I formaggi rari e sconosciuti delle Marche

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Continua la nostra rassegna sui formaggi rari e sconosciuti d’Italia. Dopo avervi mappato quelli del Lazio, Lombardia e Sicilia, è la volta delle Marche. Regione del centro Italia vocata alla produzione di formaggio e dedita da tempi antichi alla pastorizia, attività sempre più abbandonata. Complice anche la vicinanza con l’Abruzzo, terra di pastori per eccellenza, le Marche si distinguono per un buon numero di formaggi che vanno dalla classica caciotta agli eccellenti pecorini di fossa. In questa nostra lista vi portiamo a scoprire alcune eccellenze casearie non molto conosciute.

Cacio in forma di limone

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Il cacio in forma di limone è un formaggio tipico della vallata del Metauro, in provincia di Pesaro-Urbino, prodotto con latte ovino di provenienza locale e molto difficile da trovare. Un formaggio fresco, privo di stagionatura, che si chiama così proprio perché assume la forma di un limone. Si consuma soprattutto a fine pasto, come dessert, grazie alle scorze dell’agrume che lo rende piacevolmente profumato.

Casécc

Un formaggio tipico del territorio del Montefeltro, tra Pesaro e Urbino. Il casécc ha una forma cilindrica, la crosta è sottile, liscia, di colore paglierino, che tende a indurire e scurire con la stagionatura. Il casécc si mangia con i salumi ma nel periodo natalizio, nelle Marche, si utilizza anche per il ripieno dei cappelletti che in questa zona (vista la vicinanza con la Romagna) si producono per tradizione. Ottimo anche grattugiato sulla pasta.

Raviggiolo

Raviggiolo-2

Tra i formaggi freschi più delicati di tutta la nostra produzione casearia c’è il raviggiolo: un prodotto PAT delle Marche del nord. Un formaggio dal sapore dolciastro e molto tenue, che si produce da ottobre ad aprile, e di colore bianco latte. Per tradizione si utilizzano caldaie in rame a banda stagnata (conformi alle normative vigenti), perché consentono una diffusione del calore in maniera più omogenea e graduale, e strumenti in legno. C’è anche un proverbio molto diffuso nelle Marche che recita: “Chi non è Marzolino e Raviggiolo” per indicare la fatalità del destino. Si mangia solitamente con il miele ma lo si ritrova anche nel ripieno dei cappelletti dell’Artusi.

Slattato

Slattato

Avete mai sentito parlare dello slattato? Si produceva per tradizione nel periodo di gravidanza delle pecore, quando appunto non erano in grado di produrre latte. Infatti lo slattato si fa con latte vaccino proveniente da bestie da carne, perché il contadino non disponendo di altro si trovava giocoforza a produrre formaggio con ciò che aveva. Grasso, fresco e a pasta molle che si trova anche avvolto in foglie di fico o di cavolo.

Pecorino in botte

Pecorino in botte

Si tratta di un classico formaggio pecorino PAT, tipico delle Marche, che però deriva da una particolare tecnica di affinamento. Infatti il pecorino marchigiano brevemente stagionato, lo si avvolge in foglie di varie essenze o erbe aromatiche e lo si mette dentro botti che prima contenevano vino. Si lascia invecchiare ulteriormente per un periodo che va dai 20 ai 90 giorni per ottenere così un formaggio dagli aromi intensi, leggermente amarognoli e dalla pasta friabile. Un formaggio che nasce storicamente per necessità: ovvero nascondere le derrate alimentari ai razziatori, nascondendolo così in botti e avvolgendolo in fogliame di vario tipo.

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Caciofiore della Sibilla

Caciofiore Sibilla-2

Tra i formaggi più interessanti delle Marche c’è il caciofiore della Sibilla, che si produce nella zona montuosa a sud della regione. Pochissime aziende lo producono e solo in determinati momenti dell’anno. Particolarità assoluta è che è un formaggio prodotto con il latte di pecora Sopravvissana, tipica della zona, e soprattutto si utilizza caglio vegetale ricavato dal fiore di una pianta selvatica autoctona dei Monti Sibillini. Una specie di cardo che nasce spontaneamente in questi territori. Un prodotto ritrovato e riscoperto da mangiare fresco più che stagionato.

Casciotta d’Urbino

Casciotta d'Urbino

Sembrerebbe un errore di battitura invece la casciotta di Urbino si scrive proprio così. Il suo nome, infatti, è una variazione dialettale della parola cacio. Questo formaggio ha origini antichissime, ed era prodotto già nel XV Secolo, ai tempi dei duchi di Montefeltro e Della Rovere, i quali dedicavano particolare attenzione alla produzione casearia e lo impiegavano come oggetto di commercio con Roma e con lo Stato della Chiesa. Si produce nella zona di Pesaro-Urbino ed è un prodotto DOP che si ottiene da latte misto, intero, crudo o pastorizzato. Si mangia a fine pasto o per insaporire i piatti regionali. 

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