cronaca di un abbraccio (oscurato) in alto mare

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Un’operazione di soccorso dei volontari della Ocean Viking – Ansa

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Un abbraccio in alto mare. Un abbraccio per salvare. Da un lato la motovedetta Cp311 della Guardia costiera. Dall’altro i “rib”, i gommoni veloci della Ocean Viking della Ong Sos Mediterranée. In mezzo un piccolo peschereccio in metallo, stracarico di 129 migranti afghani e iraniani, 43 minori, uno di un mese, 43 donne, due incinte. Le immagini sono drammatiche, le forti onde fanno ondeggiare paurosamente questo abbraccio. Ma l’abbraccio salva. La motovedetta protegge da vento e onde, i “rib” lanciano giubbotti salvagente e un po’ alla volta trasbordano i migranti. È la legge del mare, non scritta in una norma ma nel cuore di tutti i marinai, militari e civili. Sembra una bella storia. Anche se mancano comunicati ufficiali, solo i post e le immagini della Ong. Non si deve sapere di questa positiva collaborazione? Forse perché il finale è diverso, tutt’altro che bello.

La Ocean Viking dopo un soccorso di 44 migranti nel mare di Lampedusa venerdì scorso, era stata spedita a Ravenna. L’ennesima scelta assurda, ingiusta e punitiva di Roma. Mentre sabato naviga nello Jonio a 70 miglia dalla costa calabrese, le autorità italiane chiedono che intervenga per soccorrere il peschereccio. È quel coordinamento non raro, perché in mare si collabora per salvare, anche se a Roma le Ong sono accusate e penalizzate. Nasce così quell’abbraccio. Ma poi quello che sarebbe ovvio non avviene. Malgrado la Ong sia intervenuta su richiesta e sotto il coordinamento italiano, niente sbarco nel porto più vicino, malgrado tante donne e bambini, malgrado casi di ipotermia, malgrado siano in mare da sei giorni, lungo la rotta turca. Anche i 129 devono andare a Ravenna, almeno altri tre giorni di navigazione col tempo in peggioramento. Dalla Ocean Viking si chiede più volte un porto in Calabria. Niente da fare. Da Roma dicono di no. E quell’abbraccio si trasforma nell’ennesimo muro.

Nelle stesse ore il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intervenendo ad Atreju, la festa di Fdi, torna a difendere l’operazione in Albania e ancora una volta confronta i costi con quelli dell’operazione Mare nostrum. «L’operazione in Albania ha una copertura massima di 134 milioni l’anno. Mare nostrum, tanto decantata da alcuni, costò 110 milioni in un anno per portare in Italia 156 mila immigrati irregolari». Gli stessi “irregolari” che poche ore prima i marinai della Guardia costiera assieme ai volontari della Ong hanno salvato da un quasi certo naufragio. Ricordiamo, anche al ministro, che Mare nostrum venne decisa dal governo guidato da Enrico Letta dopo l’affondamento il 3 ottobre 2013, a poche miglia da Lampedusa, di un barcone stracarico di migranti proveniente dalla Libia. Ne muoiono 368, si salvano in 155, circa 20 i dispersi. Una tragedia simbolo, al punto che il 3 ottobre diventa per legge “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”. Ma soprattutto si decise di rafforzare il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia, con una missione militare e umanitaria per prestare soccorso ai migranti, prima che potessero ripetersi altre tragedie, ma anche per combattere meglio i trafficanti di uomini.

Durò fino al 31 ottobre 2014, mettendo in mare cinque navi militari, supportare da aerei, elicotteri e droni che realizzarono 558 interventi, soccorrendo oltre 100mila migranti, e arrestando più di 700 scafisti. Costo dell’operazione circa 120 milioni. Soldi spesi bene, che hanno salvato migliaia di vite umane. Invece Piantedosi li confronta coi soldi spesi non per salvare ma per deportare 16 persone in Albania e poi riportarle in Italia. Oltretutto, lo ripetiamo, Mare nostrum vide protagonisti navi e aerei militari, non Ong. Certo, salvare ha un costo ma non salvare ne ha uno più importante, la vita. Invece il Governo facendo sbarcare le navi delle Ong in porti lontani, le tiene lontane dall’area dei soccorsi. E lascia campo libero alla cosiddetta guardia costiera libica che quest’anno ha riportato a terra ben 21mila persone e sappiamo bene dove, lager, torture, violenze. Col risultato che i naufragi aumentano, come ricorda sempre Papa Francesco dicendo che «mare nostrum è ormai diventato mare mortuum». Ma per fortuna c’è chi in mare continua ad “abbracciare”.





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