Il Fatto di Domani

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difficile da pignorare

 


FONDAZIONE OPEN, NON LUOGO A PROCEDERE PER RENZI E GLI ALTRI 10 IMPUTATI. Al termine dell’udienza preliminare, il gup di Firenze Sara Farini ha prosciolto Matteo Renzi, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi e le altre sei persone al centro dell’inchiesta sul cosiddetto Giglio Magico e il sistema di finanziamento privato messo in piedi dall’ex presidente del Consiglio. Nessun finanziamento illecito e nessuna corruzione, dunque. Una sentenza che ha fatto esultare il senatore: “Ho quasi cinquant’anni. Gli ultimi cinque li ho vissuti da appestato per l’incredibile inchiesta Open. Uno scandalo assoluto per tutti quelli che avevano letto le carte, ma nonostante questo sono stato politicamente massacrato da tanti, a cominciare da Fratelli d’Italia e dai Cinque Stelle. Oggi in tanti dovrebbero scusarsi, Meloni e Travaglio in primis”. Renzi, che ha definito l’indagine “farlocca”, ha avuto da ridire anche sul pm titolare dell’inchiesta: “Mi spiace solo che vada in pensione dopodomani senza pagare per le sue perquisizioni illegittime e per la sua indagine incostituzionale”. Secondo i pm Luca Turco e Antonino Nastasi, Open era in realtà un’articolazione del Partito democratico, e come tale avrebbe dovuto rispettare la legge sul finanziamento ai partiti. Lotti e Bianchi, tesoriere della fondazione, rispondevano anche di corruzione, per i presunti favori scambiati con alcuni finanziatori, British American Tobacco e il gruppo autostradale Toto. Sul Fatto di domani ricorderemo come la Consulta avesse reso inutilizzabile parte delle chat riguardanti Renzi, sequestrate agli imprenditori Marco Carrai e Ugo Vincenzo Manes, acquisite senza autorizzazione del Senato. Un colpo che ha minato l’impianto accusatorio, insieme a un’altra decisione, presa stavolta dalla Cassazione, che aveva annullato i sequestri a carico di Carrai, disponendo la distruzione e la restituzione di quel materiale.


MANOVRA, GOVERNO CONTESTATO: IL MINISTRO GIORGETTI ARRIVA IN RITARDO. LA LEGA TOGLIE SOLDI ALLA VIABILITÀ E LI DIROTTA SUL PONTE. SI VOTA DOMANI SERA. Ne accadono delle belle durante il confronto più importante che riguarda la politica italiana, quello dell’approvazione della finanziaria. I ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, arrivano con trenta minuti di ritardo. Lo stesso Giorgetti poi si allontana poco dopo. Le opposizioni fanno notare questa mancanza di attenzione di governo e maggioranza su un tema così delicato. C’è poi il capitolo che riguarda la Lega: con un emendamento il Carroccio storna 1,5 miliardi dal Fondo di coesione e li dirige verso il Ponte sullo Stretto: saltano così interventi su strade e viabilità già programmati. Nonostante tutto, tra ritardi e mugugni, la riunione dei capigruppo ha confermato gli appuntamenti per approvare la legge di bilancio in Aula. Domani alle 11 è prevista la votazione per appello nominale, con dichiarazioni di voto alle 9.30; l’esame proseguirà dalle 12.30 alle 20 di venerdì con le votazioni dei restanti articoli, delle proposte emendative e degli ordini del giorno. Dalle 21 alle 22.30 restano fissate le dichiarazioni di voto e il voto finale. Sul giornale di domani troverete una cronaca della giornata e alcuni approfondimenti, tra cui le manovre della Lega sul Ponte.

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GUERRA RUSSIA-UCRAINA, PUTIN: “PRONTI ALLA PACE CON KIEV: MA NON CON IL PRESIDENTE ATTUALE”. E RISERVA UNA BATTUTA PER L’ITALIA: “NONOSTANTE TUTTO C’È SIMPATIA RECIPROCA”. ZELENSKY ALL’UE: “LE VOSTRE GARANZIE NON BASTANO; SERVONO QUELLE DI USA E NATO”. Il presidente russo Putin nel consueto incontro di fine anno, ha fatto il punto sul conflitto in Ucraina, iniziato quasi tre anni fa con la sua decisione di entrare nel Paese con le truppe. Oggi Putin – sostenendo che gli obiettivi prefissati sono vicini – ha detto a chiare lettere che non considera una presidenza legittima quella di Zelensky; dunque, la Russia è pronta a discutere di pace, ma solo se Kiev avvierà nuove elezioni: “Se ci saranno elezioni, se qualcuno diventerà legittimo, parleremo con tutti, incluso Zelensky. Se l’Ucraina vuole davvero intraprendere il cammino verso una soluzione pacifica, può certamente farlo. Ma possiamo firmare (accordi di pace) solo con chi è legittimo. E la Rada (il Parlamento ucraino) e il presidente della Rada sono legittimi”. Insomma, il Cremlino gioca la sua carta, in attesa che il neo eletto presidente americano Trump, con l’inizio del nuovo anno, prenda la guida degli Stati Uniti. Trump non ha mai nascosto l’ammirazione per Putin e la sua intenzione di interrompere gli aiuti economici e militari a Kiev, ma nello stesso tempo vuole intestarsi come vittoria personale la fine del conflitto. Una battuta Putin la riserva anche all’Italia, ricordando i suoi rapporti con Silvio Berlusconi: “Nonostante quello che succede ora, noi percepiamo nella società italiana una certa simpatia per la Russia, così come noi l’abbiamo per l’Italia”. Le parole del presidente russo sulla pace vengono accolte con scetticismo in Occidente, e l’Unione europea conferma un prestito di 18 miliardi a Kiev. Sul Fatto di domani leggerete le ultime notizie sul conflitto nell’Est, con un reportage dall’Ucraina e il confronto tra Ue e Zelensky: quest’ultimo ha dichiarato che le garanzie dell’Unione non sono sufficienti per la sicurezza dell’Ucraina: “Per noi la vera garanzia, ora o nel futuro, è la Nato e la Nato dipende dalle decisioni prese da europei e americani”.


LE ALTRE NOTIZIE CHE LEGGERETE

Migranti, la Cassazione chiarisce: il giudice può disapplicare il decreto ministeriale sui Paesi sicuri. Governo in difficoltà sulla questione dei trasferimenti dei migranti in centri come l’Albania, dopo la sentenza di oggi della Cassazione. Si evidenzia che il magistrato può annullare l’ordinanza “allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale”. Inoltre, “il potere di accertamento” del giudice “non può essere limitato dalla circostanza che uno Stato sia incluso nell’elenco di paesi da considerare sicuri, sulla base di informazioni vagliate unicamente nella sede governativa”

Francia, 20 anni al marito che fece violentare la moglie e registrò quasi 200 stupri. La corte penale di Vaucluse ha condannato Dominique Pelicot, ex marito di Gisèle, a 20 anni di reclusione; accolta la richiesta dell’accusa. L’imputato è stato giudicato colpevole di aver violentato e sedato la moglie, e di averla fatta violentare da decine di uomini, filmandola, per un periodo di dieci anni. Sono stati registrati quasi 200 stupri. Condanne anche nei confronti di 51 accusati, con pene che prevedono in totale fino a 428 anni dietro le sbarre: 18 persone erano già detenute, 32 libere.

Medio Oriente, Israele subisce un bombardamento e colpisce gli Houthi in Yemen. Medici senza frontiere: “A Gaza segnali di “pulizia etnica”. Israele ha compiuto durante la mattinata decine di attacchi aerei su Sanaa, capitale dello Yemen controllata dagli Houthi, la milizia appoggiata dall’Iran. Tel Aviv ha deciso di intervenire dopo che gli Houthi avevano compiuto un raid, colpendo anche una scuola. Intanto nella Striscia di Gaza la guerra continua. Medici senza frontiere in un dossier scrive che l’esercito israeliano ha dato segni di voler compiere una “pulizia etnica”.

Il concertone di Roma finisce in farsa: Tony Effe si esibirà al Palaeur. Dopo la figuraccia planetaria del Campidoglio, che prima ha invitato poi revocato l’esibizione del rapper dai testi sessisti (tira e molla cui sono seguite le defezioni degli altri due artisti coinvolti, Mahmood e Mara Sattei), Tony Effe ha fatto sapere che si esibirà al Palazzo dello Sport il 31 dicembre: i prezzi dei biglietti sono calmierati. Per il Circo Massimo ancora non ci sono alternative, mentre il Pd romano – come vedremo sul giornale di domani – si spacca.



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