Rovigo, sei milioni di euro l’anno (solo di elettricità) per tenere il territorio all’asciutto

Tenere asciutto il Polesine costa circa 6,5 milioni di euro l’anno soltanto di energia per il funzionamento delle pompe. Altrimenti, per metà sarebbe sott’acqua e buona parte del resto sarebbe un acquitrino. Se le pompe venissero spente, in pochi anni, il territorio tornerebbe lacustre com’era nell’antichità e per metà sarebbe completamente sommerso. La rete di strade, case e il patrimonio di ricordi che le costruzioni artificiali hanno sedimentato nella memoria degli abitanti, sarebbero visitabili soltanto immergendosi, come dei sub, con le bombole d’ossigeno. La provincia di Rovigo diventerebbe un enorme relitto sprofondato. D’altronde Polesine deriva dal latino medioevale policinum, che vuol dire terra paludosa.
Grossomodo a Est di Villadose tutto il Polesine è sotto il livello del mare e anche sotto il livello del pelo dell’acqua di Adige e Po. Oltre Loreo, Bottrighe e Papozze i livelli idrometrici di mare e fiumi sono quasi ovunque superiori fino a sei metri rispetto alle quote del comprensorio.

Territorio di foci

Il Polesine è la terra tra i corsi finali di Adige e Po, i cui bacini idrografici coprono un quarto del territorio nazionale, inoltre è attraversato dal Canalbianco, un canale artificiale che nasce a Mantova e arriva nell’Adriatico. A rigare tutto il territorio ci sono centinaia di chilometri di canali gestiti da due consorzi di bonifica, «Adige e Po», fino, per intenderci, a Loreo, poi c’è il «Delta Po». Il primo consorzio, in energia elettrica per il funzionamento delle pompe ha speso circa 2,6 milioni nel 2020 e poi 2,8 milioni nel 2021 che son saliti a 4,7 nel 2022 e ridiscesi a 3,7 nel 2023. Quest’anno, fino a novembre, aveva già speso 3,1 milioni. Il dispendio energetico non si discosta molto dalla media, quello che cambia è il prezzo. Il consorzio Delta Po invece l’anno scorso ha speso circa 2,4 milioni di euro.

Come funzionano le pompe

In sostanza succede questo, l’acqua piovana in eccesso viene raccolta e convogliata nei canali fino ai canali ricettori che la conducono al mare, per esempio il Canalbianco (ma anche il Po Brondolo, il Canale di Loreo e il Gorzone). Va fatto perché la falda, cioè il livello dell’acqua sotterranea, è ovunque altissima. La terra assorbe quel che può ma è come un bicchiere quasi pieno, ovunque. Il Canalbianco e gli altri recettori, per mantenere un’inclinazione sufficiente a far defluire le acque in mare, devono essere ad una quota maggiore rispetto ai terreni e alla rete di canali secondaria, per questo le acque vanno sollevate con le pompe che per funzionare richiedono energia. Ecco perché tenere asciutto il Polesine ha un costo elevato e inevitabile se si tiene conto che oltre all’energia elettrica ci sono le macchine e tutto l’apparato dei consorzi (soltanto l’Adige Po ha più di cento dipendenti).

Novantasette impianti

Gli impianti di sollevamento, in tutto il Polesine, sono 97. Enorme è quello di Cavanella Po, ad Adria, realizzato nel 1969. Nel territorio delta le pompe sollevano ogni anno un volume dell’ordine di 450 milioni di metri cubi d’acqua, ma solo il 30% è dovuto alle piogge. Il resto è costituito da infiltrazioni raccolte dalla falda acquifera superficiale. Infatti, anche quando non piove, le pompe devono funzionare per espellere l’acqua che filtra attraverso gli argini dei fiumi pensili e le arginature

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