per questi lavoratori l’uscita sarà a 70 anni

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Nel 2025 molti lavoratori potranno andare in pensione a 64 anni, mentre altri dovranno attendere qualche anno in più.

Per la precisione, per alcuni lavoratori l’uscita passerà a 70 anni, ben 3 anni in più rispetto a quanto stabilito dalla Pensione di Vecchiaia.

Vediamo chi sono gli sfortunati che rischiano di uscire a 70 anni, e cosa comporterà a livello di assegno previdenziale.

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Per saperne di più in merito all’argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di TuttoPensioni.

Pensione a 70 anni, a chi tocca dal prossimo anno

Tempo fa sui tavoli della Finanziaria venne presentata una proposta alquanto impopolare, ovvero di introdurre l’uscita previdenziale a 70 anni per i lavoratori dipendenti del settore pubblico.

Con il recente via libera alla Manovra di Bilancio, tale proposta è diventata realtà, anche se non ha nulla di impositivo.

Come precisa Sky TG24, l’uscita a 70 anni sarà prevista il prossimo anno solo per i dipendenti del settore pubblico che la richiedono esplicitamente.

Questo trattenimento in servizio fino a 70 anni potrà essere richiesto solo se serve all’Amministrazione e se (in qualità di dipendente) si è d’accordo per la staffetta generazionale.

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I lavoratori che vorranno uscire a 70 anni dovranno infatti accordarsi con la Pubblica Amministrazione presso cui lavorano in merito alle attività da svolgere.

Pensione a 70 anni, a quanto ammonterebbe l’assegno

Rimanendo in servizio fino a 70 anni, i lavoratori potranno accumulare altri 3 anni di contributi, e riscattare un assegno previdenziale più generoso grazie al coefficiente di trasformazione previsto per chi esce a 70 anni.

A titolo d’esempio, se si uscisse nel 2025 a 67 anni (partendo da uno stipendio annuo di 25mila euro), si otterrebbe con 20 anni di contributi un assegno previdenziale pari a 720 euro lordi al mese.

Aspettando altri 3 anni, a 70 anni l’assegno arriverebbe a circa 930 euro lordi. In pratica, un aumento di circa il 30% sul rateo mensile.

Attenzione, però. Se si dovessero maturare molti più anni contributivi, il guadagno potrebbe non essere più alto.

Ad esempio, se si dovessero avere 40 anni di contributi, l’assegno iniziale sarebbe di 1.570 euro al mese. Aggiungendo altri 3 anni e uscendo a 70 anni, il rateo mensile salirebbe a 1.810 euro. Ovvero il 15% in più.

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A sua volta, se si partisse con uno stipendio più alto, la percentuale di incremento dell’assegno non cambierebbe.

Con uno stipendio di 50mila euro annui, uscendo a 67 anni un assegno maturato con 20 anni di contributi sarebbe di 1.440 euro al mese. A 70 anni con 3 anni di contributi in più sarebbe invece di 1.850 euro al mese, ovvero il 28% in più.

Pensione a 70 anni e non solo: tutte le altre novità per i dipendenti pubblici

Oltre all’opzione dell’uscita a 70 anni, per i dipendenti pubblici arriva dal prossimo anno un’altra novità: l’innalzamento del limite ordinamentale.

Fino al 2024, molti settori nella Pubblica Amministrazione permettevano di uscire con 2 anni di anticipo rispetto alla Pensione di Vecchiaia, ovvero a 65 anni.

Con la Manovra di Bilancio 2025, è stato disposto per questi settori lo spostamento dell’età di uscita da 65 a 67 anni. Così facendo, però, i dipendenti pubblici subiranno dal prossimo anno ben due penalizzazioni.

La prima è quella dell’allontanamento di un anno della liquidazione. Stando a quanto rilevato dalla CGIL in audizione parlamentare sulla Manovra, i dipendenti pubblici potranno iniziare a percepire il TFR:

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  • dopo 12 mesi se richiedono la pensione di vecchiaia o escono per via del limite ordinamentale,

  • dopo 24 mesi se richiedono la pensione anticipata.

Oltre a questo ritardo, si aggiunge anche la seconda penalizzazione. Ovvero il “taglio” dell’assegno previdenziale per gli assicurati presso le Gestioni Pubbliche:

  • Finanziamenti personali e aziendali

    Prestiti immediati

     

    Cpi (insegnanti di asilo e scuole elementari parificate),

  • Cpug (ufficiali giudiziari).

Proprio questi lavoratori subiranno il ricalcolo dei contributi versati prima del 1996, ritrovandosi così con un assegno previdenziale più risicato a causa della penalizzazione del modello contributivo.



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