L’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Jack Lew, ha respinto il rapporto pubblicato, poi ritirato, da Famine Early Warning System Network, organizzazione che si occupa di analisi e allerte sull’insicurezza alimentare acuta in tutto il mondo, istituita dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), che avvertiva della carestia in corso nel Nord di Gaza e della sua pericolosità. Nel fare questo, Lew non solo ha smentito direttamente un’agenzia governativa del suo stesso Paese ma ha indirettamente confermato che a Gaza è in corso un’effettiva pulizia etnica e che quasi 400.000 palestinesi hanno subito sfollamento forzato, arresti arbitrari e uccisioni di massa, tutte azioni che rientrano nella definizione di genocidio. Questa situazione, tra l’altro, è sotto gli occhi di tutti ed è confermata ormai da tutte le più importanti istituzioni mondiali, così come dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani.
Il 23 dicembre, Famine Early Warning System Network, organizzazione istituita nel 1985 direttamente dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), ovvero l’agenzia governativa indipendente degli Stati Uniti principale responsabile della gestione degli aiuti civili all’estero e dell’assistenza allo sviluppo, ha pubblicato un rapporto sulla situazione di “emergenza carestia” nel Nord di Gaza successivamente ritirato dopo l’intervento del governo statunitense e della propria ambasciata in Israele. Come riportato da Al Jazeera, il rapporto ritirato dal Famine Early Warning System Network affermava che «sulla base del collasso del sistema alimentare e del peggioramento dell’accesso all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e ai servizi sanitari in queste aree, insieme a un’analisi comparativa delle tendenze del consumo alimentare e dei dati degli indicatori di malnutrizione acuta», nel prossimo gennaio nel Nord di Gaza moriranno di fame e disturbi correlati tra le 2 e le 15 persone ogni giorno. Il rapporto condannava Israele sulla politica di blocco degli aiuti umanitari diretti a Gaza, ormai praticamente fermi in zone come Jabaliya, Beit Hanoun e Beit Lahia. Sul sito dell’organizzazione statunitense viene adesso riportato che «l’allerta FEWS NET del 23 dicembre è in fase di ulteriore revisione e si prevede che verrà ripubblicata con dati e analisi aggiornati a gennaio». Jack Lew, ambasciatore USA in Israele, è intervenuto contestando l’operato dell’organizzazione statunitense per prendere le difese di Israele. Come si suol dire, però, la “toppa è stata peggiore del buco”. In tal modo, infatti, Lew ha indirettamente confermato la pulizia etnica in corso in Palestina.
«Il rapporto pubblicato oggi su Gaza da FEWS NET si basa su dati obsoleti e imprecisi. Abbiamo lavorato a stretto contatto con il governo di Israele e l’ONU per fornire un maggiore accesso al Governatorato del Nord, ed è ora evidente che la popolazione civile in quella parte di Gaza è compresa tra 7.000 e 15.000 persone, non tra 65.000 e 75.000 che è la base di questo rapporto. Il COGAT stima che la popolazione in quest’area sia compresa tra 5.000 e 9.000. L’UNRWA stima che la popolazione sia compresa tra 10.000 e 15.000 abitanti. In un momento in cui informazioni inesatte causano confusione e accuse, è irresponsabile pubblicare un rapporto come questo. Lavoriamo giorno e notte con le Nazioni Unite e i nostri partner israeliani per soddisfare i bisogni umanitari – che sono grandi – e fare affidamento su dati imprecisi è irresponsabile», ha scritto in una nota l’ambasciata statunitense in Israele, riportata sul social X dall’ambasciatore Jack Lew. Implicitamente, Lew, per smentire il rapporto sull’emergenza carestia, ha così ammesso che la parte settentrionale di Gaza è sottoposta a pulizia etnica. Infatti, dall’inizio dell’assedio israeliano su Gaza, il Nord della Striscia aveva una popolazione di circa 400.000 persone (come riportato anche nel precedente rapporto di novembre pubblicato da FEWS NET) mentre adesso, secondo l’ambasciatore, vi vivrebbero tra le 7.000 e le 15.000 persone. Questo, in altre parole, significa che tra le 385.000 e le 393.000 persone sono state sfollate, arrestate o uccise.
Una dichiarazione di carestia sarebbe stata un grande imbarazzo per Israele, che ha insistito sul fatto che la sua guerra a Gaza è diretta contro Hamas e non contro la popolazione civile palestinese. Lo scontro interno tra componenti governative statunitensi sulla drammatica situazione a Gaza, inerente l’emergenza alimentare dovuta al blocco israeliano degli aiuti umanitari, ha però portato alla conferma indiretta che i palestinesi stanno subendo pratiche riconducibili a un genocidio da parte di Israele.
[di Michele Manfrin]
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link