, Department of Chemical Engineering, Grecia; Trinity College, University of Dublin, Irlanda), una startup innovativa (ExoMatter, Germania); Saint-Gobain, Francia, azienda multinazionale specializzata in catalisi industriale.
Passare dall’idrogeno allo zolfo per accumulare energia
Anche lo zolfo, tuttavia, ha le sue problematiche perchè la sua combustione produce un gas tossico e inquinante, il biossido di zolfo (SO2, detto anche anidride solforosa): ed è qui che entra in gioco la ricerca che Enea sta svolgendo nei laboratori del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili del Centro Ricerche Casaccia (Roma).
Si studia infatti come utilizzare l’energia prodotta dal solare a concentrazione per attivare ciclicamente una serie di reazioni chimiche basate su acido solforico e zolfo e/o materie prime a base di zolfo, che possono provenire anche da processi industriali su larga scala.
Nel prototipo realizzato da Enea, l’acido solforico viene fatto evaporare per poi decomporlo in sequenza in biossido di zolfo e ossigeno, grazie al calore di una fonte di irradiazione solare a concentrazione.
La SO2 ricavata, che non viene emessa nell’atmosfera, reagisce con l’acqua per produrre acido solforico e zolfo elementare che, a sua volta, immagazzina una parte significativa dell’energia solare utilizzata per decomporre l’acido solforico.
Lo zolfo così ottenuto potrà essere bruciato successivamente per rilasciare l’energia solare immagazzinata. La soluzione a cui sta lavorando Enea e che presenta i vantaggi maggiori è l’uso di un elettrolizzatore all’interno del quale, con un voltaggio inferiore a 1 volt per produrre zolfo al catodo e una soluzione di acido solforico all’anodo, lo zolfo può essere separato per filtrazione.
A Salvatore Sau, ricercatore del Laboratorio energia e accumulo termico di Enea, abbiamo rivolto alcune domande per comprendere meglio il progetto Sulphurreal, che da prototipo sperimentale vuole passare ora a impianto su scala di laboratorio.
Quanto tempo occorrerà per realizzare un impianto di laboratorio e testare questo nuovo sistema di accumulo?
Attualmente la prima parte del progetto sta venendo revisionata dalla Commissione europea, il proseguo è previsto per i prossimi due anni entro i quali bisognerà realizzare, nei centri dei diversi partner del consorzio, il sistema sperimentale su scala di laboratorio.
Successivamente, sarete in grado di prevedere tempi per prodotti su scala industriale?
Una parte del progetto europeo Sulphurreal è proprio dedicata alla valutazione tecnico-economica e di fattibilità, ma anche alle possibilità di explotation di questa tecnologia. Questa informazione sarà quindi disponibile alla fine del progetto stesso.
Quali sono i principali benefici di questo sistema? Minori costi, maggiore capacità di accumulo, velocità di carica…
In linea di principio, l’idea è quella di accumulare energia rinnovabile in un combustibile solido (lo zolfo) virtualmente più facilmente stoccabile e trasportabile dell’idrogeno.
In questo modo lo zolfo può venire prodotto in zone e periodi dell’anno che presentano un elevato irraggiamento solare. Successivamente, quando necessario, questo materiale si può ossidare ad anidride solforosa (con totale contenimento di quest’ultima, che verrà reinserita nel ciclo), con ottenimento di calore da utilizzare, per esempio, per produrre elettricità con alta efficienza.
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