«Cantieri aperti nel 2024». Dalla promessa del Ponte sullo Stretto ai lavori slittati: tra polemiche e proteste

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ROMA «Il mio obiettivo è aprire i cantieri entro il 2024, dopo 53 anni». E considerando che il 2025 è alle porte l’obiettivo del leader della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, non è stato centrato. La frase – ripetuta come un mantra – sull’avvio dei lavori nel 2024 è diventata un vero e proprio slogan. Nel corso di ogni incontro, comizio o occasione pubblica il capo del Carroccio non si è mai sottratto a un passaggio dedicato al famigerato progetto, tanto da preoccupare associazioni ambientaliste e cittadini che si oppongono da sempre alla sua realizzazione.

Tra polemiche e proteste

Ma se da una parte i sostenitori dell’opera lo credevano realmente possibile, dall’altra molti apparivano scettici. Una tra tutte la sindaca di Villa San Giovanni Giusi Caminiti che in una delle fasi più delicate dell’operazione – la pubblicazione dell’avviso di avvio del procedimento relativo agli espropri lo scorso aprile – disse ai nostri microfoni: «Ancora oggi non c’è un progetto di cantierizzazione per Villa San Giovanni, quindi come si può immaginare di aprire un cantiere se non c’è un progetto di cantierizzazione?». Sulla sponda calabrese le case da espropriare sarebbero circa 150, di cui circa 50 prime case. E poi ci sono terreni. Alla pubblicazione dell’avviso sono seguite manifestazioni e proteste in riva allo Stretto, prima a Messina, poi a Villa San Giovanni.

Un coro unanime contro il progetto da 13,5 miliardi di euro, si levò nella città reggina. In centinaia in marcia: in testa la frase “No al ponte delle menzogne”. Tra i tanti striscioni anche uno raffigurante Pinocchio con il suo lunghissimo naso a unire la sponda calabrese e quella siciliana, al posto dell’immagine del ponte

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“Sì ai trasporti, alla tutela dell’ambiente, al lavoro, all’istruzione, all’acqua pubblica, ai servizi”. Per comitati, associazioni ambientaliste e cittadini le priorità in Calabria e Sicilia sarebbero altre. Un progetto “inutile e dannoso”, lo hanno sempre etichettato. Diversi esperti si sono espressi sull’opera. Nel corso di un’intervista ai nostri microfoni il geologo, primo ricercatore del Cnr, divulgatore scientifico e conduttore tv Mario Tozzi definì il Ponte sullo Stretto «una sciagura che va evitata in ogni modo». «Non c’è un’area a rischio naturale così alta in tutto il Mediterraneo come lo Stretto di Messina», disse per poi aggiungere: «I soldi che dovrebbero essere spesi sono quelli per il rischio naturale». 

«Un’opportunità storica per tutto il territorio»

Ma al netto delle posizioni contrarie, la Società Stretto di Messina con il suo amministratore delegato Pietro Ciucci – che si è aperto al confronto nel corso dei mesi con le amministrazioni comunali delle città interessate dal progetto – ha sempre risposto esaltando la validità del progetto e dell’opera definendola «un’opportunità storica per tutto il territorio».

«Unirà la Sicilia al Continente e il Mediterraneo all’Europa»; rappresenterà lo «snodo di un sistema infrastrutturale integrato, al servizio del territorio e dei cittadini»; «implementerà il “Corridoio Scandinavo-Mediterraneo’’ (Helsinki-Palermo-La Valletta) proiettando verso l’Europa la più grande e popolosa isola del Mediterraneo». Questo il ruolo strategico attribuito all’opera dalla Società nel documento che a marzo 2024 venne presentato ai sindaci a Villa San Giovanni. Al tempo si prevedeva un avvio della fase realizzativa entro l’estate 2024 e il 2032 come «primo anno di piena operatività dell’opera».

Tra “opportunità” e “rischi”

Piccoli passi in avanti per il progetto – con tante promesse – fino alla “batosta” rappresentata dalla richiesta – contenuta in un corposo documento di 42 pagine – della Commissione Via e Vas del Ministero dell’Ambiente, di integrazione supportate da studi ritenuti mancanti.
Prima fissata la scadenza entro l’estate, poi entro l’anno e infine lentamente slittata all’anno successivo. L’avvio dei cantieri appare lontano, mentre le associazioni ambientaliste continuano a lanciare l’allarme: l’ultimo nei giorni scorsi con Legambiente che con il report “Pendolaria 2025” ha fotografato la situazione disastrosa dei trasporti in Calabria, dove si viaggia sui treni più vecchi d’Italia. Non proprio una cornice adatta alla mega opera che ci si prepara a costruire.
Un’opportunità o un rischio? La certezza è che nel mezzo c’è un territorio segnato da carenze ataviche.

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