Spese per la casa in comunione: quando c’è il rimborso?

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Un coniuge può ottenere il rimborso delle spese sostenute per la casa in comunione solo se dimostra il consenso preventivo dell’altro coniuge.

La comunione dei beni è il regime patrimoniale che si applica automaticamente ai coniugi in assenza di diversa convenzione. Questo significa che i beni acquistati durante il matrimonio appartengono al marito e alla moglie in parti uguali. Ma cosa succede quando uno dei coniugi sostiene delle spese per la casa in comunione? Ha diritto al rimborso da parte dell’altro coniuge nell’ipotesi in cui i due dovessero separarsi?

In questa guida, faremo chiarezza su un aspetto spesso fonte di controversie tra coppie sposate, analizzando una sentenza del Tribunale di Benevento (n. 1235/2024) che chiarisce quando è possibile ottenere il rimborso delle spese sostenute per la casa in comunione.

Il principio generale: il consenso preventivo

Il Codice Civile (art. 1110) stabilisce che un partecipante alla comunione ha diritto al rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune solo se ha preventivamente interpellato gli altri partecipanti e questi sono rimasti inerti.

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Questo principio si applica anche alla comunione dei beni tra coniugi.  Pertanto, se un coniuge vuole ottenere il rimborso delle spese sostenute per la casa in comunione, deve dimostrare di aver ottenuto il consenso preventivo dell’altro coniuge o, almeno, di averlo interpellato e di non aver ricevuto risposta.

Ad esempio, se un coniuge decide di riparare il tetto della casa coniugale senza aver prima consultato l’altro, non potrà pretendere il rimborso della metà delle spese se la coppia si sfascia.

La necessità della prova

Spetta al coniuge che chiede il rimborso provare di aver ottenuto l’autorizzazione dell’altro o di averlo interpellato senza ottenere risposta.  Questa prova può essere fornita in diversi modi, ad esempio:

  • un’email, un messaggio WhatsApp o una lettera in cui si chiede il consenso alle spese;
  • la testimonianza di persone che hanno assistito alla richiesta di consenso.
  • in alcuni casi, il consenso può essere presunto dalle circostanze (ad esempio, se le spese sono state sostenute per riparare un danno urgente e l’altro coniuge era impossibilitato a esprimere il proprio consenso).

Il diritto al rimborso per le spese di casa straordinarie

La regola del consenso preventivo si applica con ancora maggiore rigore nel caso di spese straordinarie, cioè quelle che non sono necessarie per la semplice conservazione della cosa comune, ma che ne aumentano il valore o ne modificano la destinazione d’uso.

In questi casi, è fondamentale che i coniugi si confrontino e consultino preventivamente sulle spese da sostenere, in modo da evitare future controversie.

Il diritto al rimborso per le spese di casa ordinarie

In base all’articolo 192 del Codice civile, ciascun coniuge può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese e investimenti del patrimonio comune. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che non tutti gli oneri economici sostenute da un coniuge danno diritto al rimborso. Difatti le spese sostenute per i bisogni della famiglia durante il matrimonio, in adempimento dell’obbligo di contribuzione previsto dall’articolo 143 c.c., non sono ripetibili (Cass. sent. n. 26777/2019, n. 9144/20239.

Questo principio si applica anche alle spese di manutenzione ordinaria della casa coniugale, che rientrano tra le spese necessarie per il mantenimento della famiglia.

Tuttavia, se un coniuge ha sostenuto spese straordinarie per la manutenzione o il miglioramento della casa comune, utilizzando somme personali, può avere diritto al rimborso, a condizione che tali spese siano state necessarie per la conservazione del bene comune e che l’altro coniuge sia stato preventivamente informato o interpellato.

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Le spese sostenute dopo la separazione, invece, possono essere rimborsate se riguardano la conservazione del bene comune e sono state necessarie.

Le spese voluttuarie sono rimborsabili?

Le spese voluttuarie, cioè quelle che non sono necessarie per la conservazione della cosa comune, non sono rimborsabili. Ad esempio: l’acquisto di mobili di lusso, la realizzazione di un giardino d’inverno.



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