La transizione energetica globale ha posto i minerali critici al centro delle strategie industriali, trasformandoli in risorse imprescindibili per tecnologie avanzate come le batterie al litio e i veicoli elettrici. In questo scenario, il Nord Est italiano, con il suo tessuto industriale dinamico, emerge come protagonista, affrontando sfide legate alla sostenibilità e alla riduzione della dipendenza dai fornitori esteri. Legata alle materie prime critiche, nel quadrante nordorientale italiano, ci sarebbe una filiera potenzialmente di circa 3 miliardi di ricavi. Un gruppo di aziende che fa utilizzo intenso di questi materiali, che sono ovunque nell’industria, e che studia soluzioni produttive avanzate.
La situazione delle miniere
In totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 delle quali relative a materiali inclusi nell’elenco delle 34 materie prime critiche della Ue. Secondo i dati forniti dall’Ispra, l’Italia vanta risorse potenziali significative. Miniere di fluorite e feldspato rappresentano le uniche risorse coltivate al momento, ma altre materie prime critiche come litio e terre rare potrebbero essere estratte con nuove tecnologie.
L’estrazione di minerali metalliferi, che rappresentano la maggior parte dei materiali critici, ha interessato circa 900 siti ed è attualmente inesistente. In Italia non vengono, per ora, estratti Critical Raw Materials metallici e per la loro fornitura il nostro paese è totalmente dipendente dai mercati esteri. Alla luce delle nuove tecniche di esplorazione e dell’andamento dei prezzi di mercato, molti dei depositi conosciuti andrebbero rivalutati.
La spinta delle imprese
Depositi di rame, minerale essenziale per tutte le moderne tecnologie, sono già noti in Trentino, Veneto e Carnia e i sali magnesiaci sono noti nelle Prealpi venete. Tra i materiali critici non metalliferi, depositi significativi di barite, importante minerale per l’industria cartaria, chimica e meccanica, sono localizzati nel Bergamasco, nel Bresciano e in Trentino.
La gestione dei minerali critici è una priorità che si distingue per un’intensa attività di ricerca e innovazione. «L’Europa fatica a garantirsi l’accesso alle materie critiche, mentre la Cina continua a dominare la produzione e il controllo delle filiere. L’Unione europea, consapevole del rischio, sta lavorando per stabilire regole comuni a livello globale. Tuttavia, per ridurre la dipendenza dall’estero, sarà cruciale investire in tecnologie per il riciclo e nella creazione di filiere interne» spiega Filippo Girardi, CEO di Midac Batteries.
A Soave il gruppo veronese sta dunque costruendo un impianto pilota per il riciclo di batterie al litio. Con l’obiettivo, dopo la fase di test sul processo, di procedere all’industrializzazione e aumentarne la scala. Il progetto punta a promuovere l’economia circolare utilizzando materie prime riciclate da batterie esauste. Midac ha avviato lo sviluppo, anche con il contributo tecnologico di Enel X, del primo grande impianto italiano per il recupero delle batterie al litio capace di riciclare oltre 80% del contenuto delle batterie a fine vita, con l’obiettivo di creare una filiera europea sostenibile.
Il progetto è stato co-finanziato dalla Comunità europea e l’investimento complessivo di 130 milioni di Midac si avvarrà di 30 milioni, finanziati, destinati a colmare il funding gap. «Vogliamo sviluppare attività legate alla seconda vita delle batterie al litio, concentrandoci sul riciclo del litio, uno dei materiali critici per il futuro» dice Girardi.
La Cina, attualmente leader nella produzione e lavorazione del litio, controlla la maggior parte della filiera globale delle materie prime critiche. «Questo rappresenta una sfida importante per l’Europa, che deve accelerare gli investimenti per ridurre la dipendenza da attori esterni e sviluppare una filiera autonoma e sostenibile» prosegue. La capacità iniziale sarà ridotta, ma rappresenta un passaggio cruciale per verificare la sostenibilità economica del processo di riciclo e pianificare futuri ampliamenti. «L’attuale tecnologia riesce a recuperare circa 40% dei materiali contenuti in una batteria al litio, ma il nostro obiettivo è ottimizzare questa percentuale e ampliare almeno all’80% il recupero con attenzione a materiali come manganese e cobalto», precisa Girardi. L’impianto pilota prevede l’avvio di una parte delle operazioni entro l’estate del 2025, con la piena operatività prevista entro la fine dello stesso anno. Questo progetto punta non solo a migliorare il recupero dei materiali critici, ma anche a contribuire alla costruzione di un modello europeo di economia circolare.
Lo scenario globale e le criticità
Il litio è una delle risorse più strategiche per la transizione energetica. Tuttavia, la Cina controlla gran parte della filiera globale delle materie prime critiche, generando una forte dipendenza europea. Paolo Nimis, professore di Georisorse minerarie presso l’Università di Padova, sottolinea: «Di molti giacimenti minerari italiani non è ancora del tutto noto l’effettivo potenziale. Le ultime prospezioni sistematiche risalgono agli anni Novanta. È fondamentale accelerare l’esplorazione e la valutazione delle risorse per affrontare la crescente domanda di materiali critici». Secondo Nimis, è cruciale perseguire due strategie complementari: «Da un lato, il riciclo di materiali può essere una soluzione per alcune materie prime, ma non sempre sono disponibili le tecnologie necessarie, oppure i costi risultano troppo elevati, oppure i materiali sono “bloccati” in prodotti di lunga durata. Dall’altro, è inevitabile continuare a fare affidamento su risorse primarie, soprattutto per soddisfare la crescente domanda di materiali legata alla transizione energetica».
La filiera del Nord Est
Secondo un’analisi di Adacta Advisory, la filiera delle terre rare nel Nord Est coinvolge quasi 300 aziende tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Queste imprese generano un fatturato aggregato di circa 3 miliardi di euro, con un Ebitda superiore a mezzo miliardo. Nel 2019, il settore registrava ricavi per poco più di 2 miliardi di euro e un Ebitda aggregato di 377 milioni. Questa crescita riflette il crescente interesse per le risorse strategiche e le opportunità offerte dalla transizione energetica.
I casi non mancano: a Montecchio Maggiore, Fiamm Energy Technology produce batterie al piombo per autoveicoli e applicazioni industriali, pur avendo avviato lo sviluppo di prodotti al litio. A Porto Marghera, Alkeemia prevede di investire circa 100 milioni di euro per avviare entro il 2027 la produzione di sali di litio, fondamentali per le batterie dei veicoli elettrici. A Padova, FuturaSun ha acquisito un’area di 24 mila metri quadri per realizzare una gigafactory italiana, destinata a produrre fino a 2 GW/anno di moduli fotovoltaici ad alta efficienza.
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