VALDINIEVOLE. Sono 120 le aziende agricole del distretto locale che si occupano della produzione di piante di olivo delle qualità leccio, frantoio, coratina e moraiolo. Si tratta generalmente di aziende di piccole e piccolissime dimensioni, la cui estensione si aggira fra i 5000 e gli 8000 metri quadrati. Si estendono soprattutto nelle aree pianeggianti o collinari di Pescia, Montecarlo, Chiesina Uzzanese e Uzzano, caratterizzandone il territorio.
Gli occupati sono in media tre per azienda fra proprietari e operai agricoli, con un’età che oscilla fra i 50 e i 55 anni per chi svolge mansioni più tecniche, come gli innestatori di olivi, e fra 30 e 35 anni per chi invece svolge mansioni di supporto. Ciascuna piantina impiega circa tre anni per essere immessa in produzione, mentre sono 45 i ragazzi dell’istituto agrario Anzilotti di Pescia che, nel triennio di indirizzo, si stanno specializzando in coltura e produzione delle piante d’olivo. La fotografia dell’olivicoltura di questo spicchio di Valdinievole è emersa nel convegno Olea, organizzato da circa 20 anni dallo storico istituto di viale Ricciano: fra i relatori che hanno incentrato il loro intervento sulle tecniche di coltivazione e sulle prospettive dell’olivicoltura di questo territorio c’erano Maurizio Procissi della Coldiretti di Pescia, Francesco Bini della Cia e Nicola Del Ministro, presidente dell’associazione florovivaisti di Pescia. Hanno invece affrontato l’aspetto gustativo e nutrizionale Daniela Vannelli di Slowfood e il tecnico della Carapelli Andrea Fratacci.
«L’olivicoltura – ha detto Del Ministro – vive una fase di transizione. È come una nave che, dopo aver preso il largo, stenta adesso a intravedere un porto d’arrivo. La tendenza alla creazione di aziende agricole di grandi dimensioni che si dedicano in via esclusiva alla coltivazione dell’olivo pare ormai un dato consolidato in territori a particolare vocazione olivicola come la Puglia e la provincia di Grosseto. Questa evoluzione nella struttura delle realtà produttive fa sì che siano preferite varietà di piante che entrano velocemente in produzione, a scapito di altre che invece necessitano di più tempo prima di poter offrire una produzione accettabile. Le aziende del nostro distretto non potranno non tener conto di questo aspetto se vorranno restare saldamente ancorate al mercato sia nazionale che internazionale».
Ancora, alle nostre latitudini, non ha ancora fatto il suo ingresso la varietà spagnola “arbequina” che, in poco più di un anno se potata correttamente, già inizia a donare i suoi frutti. Sono molte le aziende nazionali produttrici di olio che iniziano a valutare un suo possibile utilizzo. Che il settore sia in continua evoluzione lo conferma anche Maurizio Procissi della Coldiretti, tra l’altro appena eletto membro dell’assemblea del Consorzio di bonifica del Basso Valdarno. «L’età media degli addetti ai lavori è in sensibile diminuzione. Ormai, almeno per gli operai agricoli, la media si aggira sui 30 anni – ha spiegato – questo processo di ringiovanimento è figlio anche della grande immissione nel settore di numerosi addetti provenienti dall’Albania. Se le aziende che producono olive tendono a diventare sempre più grandi, quelle che invece producono piante continuano a essere di piccole dimensioni, perché un tipo di agricoltura intensiva come questa difficilmente si adatta alle grandi estensioni». Il legame fra olivo e territorio nell’intervento del professor Matteo Gentili che, insieme alla sua collega Sara Michelotti, ha dato vita a questa edizione del convegno all’Anzilotti. «Quest’anno abbiamo tenuto a dare ancor più il meglio di noi stessi per dimostrare che la nostra scuola è e resta un’assoluta eccellenza nel settore malgrado la volontà di accorparla ad altri istituti – ha affermato Gentili – Olea 2024 ha fornito un’immagine puntuale non solo della produzione annuale d’olio extravergine ma ha anche ribadito il forte legame esistente fra olivo e paesaggio, particolarmente sentito in Toscana. L’esigenza della preservazione di quella che è l’immagine iconica della nostra regione passa attraverso la cura meticolosa delle piante. Per questo difficilmente concepiamo lo sviluppo di aziende di grandi dimensioni in cui la pianta è più legata al suo ciclo produttivo che non all’immagine del territorio».
Riguardo alle prospettive future dell’olivicoltura, Gentili si è mostrato ottimista. «Ogni anno abbiamo oltre 15 studenti che scelgono nel triennio il corso di studi dedicato appunto all’olivo. Una volta conseguito il diploma, per loro si aprono scenari lavorativi molto interessanti, visto che possono trovare lavoro nelle aziende che producono piante destinate alla produzione d’olio oppure direttamente nelle grandi imprese che si occupano della trasformazione delle olive».
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