Un’agricoltura sempre più verde – la Repubblica

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Limitare le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per poi raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Un obiettivo con cui l’Europa punta a diventare il primo continente sostenibile al mondo, che chiama tutti i settori a fare la loro parte compresa l’agricoltura. Secondo i dati del Wwf, il settore è infatti responsabile del 35% delle emissioni di anidride carbonica a livello globale. Inoltre, la produzione di cibo consuma intorno al 70% delle risorse mondiali di acqua dolce e il problema è destinato ad acuirsi, considerato che le ultime proiezioni delle Nazioni Unite indicano che la popolazione mondiale continuerà a crescere nei prossimi 60 anni.

Il secondo rapporto “Agricoltura tra innovazione e sostenibilità”, realizzato dall’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of Management in partnership con Crédit Agricole Italia, approfondisce come il settore si è attivato per rendersi più green. “Le aziende agricole italiane sono sempre di più un attore consapevole e dinamico in termini di sostenibilità”, sottolinea Vittorio Ratto, vicedirettore generale di Crédit Agricole Italia. “La nostra ricerca con Sda Bocconi dimostra che il 17% del campione di aziende zootecniche coinvolte nell’indagine ha avviato un percorso di riduzione delle emissioni in un’ottica di transizione energetica, realizzando impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabile. Questa quota risulta addirittura vicina al 50% se allarghiamo il perimetro del campione alle aziende agricole italiane multifunzionali”. Proprio il concetto di multifunzionalità ha acquisito un peso crescente negli ultimi anni, a indicare un tipo di agricoltura che, oltre a produrre beni alimentari, è in grado di fornire servizi secondari, utili alla collettività. Ad esempio, sono aziende agricole multifunzionali quelle che diventano fattorie didattiche o sociali, che riqualificano le aree verdi e l’ambiente circostante. O, ancora, che gestiscono la forestazione o che contribuiscono alla crescita turistica delle aree rurali generando offerta e occupazione. “I numeri del biologico sono altrettanto in crescita, coinvolgendo ormai 2,3 milioni di ettari, con quasi 95 mila operatori”, aggiunge Ratto. L’indagine evidenzia la crescita dell’agricoltura rigenerativa (AR) come nuovo modello di produzione. Quest’ultima è un insieme di tecniche che impiega fertilizzanti organici e punta a razionalizzare le risorse, nutrire in modo corretto le piante, senza impoverire i suoli, diminuendo le emissioni e l’impatto sulla biodiversità.

In questo scenario, sottolinea Ratto, la finanza può agire da innesco per attivare pratiche virtuose nelle attività agricole tradizionali. Per accompagnare le aziende agricole impegnate nella transizione green, Crédit Agricole Italia ha creato una rete di oltre 250 professionisti sul territorio, 22 poli affari verdi e una filiera creditizia dedicata.

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“L’agricoltura è nel nostro dna da sempre”, spiega Ratto. “Siamo al fianco delle aziende agricole con prodotti specifici dedicati agli investimenti in transizione energetica”, prosegue. “Un esempio è il nostro Agri Energia, pensato per mettere a terra i progetti dei bandi Pnrr su agrisolare, agrivoltaico e biometano. E soprattutto cerchiamo di essere a fianco degli imprenditori con le nostre persone e i nostri specialisti per cogliere le sfide legate alla sostenibilità e per capire come adeguarsi agli standard europei (European Sustainability Reporting Standards)”. Quest’anno il settore agricolo e agroalimentare hanno beneficiato di erogazioni dal gruppo per un miliardo di euro. L’obiettivo principale è di proseguire su questa strada (l’istituto ha lanciato un nuovo plafond di tre miliardi)e rafforzare il sostegno al settore anche in sinergia con investimenti legati a contratti di filiera, bandi agrivoltaico e agrisolare. “Un grande apporto, per esempio”, osserva Ratto, “riteniamo possa venire dai tanti progetti di impianti a biometano, dove il nostro partenariato con il Consorzio Italiano Biogas pone le premesse per un posizionamento ottimale in questo ambito”. Lo studio ha infine analizzato e mappato la presenza giovanile nel settore agricolo. I risultati dicono che i giovani sono alla guida di aziende più piccole della media, ma con una forte vocazione innovativa: nel 33% dei casi sono biologiche, nel 24% sono considerate innovative, ovvero hanno prodotti o modalità di presenza sul mercato del tutto originali. Per questo, conclude Ratto, “una delle sfide per il settore è di favorire e accelerare il ricambio generazionale, considerato che il futuro dell’agricoltura è legato alla crescita delle aziende condotte da giovani”.



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