Lazio – Infiltrazioni mafiose: quasi 20.000 aziende a rischio. Impennata delle estorsioni. Ecco il dossier della CGIA

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(di Cesidio Vano) Le mafie sono la 4ª industria del Paese. In Italia sono 150mila le aziende a rischio infiltrazione.

Il volume d’affari annuo delle mafie italiane (Camorra, Cosa Nostra, Ndrangheta, Sacra Corona Unita, Mafia nigeriana, organizzazioni criminali provenienti dall’Europa dell’est, etc.) si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil.

Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di “dimensionare” la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi).

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A rivelarlo è una ricerca condotta dall’Ufficio studi della CGIA. “Va altresì segnalato che il dato relativo al giro d’affari delle organizzazioni criminali di stampo mafioso – si legge nel dossier – è

certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale”.

Come detto all’inizio, su 5.078.802 aziende che hanno sede in Italia, si stima che 150.000 siano potenzialmente prossime a contesti di criminalità organizzata. Va precisato che la stima è costruita sulla base delle informazioni presenti nel documento “Rapporto Annuale 2020 – Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia”, Roma maggio 2021. Partendo dalle informazioni di pag. 47-48 si è applicato l’intervallo medio della percentuale di imprese potenzialmente connesse a contesti di criminalità organizzata di ciascuna provincia con i dati del totale sedi d’impresa (attive al 30/11/2024, disponibili per 105 province, fonte camerale), riquadrando ciascun risultato con il dato nazionale indicato nel Rapporto (circa 150 mila imprese potenzialmente connesse a contesti di criminalità organizzata).

MAFIE NEL LAZIO
È Roma, con 335.534 imprese ad essere la seconda provincia italiana (la prima è Napoli) con maggior rischio di ‘contaminazione’ criminale. La stima fatta dalla Cgia, infatti, calcola 16.716 aziende potenzialmente prossime a contesti criminali.

Dopo Roma, si colloca al 25esimo posto (su 105 province) quella di Latina, che a fronte di 47.344 sedi di imprese, se ne stimano a rischio mafioso 1.310.

Terzo posto regionale va alla provincia di Frosinone, che nella classifica nazionale è 29esima: qui le imprese risultano essere 39.264 e quelle a rischio 1.087.

Si deve poi scorrere alungo la calssifica per trovare le altre due province del Lazio: al 62esimo posto c’è Viterbo con 32.506 imprese e 540 di queste stimate potenzialmente prossime a contesti di criminalità organizzata.

Mentre Rieti è al 103esimo posto nazionale con 12.775 sedi di imprese e 71 di queste ritenute a rischio infiltrazioni.

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Nel complesso, la regione Lazio è la seconda in Italia (dopo il Trentino Alto Adige) per la crescita di denunce per estorsione fatta registrare negli ultimi 10 anni.

Nel dettaglio, nel 2013 le denunce presentate erano 644, nel 2023 sono diventate 1.464, cioè 820 in più per una crescita percentuale pari al 127,3. Un risultato dovuto alla partecipazione di tutte le province che hanno visto, ovviamente, a loro volta aumentare il numero di denunce pre estorsione presentate all’Autorità giudiziaria.

Anche in questo caso è Roma a primeggiare nel Lazio (nella classifica nazionale è però ‘solo’ 13esima): nel 2013 le denunce presentate erano state 448, dieci anni dopo (2023) sono state 1.204 ben 756 in più per una crescita del 168,8%.

Segue Latina con 45 denunce in più presentate in 10 anni (2013-2023): si è passati infatti da 71 denunce per estorsione a 116 (+63,4%). 53esima su 105 province italiane censite.

Quindi è la volta della provincia di Rieti (60esimo posto in Italia). In 10 anni le denunce sono passate dalle 13 presentate nel 2013 alle 20 presentate nel 2023: +7 in termini assoluti, +53,8 in percentuale.

Ottantunesimo posto per la provincia di Frosinone a livello nazionale (e quarta ne Lazio) che nel 2013 aveva visto presentate 64 denunce, nel 2023 sono diventate 74, quindi 10 in più con una crescita del 15,6%.

Chiude la classifica regionale, la provincia di Viterbo, che a livello nazionale è al 93esimo posto su 105: nel 2013 erano state presentate 47 denunce, dieci anni dopo 49, solo 2 in più, con una crescita percentuale del 4,3.

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IL DOSSIER
In Italia sono 150mila le imprese nell’“orbita” della criminalità organizzata In virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia – struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata.

Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria.

Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso

NAPOLI, ROMA, MILANO, CASERTA E BRESCIA LE REALTÀ PIÙ A RISCHIO
Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, scorgiamo che sono le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane.

A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità. In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34 per cento circa delle imprese a rischio in tutto il Paese. Seguono Caserta con 5.873 imprese, Brescia con 4.043, Palermo con 4.016, Salerno con 3.862, Bari con 3.358 e Catania con 3.291.

BOOM DI DENUNCE PER ESTORSIONE
In questi ultimi anni l’estorsione è uno dei pochi reati che ha registrato un forte aumento del numero delle denunce.

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Negli ultimi dieci anni, infatti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’Autorità giudiziaria per estorsione sono aumentati del 66,2 per cento, mentre il complesso di tutti i delitti denunciati sono scesi del 19 per cento, passando da 2,89 milioni del 2013 a 2,34 milioni del 2023.

E in particolar modo al Nord, fa sapere la Direzione Investigativa Antimafia, il fenomeno estorsivo si sta diffondendo senza ricorrere più a minacce esplicite e men che meno all’uso della violenza, ma cercando una specie di “complicità” con le vittime, imponendo, ad esempio, l’assunzione di personale o fornendo altre tipologie di servizi/forniture.

Oppure, proponendo alle imprese soluzioni “condivise” con reciproci vantaggi, come l’attività di fatturazione per operazioni inesistenti, ove le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’IVA che poi deve essere versata all’erario dal committente. Consentendo così a quest’ultimo di onorare l’adempimento fiscale e al contempo di occultare la richiesta estorsiva di denaro.





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