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  Giovedì 19 dicembre a Cagliari, viale Trento sarà il teatro di una mobilitazione cruciale per il futuro della pesca lagunare in Sardegna. Cooperative, associazioni e lavoratori del settore manifesteranno per richiamare l’attenzione su un comparto essenziale per l’economia regionale, ma sempre più schiacciato da problemi strutturali, normative inadeguate e un disinteresse istituzionale che rischia di compromettere definitivamente il fragile equilibrio delle lagune sarde.

La pesca lagunare non è un semplice settore economico: è un microcosmo che intreccia tradizioni secolari, complessi ecosistemi naturali e il sostentamento di migliaia di famiglie. Le 24 lagune della Sardegna, distribuite su oltre 10.000 ettari di territorio, rappresentano una risorsa insostituibile. Le cooperative ittiche che le gestiscono, circa 20 in tutta l’isola, danno lavoro a oltre 1.000 persone e producono un indotto fondamentale per aree come l’Oristanese, il Cagliaritano e il Sulcis. Tuttavia, le problematiche irrisolte che affliggono questo comparto sono il sintomo di una crisi che si aggrava anno dopo anno. 

  Le lagune sarde, ecosistemi delicatissimi, sono minacciate da un mix di fattori ambientali e gestionali. L’interramento dei canali, l’invasione di specie aliene come il granchio blu e il giacinto d’acqua, uniti agli effetti dei cambiamenti climatici, stanno alterando drammaticamente gli equilibri ecologici. Nonostante una legge regionale approvata nel 2021 abbia stanziato sei milioni di euro per interventi di manutenzione straordinaria, i lavori non sono mai iniziati.

Parallelamente, la gestione della fauna selvatica aggiunge un ulteriore livello di complessità. I cormorani, predatori ittiofagi, causano danni crescenti alle produzioni, senza che vi siano strumenti adeguati per monitorare le loro popolazioni o compensare economicamente le cooperative colpite. Questo lascia i lavoratori del settore in balia di una normativa inadeguata, incapace di offrire soluzioni concrete a problemi reali.

A peggiorare il quadro, le restrizioni sulla pesca dell’anguilla penalizzano ulteriormente le imprese locali. Le limitazioni imposte sull’uso degli attrezzi e i vincoli normativi non sono accompagnati da misure di sostegno o da un piano di formazione e ripopolamento promesso già dal 2009. Questo approccio frammentario rischia di spezzare definitivamente le già fragili catene di produzione.

La mobilitazione di giovedì è promossa da alcune delle principali organizzazioni del settore ittico in Sardegna: AGCI Agrital Sardegna, Confcooperative FedAgriPesca Sardegna, Legacoop Sardegna Settore Pesca e Acquacoltura, e Associazione Armatori Sardegna. I loro rappresentanti chiedono interventi immediati e tangibili. La richiesta non è solo quella di avviare i lavori di manutenzione promessi, ma anche di introdurre regole chiare per gestire le criticità legate alla fauna selvatica e di rivedere con equità la regolamentazione della pesca.

A livello istituzionale, si invoca l’istituzione di un tavolo tecnico che includa i pescatori stessi, permettendo loro di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano il futuro del settore. L’obiettivo è salvare un comparto vitale per l’economia sarda, ma anche tutelare un patrimonio culturale e ambientale che rischia di essere irreversibilmente compromesso.

La manifestazione non è solo una protesta: è un grido d’aiuto. I pescatori sardi chiedono di non essere lasciati soli davanti a problemi che, se non affrontati subito, porteranno al collasso di un sistema che non riguarda solo loro, ma l’intera comunità regionale. Salvare le lagune significa salvare l’identità della Sardegna, la sua economia e il futuro delle famiglie che da esse dipendono.





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