Cecilia Sala, una pedina di scambio di un intrigo internazionale

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L’arresto di Cecilia Sala tiene banco sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali. Ormai anche Teheran ammette il legame tra il fermo della giornalista italiana e l’arresto di Mohammad Abedini-Najafabadi, l’ingegnere iraniano esperto di droni e detenuto in Italia dal 16 dicembre per essere estradato negli Stati Uniti

La notizia dell’arresto (o rapimento?) della giornalista Cecilia Sala a Teheran accomuna le prime pagine di tutti i quotidiani nazionali. La giornalista è detenuta dal 19 dicembre nel carcere di Evin, la prigione dove sono reclusi i cittadini stranieri e i prigionieri politici. Un arresto che proverebbe la debolezza del regime iraniano. “La violenza a cui sta ricorrendo, come l’arresto di Cecilia, è un segno di disperazione – scrive Livia Chiriatti nella sua intervista su Il Foglio alla scrittrice iraniana Azar Nafisi -. L’unico linguaggio rimasto al sistema è la violenza. Ma l’opposizione, per cui persone come Cecilia sono fondamentali, non usa armi, non brucia tutto. Mette a tacere il rumore dei proiettili cantando e ballando”.

ARRESTO CECILIA SALA: SI CERCA UNA PEDINA DI SCAMBIO CON L’IRAN

Dopo 11 giorni di detenzione, per la quale non è stata ancora formalizzata un’accusa, anche il governo di Teheran ammette che la giornalista italiana considerata una moneta di scambio per “per ottenere la liberazione di Mohammad Abedini-Najafabadi, l’ingegnere iraniano esperto di droni e detenuto in Italia dal 16 dicembre per essere estradato negli Stati Uniti. Lo ha detto e fatto capire all’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, il viceministro degli Esteri (con delega agli Affari politici) Vahid Jalalzadeh”, scrive Giovanni Bianconi sul Corriere della sera. “La connessione tra la carcerazione di Abedini e quella di Sala è stata affrontata nella parte ufficiosa del colloquio tra l’ambasciatrice Amadei e il viceministro Jalatzadeh – scrive ancora Bianconi -. È stato quest’ultimo a stabilire il nesso, quasi dettando le condizioni per una possibile soluzione che riguardi entrambi i detenuti: uscire di prigione dietro una contropartita di qualche genere, senza ulteriori conseguenze giudiziarie. Il che dovrebbe significare, nelle intenzioni iraniane, liberazione della giornalista e nessuna estradizione dell’ingegnere negli Usa, dove è già recluso il suo presunto complice Mahdi Mohammad Sadeghi, che difficilmente potrà evitare il processo. Il destino giudiziario di Abedini, invece, e nelle mani dell’Italia, che dovra decidere se consegnarlo o meno agli americani”.

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LA RICHIESTA DI SCARCERAZIONE DI MOHAMMAD ABEDINI-NAJAFABADI

Quindi il pallino del gioco passa nelle mani dei giudici milanesi, che nei prossimi giorni dovranno decidere del conferimento degli arresti domiciliari all’ingegnere Mohammad Abedini-Najafabadi? L’inizio “del nuovo anno vedrà la quinta sezione penale di corte d’Appello di Milano, specializzata in materia di estradizione, di nuovo affrontare un procedimento, quello del trentottenne iraniano Mohammad Abedini-Najafabadi, connotato da forti risvolti diplomatici e politici – scrive su La Stampa Andrea Siravo -. Come quello già affrontato tra l’ottobre 2022 e il marzo 2023 con protagonista il manager russo Artem Uss, ricercato dagli americani ed evaso dagli arresti domiciliari due giorni dopo che la corte aveva dato via libera all’estradizione. Come per Uss anche per Abedini gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia di estradarlo oltreoceano, dove è accusato di aver fornito il sistema di guida installato sui droni usati dall’aeronautica militare dei Pasdaran, ritenuta un’organizzazione terroristica”.

IL CASO DEL DETENUTO RUSSO FUGGITO 

Siravo fa il parallelo tra il caso iraniano e quello di Artem Uss. Per Mohammad Abedini-Najafabadi sarà chiesta la revoca della custodia cautelare in carcere e il trasferimento ai domiciliari in un’abitazione già individuata dal legale. “Il Dipartimento di giustizia americano, come nel precedente caso Uss, ha trasmesso un parere chiedendo che Abedini rimanga in carcere perché è elevato il pericolo che possa fuggire per sottrarsi alla consegna – scrive Siravo -. All’epoca, il collegio che il 25 novembre 2022 aveva trasferito il cittadino russo, figlio di un governatore vicino a Vladimir Putin, aveva valutato idonei gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per contenere il rischio di fuga per Uss (alla luce anche di una documentazione in cui si sosteneva un suo radicamento in Italia). Per quella decisione i tre giudici milanesi, su iniziativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio, erano finiti sotto procedimento disciplinare per «grave e inescusabile negligenza avuta riguardo non alla prognosi effettuata nel concedere la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, bensì alla valutazione del rischio connaturato».”

USA: IRAN LA SMETTA DI ARRESTARE CITTADINI STRANIERI PER USARLI COME “LEVA POLITICA” DI RICATTO

Dagli Usa, dunque, arriva il diniego alla proposta di scarcerazione dell’ingegnere iraniano. “Un portavoce del dipartimento di Stato – scrive Paolo Mastrolilli su Repubblica – dando a Repubblica la prima dichiarazione politica di sostanza rilasciata dagli americani sul caso Sala, dice che l’Iran deve smetterla di arrestare arbitrariamente cittadini stranieri per usarli come “leva politica” di ricatto. Quindi gli Stati Uniti chiedono «il rilascio immediato e incondizionato» di tutti i detenuti, inclusa Cecilia Sala. Però i droni trafficati da Mohammad Abedini servono a «sostenere gruppi terroristici e milizie filo iraniane che puntano a destabilizzare l’intera regione», quindi Washington continuerà ad usare tutti i mezzi disponibili per contrastarli, a cominciare dall’estradizione dell’arrestato dall’Italia”. Il portavoce poi aggiunge: “Sfortunatamente, il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti altri paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è alcuna giustificazione per questo e dovrebbero essere rilasciati immediatamente. I giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose, e devono essere protetti”.



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