Valditara celebra un anno di successi, ma la scuola sovranista ha voti bassi

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Come è andata quest’anno la scuola italiana? Come andrà? Sono cambiate e stanno per cambiare un sacco di cose.

Partiamo dalle ultime. Nelle recenti interviste il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara è molto ottimista. Sia nel programma tv di Massimo Gramellini, In altre parole, sia nell’intervista al Messaggero del 27 dicembre, inanella un bilancio tra il positivo e l’entusiastico per come le cose sono andate e andranno. Ne ha ragione?

La valutazione dei dirigenti

Partiamo dalla fine. L’ultima misura di cui Valditara si vanta è quella per cui ci sarà la valutazione dei dirigenti in basi ai risultati raggiunti, con rispettiva retribuzione «che fino ad adesso è stata data a pioggia».

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Sembra un piccolo cambiamento, ma è significativo: i dirigenti avranno più soldi se faranno approvare i percorsi di 4 anni più 2 negli istituti tecnici e professionali o avvieranno la sperimentazione del Made in Italy? Sarà questo il modello per evitare il flop che quest’anno è stato plateale?

Il liceo del Made in Italy è stato scelto in tutta Italia da 375 studenti (lo 0,08 per cento circa), quindi non si è attivata quasi nessuna classe prima. Di fatto è rimasto l’indirizzo che c’era prima, il liceo economico-sociale. Non è andata tanto bene neanche ai nuovi istituti sperimentali tecnici professionali col percorso breve 4+2, che sono stati scelti da 1.669 studenti, pochi per riuscire a riempire le prime classi di tutte e 172 le scuole che avevano scelto di aderire alla sperimentazione. La valutazione dei dirigenti in base ai risultati cambierà questo genere di implementazioni?

Le assunzioni

Il ministro, nelle sue ultime uscite, rivendica anche le assunzioni di insegnanti: con Gramellini dichiarava che c’erano risorse aggiuntive per assumere insegnanti di sostegno a larga compensazione dei tagli sull’organico docente, 5.600 persone in meno, oltre a più di duemila lavoratori Ata. In realtà, a conti fatti, queste assunzioni di docenti sul sostegno dovrebbero essere solo 1.610.

Chi difende questi tagli li lega soprattutto alla contrazione delle classi. Il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, per esempio, ricorda che la denatalità «sta facendo perdere molti alunni, e anche se (il taglio) può suscitare delle perplessità, non ritengo che vada a ledere il funzionamento del sistema scolastico».

In realtà la riduzione degli studenti non muta di molto il numero degli studenti per classe. E questo è dovuto soprattutto all’accorpamento dei plessi scolastici.

Il dimensionamento

Nel 2023 era stato approvato un piano triennale di dimensionamento, leggi riduzione. Per l’anno scolastico 2024/25 c’era stata una deroga con l’ultimo decreto Milleproroghe.

Questa deroga non verrà ripetuta, e molte autonomie scolastiche quindi spariranno, molte scuole verranno accorpate. Il 2025/26 sarà l’anno in cui si comincerà a tagliare. Ovviamente questo influirà sul carico di lavoro di dirigenti e segreterie.

La responsabilità di come e dove tagliare viene lasciata alle regioni: per esempio in Toscana si passerà da 470 a 440 istituti circa. Nel Lazio verranno eliminate 23 titolarità, come si dice. La ratio è che non possono esistere scuole con meno di 900 studenti, se non in eccezionali condizioni (aree montane, isole…).

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Ma è abbastanza evidente come togliere un’autonomia scolastica, se non vuol dire certo eliminare un edificio, significa però disperdere una comunità, un lavoro educativo che magari è stato costruito con fatica e cura in anni.

Voto in condotta

Il 2024 è stato anche l’anno della riforma del voto in condotta. Di fatto, si è tornati indietro su tutte le sperimentazioni, senza valutare come erano andate. La restaurazione principale riguarda la valutazione con voti del comportamento, la cosiddetta condotta, alla scuola primaria e alle medie, in decimi. Se si prende meno di sei in condotta, si è bocciati.

Prima era una misura davvero eccezionale.

Anche alle superiori il voto in condotta ritornerà a contare eccome: con il voto di sei decimi è prevista una sorta di compito di riparazione da trattare nel colloquio conclusivo; con meno di sei decimi non si è ammessi all’esame di stato. E anche per il voto finale della maturità, la condotta degli anni precedenti conterà, perché non può essere attribuito il punteggio più alto – nell’ambito della fascia di attribuzione del credito scolastico – se il voto di condotta non è almeno nove decimi.

«Rispetto»

Queste misure fanno parte di un disegno complessivo del ministero che vorrebbe riconferire rispetto e autorità ai docenti. Fanno parte di questo disegno l’introduzione di una giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico.

Nella conferenza stampa del 15 dicembre è stata ricordata questa serie di casi come un allarme: gli episodi di violenza (verbale e fisica) sono stati 36 nel 2022-23 e 68 nel 2023-24 e 19 fino a ora nel 2024-25. Al di là del merito – di che tipo di episodi si tratta? Da che contesti proveniva questa violenza? – siamo sicuri che questo numero sia tale da determinare un allarme (il personale scolastico in Italia è più di un milione)?

«Il rispetto verso l’altro», sintetizza così Valditara al Messaggero la sua visione di scuola. «La lotta contro il bullismo, la prepotenza, la maldicenza, la violenza. È il messaggio per cui ci battiamo da due anni, con il voto in condotta, restituendo autorevolezza ai docenti, valorizzando i talenti, insistendo con l’Educazione civica per cui viene prima la persona e poi lo Stato».

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In questa prospettiva va tenuta anche in considerazione la dichiarazione che il ministero si costituirà parte civile contro i responsabili dei danni delle occupazioni, chiedendo il risarcimento. A dicembre ci sono stati due casi di cui si è parlato molto: quello del Virgilio di Roma, dove la dirigente e un gruppo di docenti e genitori si è trovato a discutere con un altro gruppo di docenti e genitori su come affrontare l’occupazione; e quello del Gullace, sempre di Roma, dove c’è stato un incendio, la cui responsabilità è stata attribuita dal ministro agli studenti; mentre dei video dei residenti consegnati alle autorità avvalorano la pista dei teppisti esterni. Le indagini sono in corso. Ciò che è sicuro è la stretta punitiva, in alcuni casi penale.

I concorsi

L’altra grande questione è quella della formazione e selezione docenti. Il ministro Valditara dice che non ci sono mai stati così tanti concorsi.

Questo in parte è vero, anche grazie alla disponibilità di fondi del Pnrr per incardinare organico aggiuntivo. Ma questa numerosità dei concorsi rischia di creare disparità e confusione. Gli idonei del primo concorso finanziato dal Pnrr (Pnrr 1 del 2023) ancora in molti casi non lavorano e rischiano di dover rifare un altro concorso (Pnrr 2 che è stato appena bandito). In alcune regioni non sono terminate le procedure concorsuali del Pnrr 1. Ci sono anche altre file di idonei (per esempio quelli del concorso del 2020).

Un caso a sé è quello dei docenti di sostegno: per specializzarsi c’è, come per tutti, il tirocinio formativo attivo, il Tfa. Ma molte persone – migliaia – hanno conseguito i titoli all’estero, di cui andrebbe vagliata l’equipollenza. Vista la mole di casi, il governo ha previsto dei corsi straordinari presso l’Indire, che dovrebbero regolarizzare questa situazione. Ma per molti abilitati con i Tfa italiani, questa sarebbe un’ingiustizia se non una beffa.

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