L’avvertimento del sindaco, anche Zaia irritato col governo: «La città non è un luna park»
Da 28 a (forse) 5 milioni nel volgere di una legislatura: sull’inadeguato finanziamento della Legge speciale per Venezia, il sindaco Luigi Brugnaro minaccia di fare causa al governo.
Servono più soldi
«La legge dice che lo Stato ha il dovere di finanziare la salvaguardia — scandisce —. Potremmo anche fare causa allo Stato, cioè Venezia fa causa allo Stato. Vediamo chi non la firma». Con l’inizio del nuovo anno si esauriscono i fondi stanziati nel 2017 dall’allora governo Gentiloni: in tutto 285 milioni erogati in tranche annuali di circa 40 milioni di cui 28 per la città di Venezia. La Legge speciale del 1973 nata dopo l’acqua granda del 1966 dice che la città è «questione di preminente interesse nazionale». E a questo si riferisce Brugnaro, quando parla di dovere di finanziarla. Venezia è un privilegio ma anche un gigantesco accollo: se non si vuole che si schianti contro turismo, cambiamenti climatici, palazzi che si ammalorano e rive schiaffeggiate dal moto ondoso, ci si devono investire dei soldi.
Il Mose e la percezione
Però ogni volta è una pena: siccome sul Mose sono stati spesi 6 miliardi, la percezione collettiva nel Paese e nelle Camere è che lo Stato abbia già assolto il compito. È dal 2020 che il consiglio comunale approva all’unanimità mozioni che chiedono 150 milioni l’anno, pochi giorni fa lo ha fatto anche il consiglio regionale. Eppure, fino a venerdì la Legge di stabilità del governo Meloni non aveva messo un euro su Venezia e la sua laguna. Poi è comparso un emendamento della relatrice della Lega in commissione Bilancio, Silvana Andreina Comaroli, che stanzia 5 milioni. Il 3 per cento dei 150 chiesti. «Una vergogna, una miseria», si indigna dal Pd Martella. La Lega, che sui social aveva suonato la fanfara per l’interesse di Salvini e Giorgetti, in queste ore sta cercando di far lievitare la cifra ma senza farla transitare per il Comune: eventuali, ulteriori fondi solo per finanziare l’Autorità della laguna, ente che eredita in parte competenze, personale e fondi da Provveditorato, Consorzio Venezia Nuova e società controllate. Il messaggio è chiaro: niente finanziamenti diretti al Comune. Ieri sera i salviniani si sono riuniti per fare in punto ed evitare che quello lanciato a Brugnaro, sia un boomerang che torni indietro. Perché il sindaco di Venezia si è adontato: «Salvare Venezia è un vantaggio per l’Italia perché è un bene inestimabile dell’umanità. E non è un caso che Venezia raccolga milioni di persone che vogliono vederla. Persone che poi girano il Paese, comprano i nostri prodotti — ricorda —. È un bene da tutelare anche per interesse dello Stato italiano: la città va assolutamente aiutata. Ho dovuto parlare quattro ore in consiglio per arrivare a una unità: si fa fatica ad andare insieme. L’interesse pubblico invece deve essere di tutti: lo dico all’Italia intera».
Le inadempienze
La minaccia di fare causa per inadempienza alla legge del 1973 è l’ovvia didascalia. Ma il problema non è l’opposizione, che tra Luana Zanella (Avs) e Piero Fassino (Pd) ha cercato di incrementare la cifra per la salvaguardia. Anche il presidente Luca Zaia ha preso male il downgrading della manovra sul capoluogo. «Roma deve interrompere la sua percezione di Venezia come un luna park, un luogo di divertimento dei turisti — ha sillabato —. Siamo la porta di ingresso del mondo, Venezia è un biglietto da visita internazionale, non c’è cittadino del mondo che non voglia almeno una volta nella sua vita visitare Venezia. Spero che a Roma si capisca che non è il luna park dei turisti ma è una grande opportunità per il Paese e la comunità mondiale intera. Cinque milioni? Non sono niente, quasi nulla. Le esigenze di Venezia sono importanti: se non investi oggi nella prevenzione di minima, dovremo spendere molto di più quando sarà troppo tardi». Un discorso dal presidente del Veneto con più di una eco alle vibrazioni che emana come quotatissimo prossimo candidato sindaco di Venezia. Non è solo comunicazione.
L’esame di bilancio
Martedì a Ca’ Farsetti inizia l’esame del bilancio di previsione 2025-2027 e quei 28 milioni mancanti di Legge speciale sono un grattacapo. I 5 stanziati dall’emendamento ispirato dal governo non sistemano i conti per Brugnaro né per gli eventuali successori. La dialettica nella Lega è la chiave di volta. Il voto in commissione Bilancio alla Camera andrà avanti con voti in notturna fino a mercoledì. Sulla questione, da giorni non interviene il partito della premier, Fratelli d’Italia.
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