Eterno valzer in Consiglio. Comune senza maggioranza

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Il presidente della Saf Fabio De Angelis, nel corso della riunione dell’assemblea dei sindaci, ha reso noto che i crediti complessivi della società per l’anno 2023 ammontano a 39.787.940 euro. Con un aumento del 3,65% rispetto al 2022. Ha detto: «A persistenza di uno stock di credito così elevato in rapporto all’attività annuale della Saf non consente un’operatività efficace e finanziariamente sostenibile. L’utilizzo di impianti ubicati fuori dai confini provinciali limita le capacità operative dell’azienda con un livello di crediti di questa portata. Questa è la causa principale della pressione che stiamo esercitando tesa al recupero dei crediti di natura commerciale principalmente nei confronti dei soci. Incassiamo i crediti in media a 339 giorni ma stiamo pagando i fornitori quasi alle scadenze programmate e comunque non oltre i 150 giorni».

Per concludere: «Tale disfunzione sta stressando il nostro sistema finanziario in maniera molto evidente che nel medio e lungo periodo rappresenterebbe un problema strategico importante per la società. I Comuni soci che mantengono tale livello di morosità vanno a generare un danno per la società della quale sono azionisti non permettendo dunque un orizzonte temporale per gli investimenti a lungo termine». Un tema molto importante quello della morosità, che peraltro va avanti da anni. Il messaggio di Fabio De Angelis è stato fin troppo chiaro: attenzione, perché la Saf rischia di morire di crediti. Parliamo di un’azienda a totale capitale pubblico, in un settore strategico che riguarda l’ambiente e la sua salvaguardia. Ecco perché una soluzione va trovata in tempi rapidissimi. Poi è vero che un confronto maggiore e sistematico tra la governance della Saf e i sindaci-soci è auspicabile perché faciliterebbe sicuramente il raggiungimento di obiettivi e di risultati migliori.

Nel capoluogo la politica è un optional
La seduta consiliare dell’altra sera ha chiarito la situazione sotto ogni punto di vista. Il più importante dei quali è che la coalizione che sostiene il sindaco Riccardo Mastrangeli non ha la maggioranza. L’elemento da considerare è la votazione sulle delibere: 16 sì e un astenuto (il presidente dell’aula Massimiliano Tagliaferri). In tutto i consiglieri sono 33. Però è fondamentale non nascondersi dietro un dito. Il numero legale a 17 c’è stato, ma con ogni probabilità Massimiliano Tagliaferri non avrebbe risposto all’appello se non ci fossero stati in aula 4 consiglieri delle opposizioni: Norberto Venturi (Pd), Vincenzo Iacovissi (Psi), Alessandra Mandarelli, Armando Papetti (Lista Marzi). Ognuno di loro avrà avuto le sue legittime motivazioni: amministrative, politiche, tattiche, strategiche. Di fatto però hanno garantito anche loro lo svolgimento della seduta. Vuol dire che l’obiettivo del centrosinistra non era e non è quello di mettere in difficoltà l’Amministrazione guidata da Riccardo Mastrangeli. In altri tempi si è scelta la strada delle dimissioni di massa e della mozione di sfiducia. Perché in un Comune, peraltro capoluogo, il profilo politico ha una dimensione specifica. E una contrapposizione tra schieramenti diversi dovrebbe rappresentare la normalità. A Frosinone invece questo non accade. Nella nuova coalizione di Mastrangeli sono decisivi 3 consiglieri che erano stati eletti nelle file delle opposizioni. Mentre 8 che avevano concorso nelle liste del centrodestra (nessuno di loro ha risposto all’appello venerdì) sono ormai da tempo ai confini tra l’appoggio esterno e l’opposizione vera e propria. Inoltre, come ha dimostrato la seduta dell’altra sera, comunque il Sindaco continua a trovare sponde decisive nella minoranza. Vuol dire che nessuno vuole andare a casa e interrompere la consiliatura, vuol dire che il centrodestra del 2022 non esiste più, vuol dire che il centrosinistra procede in ordine sparso che più sparso non si può. Sul piano formale però Mastrangeli ha una coalizione di 16 consiglieri (compreso lui). Ce ne sono altri 17 che non fanno parte dello schieramento. Tra i quali il presidente del consiglio comunale Massimiliano Tagliaferri, che adesso non potrà fare finta di nulla. Aveva posto un tema politico, chiedendo delle risposte politiche. Sollecitando una verifica e magari un azzeramento o un rimpasto di giunta. Per prendere atto di una situazione profondamente cambiata rispetto a due anni e mezzo fa. E quindi ripartire con uno slancio nuovo. Le risposte sono state altre: si va avanti così, consapevoli che tanto qualche sponda nel centrosinistra ci sarà comunque. Magari sempre diversa. Fatto sta che al Comune di Frosinone la maggioranza non ha la… maggioranza. È a quota 16 (su 33). Mentre la minoranza tutto fa meno che l’opposizione. La politica al contrario. Nessuno dice nulla, anzi sta bene a tutti. Però la domanda è: allora perché gli elettori hanno votato? Nel giugno 2022 il voto aveva assegnato in maniera chiara i ruoli di maggioranza e di opposizione.

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Il “fattore” Tagliaferri da questo momento peserà non poco
All’interno della maggioranza più di qualcuno ha voluto far presente che c’è un problema legato alla posizione di Massimiliano Tagliaferri. Il presidente dell’aula però non tornerà indietro. Da questo momento in poi voterà le delibere secondo coscienza, non seguendo uno schema di maggioranza. Valuterà perfino se dimettersi come consigliere. Si tratta di un elemento che il centrodestra non può ignorare perché parliamo di uno dei “pilastri” della coalizione che governa Frosinone dal 2012. Per il resto, alle prossime elezioni saranno i cittadini a giudicare con il loro voto l’operato degli amministratori, dei consiglieri, dei gruppi, dei partiti e perfino delle coalizioni. Su questo non potranno esserci dubbi.



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