Esercizio arbitrario delle ragioni: natura della pretesa dell’agente

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1. La questione: inosservanza o erronea applicazione della legge penale sull’esercizio arbitrario delle ragioni


La Corte di Appello di Taranto confermava una pronuncia emessa dal G.U.P. del Tribunale di Taranto che aveva condannato gli imputati alle pene di legge in quanto ritenuti tutti colpevoli del delitto di concorso in estorsione aggravata e, uno di essi, di furto.
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore degli accusati che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale posto che, a suo avviso, i fatti andavano riqualificati nella fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen.. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, si osservava che, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la pretesa arbitrariamente attuata dall’agente deve corrispondere esattamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non risultare in qualsiasi modo più ampia, atteso che ciò che caratterizza il reato è la sostituzione dello strumento di tutela pubblico con quello privato, operata dall’agente al fine di esercitare un diritto, con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli possa competere giuridicamente (Sez. 6, n. 47672 del 04/10/2023) posto che, ai fini della configurabilità del reato in questione, occorre che l’autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi “quid pluris“, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016).

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito in cosa deve consistere la pretesa arbitrariamente attuata dall’agente, per quanto riguarda l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che, nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la pretesa dell’agente deve corrispondere esattamente all’oggetto della tutela legale e non essere più ampia, nel senso che costui deve agire con la convinzione che il suo diritto sia legittimo, anche se tale diritto potrebbe non esistere realmente dato che ciò che caratterizza il reato è la sostituzione dello strumento di tutela pubblico con quello privato, al fine di esercitare un diritto contestabile in sede giudiziale.
Questo provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di comprendere quando possa reputarsi sussistente siffatta pretesa.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.



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