Trends 2025: un’analisi degli scenari economici. Crisi geopolitiche, opportunità e rischi per Italia ed Europa

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Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Christian Dominici sugli scenari economici del 2025 che sarè pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il periodico di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.

TRENDS 2025 la nostra visione:

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  • I conflitti geopolitici mondiali;
  • La distruzione del commercio mondiale: il nuovo protezionismo;
  • La Cina: riduzione dei consumi interni a danno dei prodotti europei, l’aumento dell’export tecnologico cinese;
  • L’attenzione dei Governi: dall’attenzione all’inflazione, all’attenzione al tasso di disoccupazione;
  • La Crisi della Germania e gli impatti sull’Europa e sull’Italia;
  • L’Aumento del potere economico dei BRICS: quanto valgono adesso e dove potrebbero arrivare;
  • La Crisi dei debiti sovrani: è vera crisi o è naturale un aumento continuo del debito e della leva finanziaria in un mondo sempre più tecnologico?;
  • La centralità dell’energia ed il ritorno delle centrali nucleari;
  • Gli investimenti in AI sono di 320 us billion in USA, contro i 20 billion in Europa – come dobbiamo competere?
  • L’Italia: crescita zero, riduzione dei risparmi delle famiglie, ma necessità di preservare la sanità e di creare un nuovo ambiente lavorativo per le nuove generazioni;
  • I tassi di interesse continueranno a scendere nell’Area Euro?: SI
  • I conflitti geopolitici mondiali

I Conflitti geopolitici mondiali stanno generando una serie di conseguenze che in larga parte erano inattese, o che comunque erano state ritenute di carattere temporaneo:

  1. Siamo innanzitutto passati da un mondo in cui la pace sembrava scontata e duratura per sempre, ad un mondo in cui la guerra sembra diventata la nuova normalità e si inizia a ragionare di un continuo aumento di investimenti nella difesa globale;
  2. Siamo alla follia delle guerre che uccidono i civili e soprattutto i bambini, situazioni aberranti in un periodo moderno come il nostro.

Ma le guerre stanno causando anche altri problemi minori, ma importanti nell’economia globale:

  • Sta scendendo in tutto il mondo la fiducia verso il futuro soprattutto per le nuove generazioni, si fanno quindi meno consumi e si fanno meno investimenti;
  • La Cina che era il grande driver dei consumi mondiali ha smesso di consumare e soprattutto ha smesso di consumare i prodotti occidentali ritenendoli non più alla moda soprattutto per le nuove generazioni;
  • In tutto questo contesto complicato mondiale, si inseriscono le nuove propensioni di acquisto delle nuove generazioni che sono molto meno legate alla moda, molto meno legate ai beni di lusso e di proprietà, e molto più connesse ad un senso di appartenenza e condivisione (sharing) soprattutto nei confronti dei valori della condivisione ed ESG.

La distruzione del commercio mondiale: il nuovo protezionismo

In primo luogo il presidente neoeletto Trump imporrà importanti dazi sui beni importati dagli Stati Uniti: la possibile imposizione di tariffe del 60% sulle importazioni statunitensi dalla Cina e del 10% sulle importazioni dal resto del mondo insieme a probabili ritorsioni commerciali, rappresenterebbe una chiara minaccia per la crescita mondiale con una stima dell’impatto intorno allo 0,3% del PIL nel 2025.

L’Europa, in particolare la Germania, potrebbe essere gravemente colpita a causa delle sue esportazioni del settore automotive verso gli Stati Uniti e la generale incertezza sulle relazioni commerciali potrebbe avere implicazioni ampie e durature. Va però detto che la crescita del prodotto interno lordo mondiale non dipende più solo dalla crescita del commercio come in passato, la domanda interna è diventata più importante nel guidare la crescita per molte economie, ed è quindi importante che soprattutto gli Stati europei, nonostante l’anzianità della popolazione europea, sappiano adeguatamente stimolare la domanda interna.

Gli Stati Uniti sono invece un’economia relativamente chiusa emolto fondata sulla domanda interna, proprio per queste ragioni appare evidente che gli Stati Uniti a livello economico continueranno a guidare la crescita delle economie avanzate anche nel corso dell’anno 2025.

La Cina: riduzione dei consumi interni a danno dei prodotti europei, l’aumento dell’export tecnologico cinese.

Il secondo importante vento contrario alla crescita economica mondiale è costituito dai problemi nell’economia cinese.

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L’economia cinese sconta in questo momento la debolezza strutturale del mercato immobiliare, l’elevato debito pubblico locale e la scarsa fiducia dei risparmiatori e dei consumatori in una ulteriore crescita economica.

L’allentamento delle politiche monetarie può aiutare una ripresa economica, ma non è sufficiente a produrre un significativo rilancio a nostro avviso.

Qui si apre una riflessione sulle ulteriori modalità in cui l’allentamento di una politica monetaria e quindi una ulteriore riduzione dei tassi di interesse potrebbe stimolare la crescita in Stati Uniti ed Eurozona.

Certamente la politica monetaria restrittiva si è dimostrata efficace nel riportare l’inflazione ai target predefiniti, ma appare ben più difficile oggi, che una politica monetaria di nuovo accomodante possa stimolare particolarmente la crescita economica, per i problemi legati alle economie con deficit elevati e con elevati debiti, e quindi con la possibilità di stimolare la crescita anche con un’economia monetaria espansiva che si stima a livello mondiale nell’ordine massimo dell’uno percento di aumento ulteriore del Pil Mondiale.

Il connubio Trump/Elon Musk dovrebbe a questo proposito portare negli Stati Uniti ad una notevole riduzione della spesa governativa centrale a favore degli investimenti in innovazione e digitalizzazione.

Anche in Europa ci sono pressioni molto elevate per una riduzione della spesa governativa a favore di investimenti importanti per la decarbonizzazione, la digitalizzazione, e la difesa settori trainanti in questo momento, ma questi obiettivi appaiono difficili da raggiungere in Paesi come quelli europei che comunque dovranno continuare a mantenere, come esporremo nei paragrafi successivi, un notevole welfare ed assistenza alle popolazioni più anziane.

L’attenzione dei Governi: dall’attenzione all’inflazione, all’attenzione al tasso di disoccupazione;

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Una volta ampiamente vinta la battaglia contro l’inflazione, il 2025 sarà un anno in cui l’attenzione della politica globale si sposterà si livelli di occupazione.

I livelli di disoccupazione nelle principali economie avanzate non sono particolarmente elevati, ma sono superiori ai tassi più bassi registrati negli ultimi anni. Inoltre, i tassi di partecipazione, ovvero la percentuale di persone in età lavorativa impiegate o che cercano attivamente lavoro, sono bassi in maniera preoccupante in alcune economie moderne.

Un simile spostamento di attenzione è sicuramente facilitato negli Stati Uniti dal fatto che la banca centrale ha un duplice mandato: raggiungere la stabilità dei prezzi e la massima occupazione. Infatti, prima del Covid, quando l’inflazione era bassa e stabile da un po’ di tempo, la Federal Reserve sosteneva apertamente una politica di gestione dell’economia “a caldo” per creare più posti di lavoro. Ciò si può vedere nell’aumento del rapporto tra posti vacanti e disoccupazione dalla metà degli anni 2010 fino alla pandemia.

Nelle sue dichiarazioni strategiche, la Fed non ha definito esplicitamente “massima occupazione”. In effetti, è probabilmente molto difficile da definire con precisione e cambierà quasi certamente nel tempo, in gran parte a causa di fattori che influenzano la struttura e le dinamiche del mercato del lavoro.

Tuttavia, la Federal Reserve prevede, nel corso del 2025, di condurre una nuova revisione della dichiarazione di obiettivi a lungo termine e della strategia di politica monetaria. La strada verso una dichiarazione più esplicita sull’occupazione è attualmente aperta.

Altre banche centrali hanno doppi mandati, ma nessuna include esplicitamente un obiettivo occupazionale. La Banca d’Inghilterra, ad esempio, ha un obiettivo primario di politica monetaria per mantenere l’inflazione al 2% nel medio termine, con il supporto per gli altri obiettivi economici del governo come obiettivo secondario. È possibile, anche se improbabile, che l’obiettivo di inflazione possa essere modificato se è stabilito dal governo. C’è il potenziale per un tasso di inflazione obiettivo più elevato, consentendo tassi di interesse più bassi e forse una spinta alla crescita e all’occupazione.

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La Banca centrale europea e la Banca nazionale svizzera, ovviamente, hanno un solo mandato: la stabilità dei prezzi. È degno di nota che, rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, entrambe hanno tassi di interesse più bassi rispetto al periodo pre-pandemia.

In tutto il mondo, la promozione di una maggiore occupazione è molto più probabile che venga realizzata tramite misure dirette per promuovere l’occupazione piuttosto che tramite misure monetarie indirette.

La Crisi della Germania e gli impatti sull’Europa e sull’Italia;

La crisi della Germania non smette di darci ogni giornonuove informazioni.

La Germania sempre considerata la locomotiva europea nella manifattura è forse il Paese che in questo momento in Europa sta subendo la crisi in maniera più importante per una serie di concause:

La Germania si è sempre affidata alla fornitura di gas a basso prezzo della Unione Sovietica – fornitura che è adesso terminata;

L’export tedesco è stato tradito dai consumatori cinesi e sarà sempre più penalizzato dai dazi;

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Si dice che entro la fine del 2025 dovremmo di nuovo assistere alla ripartenza del ciclo manifatturiero e meccanico europeo ma non vi sono certezze su questa previsione;

La correlazione export crescita è ancora molto alta nel settore manifatturiero e nel settore dell’automotive, mentre è praticamente inesistente nel settore farmaceutico che mostra una crescita sia in Germania sia nel mercato interno italiano;

A nostro avviso non è immaginabile a breve una ripartenza della locomotiva tedesca e si prevedono ancora per tutto l’anno 2025 decrementi e crisi nell’ambito dell’industria manifatturiera italiana e soprattutto nell’industria meccanica che è sempre stata tradizionalmente considerata trainata dagli ordinativi tedeschi.

L’Aumento del potere economico dei BRICS: quanto valgono adesso e dove potrebbero arrivare;

Nel 2025 il gruppo BRICS acquisirà sempre più importanza a livello mondiale per tre motivi principali.

1. Il gruppo si sta allargando. Inizialmente composto da quattro economie (Brasile, Russia, India e Cina), si sono aggiunti il ​​Sudafrica nel 2010 e l’Iran, gli Emirati Arabi Uniti, l’Etiopia e l’Egitto all’inizio del 2024. Insieme, queste nove economie hanno una popolazione di 3,6 miliardi di persone, il 45% del totale mondiale. Per la maggior parte del tempo in cui i BRICS sono esistiti, la Cina è stata la più grande economia del gruppo. Ma l’India sta recuperando terreno, aiutata dal fatto che la sua popolazione ora supera quella della Cina. Ai tassi di cambio della parità del potere d’acquisto, il PIL combinato dei BRICS è di 73 trilioni di USD, più di un terzo del totale mondiale. È probabile che il gruppo si espanda ulteriormente con Malesia, Thailandia e Turchia che cercano tutte di entrare a far parte e l’Arabia Saudita che sta considerando il suo invito a unirsi.

2. Il raggruppamento BRICS sta ora dando un grande contributo alla crescita economica globale. Si prevede che l’economia mondiale crescerà del 3,2% nel 2025, secondo il FMI. Metà di questa crescita sarà generata dai BRICS. Le principali economie avanzate del G7 contribuiranno solo al 15% della crescita, con la maggior parte proveniente dagli Stati Uniti. 

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In un mondo in cui i modelli commerciali rischiano di diventare più frammentati, ci si può aspettare che il commercio tra i BRICS diventi ancora più importante. In effetti, le pressioni della frammentazione del commercio globale forniscono un incentivo ai BRICS a cooperare in misura maggiore. Le risorse naturali di Brasile, Russia e Iran hanno sempre reso quelle economie partner attraenti per la Cina. Ma poiché il commercio mondiale sembra destinato a diventare sempre più dominato dalla tecnologia e dai servizi, resta da vedere quanto bene i membri dei BRICS possano aiutarsi a vicenda. India e Cina sembrano essere concorrenti piuttosto che collaboratori attivi. Si pensi inoltre che la Cina sta già affrontando una crisi demografica lavorativa (-40.2 milioni di lavoratori), mentre l’India sta nettamente aumentando il numero della sua forza lavoro (+113,2 milioni di lavoratori).

3. I BRICS hanno concordato di mettere in comune 100 miliardi di USD di riserve in valuta estera e hanno costituito la New Development Bank, con sede a Shanghai. Da quando ha iniziato le operazioni nel 2015, ha approvato prestiti per quasi 33 miliardi di USD, principalmente per progetti idrici, di trasporto e altre infrastrutture. Tuttavia, la guerra tra Russia e Ucraina ha visto la banca congelare i progetti russi e la Russia non è stata in grado di accedere ai dollari tramite il sistema di valuta estera condivisa. I Paesi membri sembrano aver dato priorità all’accesso al sistema finanziario basato sul dollaro rispetto all’aiuto alla Russia. La Russia ha proposto modifiche ai pagamenti transfrontalieri tra i paesi BRICS, ma resta da vedere quanta trazione questa proposta raccoglierà. Una valuta BRICS, per rivaleggiare con gli Stati Uniti, potrebbe per caso essere il futuro?

La Crisi dei debiti sovrani: è vera crisi o è naturale un aumento continuo del debito e della leva finanziaria in un mondo sempre più tecnologico?;

Entro la fine del 2024 il debito pubblico globale raggiungerà circa i 100 trilioni di dollari e sarà quindi pari al 93% del PIL globale.

Ben presto nei prossimi anni il debito pubblico globale raggiungerà il 100% del PIL.

Questo dato è sicuramente un dato rischioso per tutti i Paesi ad alto indebitamento come l’Italia che fino ad ora hanno avuto accesso al mercato del credito internazionale pagando uno spread più elevato rispetto ai Paesi virtuosi, ma senza una particolare concorrenza da parte di altri Paesi che pagavano spread ben più contenuti.

In questo momento anche paesi virtuosi come la Francia sono diventati a più elevato indebitamento, si stanno affacciando nel mercato dei capitali, possono proporre prodotti con uno spread simile all’Italia ma con un grado di sicurezza, ancora in questo momento ben più elevato.

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A fronte di tali aumenti degli indebitamenti globali gli Stati membri stanno cercando nuove politiche fiscali soprattutto fondate sulla necessità di tassare i super ricchi.

Al di là dei proclami politici non ritengo che queste manovre avranno successo.

I super ricchi hanno grandissima facilità a spostare i loro patrimoni in tantissime parti del mondo, la guerra contro i super ricchi è in gran parte una guerra politica volta a dimostrare ai ceti medi che si sta facendo qualcosa a loro favore.

In realtà il vero problema è l’impoverimento, o meglio il progressivo assottigliamento in tutti i paesi del mondo del ceto medio che era sempre stato il ceto che consumava più prodotti, più beni di lusso, più prodotti meccanici tecnologici e alimentari.

Esistono due ordini di problemi.

A mio avviso è ormai ineluttabile che i debiti pubblici mondiali così come gli indebitamenti delle aziende continueranno a salire: i prodotti tecnologici sono prodotti sempre più cari, sempre più ricchi di tecnologie, e quindi aumenterà sempre di più il divario tra i super ricchi e coloro che non avranno saputo interpretare i nuovi trend del mercato economico.

La ricreazione di un vero ceto medio soprattutto in Italia passa per la ricreazione di un lavoro virtuoso, ossia di un lavoro ad elevato valore.

In un Paese come il nostro di grandi individualisti, ma anche di grandi creativi e creatori di nuove soluzioni, possiamo ben sperare che le nuove tecnologie ci aiutino da un lato nell’eliminare i lavori ripetitivi, dall’altro nel creare una nuova classe di lavoratori smart digitalizzati con una elevatissimo livello di istruzione che possano ricostituire il nuovo ceto medio.

Il nuovo ceto medio di fatto non si crea per legge, né soltanto con politiche monetarie e fiscali accomodanti, ma si crea studiando di più è riuscendo a sfruttare i vantaggi delle nuove tecnologie.

La centralità dell’energia ed il ritorno delle centrali nucleari

Nei prossimi anni, la domanda globale di elettricità sarà sostenuta dall’attuale elettrificazione di abitazioni, trasporti e industria, nonché da una notevole espansione dei data center. Si prevede che la quota di elettricità nel consumo finale di energia continuerà a salire dal 18% nel 2015, al 20% nel 2023 e al 30% nel 2030 (secondo lo scenario Net Zero Emissions by 2050 dell’IEA, un percorso allineato alla limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C).

Il consumo di elettricità da data center, AI e settore delle criptovalute potrebbe raddoppiare tra il 2023 e il 2026, raggiungendo 1.000 terawattora (TWh) nel 2026. Ciò equivarrebbe all’attuale consumo di elettricità del Giappone e sarebbe simile al fabbisogno di elettricità previsto di tutti i veicoli elettrici su strada nel 2030.

Il consumo di elettricità di Al e ricerche abilitate da Al è molto più alto delle ricerche standard, dieci volte più alto o addirittura maggiore sulla base della rapida crescita prevista nelle ricerche correlate ad Al, varie aziende tecnologiche hanno cercato di investire nella generazione di elettricità nucleare, sia dalla rimessa in servizio della capacità di generazione nucleare standard che potrebbe essere stata messa fuori servizio, sia dalla nuova tecnologia dei piccoli reattori modulari (SMRS). Gli SMRS sono progettati per essere compatti, semplici da costruire in fabbrica e quindi trasportati e assemblati in loco. Quando vengono utilizzati per alimentare i data center, in genere sono co-localizzati con essi. Gli SMRS hanno una capacità di generazione in genere di poche centinaia di megawatt (MW). Quindi, diversi SMR che funzionano insieme avrebbero una capacità simile a quella di una centrale nucleare tradizionale (700-1000 MW). Dato che l’energia nucleare può generare elettricità quasi ininterrottamente, l’elettricità generata da un sistema da 1000 MW sarebbe vicina a 1000 TWh all’anno.

Si intravvede in questo senso non solo un problema energetico nazionale, ma anche un problema di sicurezza e di preservazione e difesa dell’economia dei Paesi.

Gli Stati Uniti generano quasi un quinto del loro fabbisogno di elettricità dal nucleare, ma la percentuale è molto più alta in diversi Paesi europei e in Corea del Sud. Ciò li pone in un relativo vantaggio rispetto a Paesi come la Germania, che hanno gradualmente eliminato i loro programmi di energia nucleare, un processo che si è intensificato dopo l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl nel 1986 e il disastro di Fukushima nel 2011.

In Cina la capacità nucleare viene aumentata continuamente a un ritmo molto rapido.

Gli investimenti in AI sono di 320 us billion in USA, contro i 20 billion in Europa – come dobbiamo competere?

Il tasso di adozione dell’intelligenza artificiale generativa è rapido in questo particolare momento storico data l’elevata digitalizzazione della popolazione mondiale.

Per fare un esempio: secondo uno studio, il 40% degli utenti sul posto di lavoro ora  usal’intelligenza artificiale almeno in minima parte. Si tratta del doppio del tasso di adozione di Internet in una fase simile dopo la sua introduzione. L’intelligenza artificiale generativa sta rapidamente diventando una tecnologia diffusa e il 2025 sarà un anno in cui progredirà molto di più. Potrebbe benissimo essere l’inizio di uno sviluppo pluriennale nel settore. Jensen Huang, CEO di Nvidia, ha affermato che la potenza di calcolo che guida i progressi nell’intelligenza artificiale vedrà un aumento di quattro volte all’anno. Ciò rappresenterebbe un aumento di un milione di volte nel prossimo decennio.

C’è sempre un certo grado di clamore ed entusiasmo economico e borsistico di fronte a cambiamenti tecnologici cosi’ importanti.

L’attuale misura in cui viene utilizzata Internet è ben oltre le aspettative al momento delle offerte pubbliche iniziali di Amazon e Google nel 1997 e nel 2004, rispettivamente.

Gli Stati Uniti sono decisamente leader negli investimenti in Al, con Cina ed Europa molto indietro, almeno ad oggi. Ciò fornisce unimportante vantaggio per l’economia statunitense, soprattutto se, come ci aspettiamo, si tradurrà in una maggiore crescita della produttività. Le stime del potenziale impatto sulla crescita della produttività sono, tuttavia, molto diverse allo stato attuale.

L’intelligenza artificiale è una tecnologia dirompente e, come per tutti questi sviluppi, ci saranno inevitabili cambiamenti nell’occupazione. Il passaggio dagli attuali chip CPU ampiamente utilizzati nei computer, nelle auto e nell’archiviazione cloud ai chip GPU utilizzati per l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico è uno di questi cambiamenti.

Una ulteriore preoccupazione importante che ne deriva è che le tecnologie di intelligenza artificiale sono molto energivore. Esse porranno ulteriori richieste di generazione di elettricità in un mondo che sta già passando a un maggiore utilizzo di elettricità (nei trasporti, con i veicoli elettrici, nell’industria, con un allontanamento dai combustibili fossili, e nell’uso domestico, per l’aria condizionata e il riscaldamento). Ciò ci riconduce al nostro tema precedente circa la necessità di mantenere la maggiore indipendenza energetica possibile di ogni Paese ed il ritorno al mini-nucleare.

I tassi di interesse continueranno a scendere nell’Area Euro?: Spoiler SI

Riteniamo che l’attuale stagnazione economica dell’Europa e la perdita di potere economico rispetto agli Stati Uniti condurranno:

  1. I tassi di interessi in area Euro continueranno a scendere per tutto il 2025, anche se tale riduzione, come già esposto, condurrà solo ad un lieve incremento del PIL;
  2. Al di là dei proclami, in un Paese di anziani e con un elevato welfare sociale che va mantenuto, le politiche fiscali non condurranno né ad una effettiva crescita economica, né ad una riduzione del fabbisogno di spese della PA, né ad un nuovo ispessimento della classe media del nostro Paese.

L’Italia: crescita zero, riduzione dei risparmi delle famiglie, ma necessità di preservare la sanità e di creare un nuovo ambiente lavorativo per le nuove generazioni;

Considerazione triste: viviamo ìn un mondo occidentale che basa gran parte delle proprie ricchezze sui trasferimenti generazionali: entro il 2050 i baby boomers trasferiranno ai propri eredi quasi 3 mila miliardi di euro.

Un dato importante e rilevantissimo per tutti i gestori patrimoniali, un dato triste per l’economia e per le generazioni che intendono invece utilizzare il cosiddetto “ascensore sociale”.

L’Italia

La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è di 5.100 miliardi di euro, la ricchezza che considera anche tutti gli assets di investimento delle famiglie è nell’ordine del doppio di questa cifra.

Tuttavia:

  1. Nel 1995 eravamo quelli che in Europa risparmiavano di più, nel 2023 siamo scesi al quattordicesimo posto;
  2. Dal 2000 ad oggi l’Italia non è stata capace di difendere il proprio ceto medio, siamo uno dei Paesi europei cresciuti di meno e con la minore crescita dei salari;
  3. Il fabbisogno finanziario della PA italiana è superiore ai livelli pre-Covid e continuerà ad aumentare dovendo finanziare comunque un welfare elevato a favore di famiglie sempre più anziane;
  4. Non prevedo diminuzioni nel fabbisogno della PA, e non prevedo che le politiche fiscali e monetarie espansive, possano salvare da sole il ceto medio italiano;
  5. La ricchezza delle famiglie italiane è in gran parte investita in liquidità, immobili e titoli di Stato – la ricchezza finanziaria delle famiglie europee e soprattutto delle famiglie che risiedono negli Stati Uniti è prevalentemente investita in titoli azionari;
  6. Indipendentemente dalla usuale e storica propensione all’investimento immobiliare delle famiglie italiane, prevediamo un continuo declino del valore dei beni immobiliari in Italia legato alle seguenti considerazioni: prezzo degli assets molto elevato rispetto al salario reale italiano, le nuove generazioni acquistano al massimo la prima casa e nulla di più, gran parte del patrimonio immobiliare italiano è vecchio e non adeguato ai nuovi standard europei, le nuove generazioni, al di là del concetto di prima casa, non sono più interessate ad investire (come hanno fatto le generazioni precedenti) importanti patrimoni in seconde e terze case che hanno un alto costo di acquisto ed un tasso di utilizzo temporale molto basso; il presunto business degli affitti brevi verrà in poco tempo notevolmente ridotto da: interventi normativi, progressiva conoscenza da parte delle famiglie dei reali costi (ristrutturazioni, spese condominiali, spese di mantenimento continuo) degli immobili destinati a progetti di affitti brevi; gli immobili di lusso delle grandi città non saranno l’eccezione per due ordini di motivi: inadeguatezza agli standard moderni di vita (tantissimi immobili di presunto lusso a Milano e comunque in Italia non hanno nemmeno box ed accessi carrabili utilizzabili dalle automobili moderne – il problema della sicurezza personale nelle grandi città italiane è tutt’altro che risolto) – i fenomeni di presunto trasferimento dei super ricchi da Londra a Milano è prevalentemente un messaggio pubblicitario, per la popolazione in normale attività economica è ben diverso vivere e guadagnare reddito a Londra e Parigi che vivere a Milano – stipendi diversi di parecchie volte.
  7. L’asset allocation italiana in bond ed immobili non consente alle famiglie italiane di sfruttare i benefici dell’investimento azionario e negli asset in maggiore crescita nei periodi in cui l’economia è in sviluppo;
  8. In pratica non è vero che siamo resilienti – termine che peraltro non mi piace e non indica nulla in campo economico, è invece vero che stiamo utilizzando i nostri risparmi pregressi per mantenere il nostro – elevato se non elevatissimo – tenore di vita attuale.

Il messaggio positivo.

La ricreazione di un vero ceto medio soprattutto in Italia passa per la ricreazione di un lavoro virtuoso, ossia di un lavoro ad elevato valore.

In un Paese come il nostro di grandi individualisti, ma anche di grandi creativi e creatori di nuove soluzioni, possiamo ben sperare che le nuove tecnologie (AI e digitalizzazione) ci aiutino da un lato nell’eliminare i lavori ripetitivi, dall’altro nel creare una nuova classe di lavoratori smart digitalizzati con una elevatissimo livello di istruzione che possano ricostituire il nuovo ceto medio.

Il nuovo ceto medio di fatto non si crea per legge, né soltanto con politiche monetarie e fiscali accomodanti, ma si crea studiando di più, creando sulle nuove tecnologie un vero ponte tra imprese ed Accademia (impensabile in altri Paesi che non hanno una formazione di base forte come la nostra), e riuscendo a sfruttare i vantaggi delle nuove tecnologie – anche se non siamo i più ricchi o coloro che hanno più risorse da investire – dobbiamo essere i primi a capire – in ogni ambito economico e sociale – come la digitalizzazione e l’Intelligenza artificiale, al di là dei proclami, possano veramente cambiare in maniera disruptive il nostro business ed il nostro mondo.

Ancora nessuno sa veramente come l’Intelligenza Artificiale creerà valore e ricchezza (come avvenuto all’inizio dell’epoca internet), sicuramente creerà tanta nuova ricchezza, il popolo Italiano di grandi innovatori ed imprenditori, ha sicuramente tutte le caratteristiche per eccellere e per trovare le soluzioni innovative che cambieranno il nostro mondo.

Ed infine un controllo:

Cosa avevamo previsto nel 2024 e cosa è realmente accaduto.

Di seguito le nostre previsioni che avevamo pubblicato in gennaio 2024 per un Vostro controllo dopo 12 mesi.

I valori e l’impresa

I valori ESG non sono un modo per fare marketing. Le aziende che utilizzano i valori ESG semplicemente per farsi pubblicità e per pulirsi la coscienza avranno danni economici di lungo periodo ben superiori rispetto ai presunti vantaggi di marketing ed economici di breve periodo. Dopo la pandemia i valori di fondo di tutti noi sono profondamente cambiati, siamo molto più attenti all’utilizzo del nostro tempo, al bilanciamento tra lavoro e vita privata, e richiediamo alle aziende un coinvolgimento vero e non fittizio, nel miglioramento del mondo in cui viviamo. Per gli imprenditori questa è una sfida epocale, ma imprescindibile.

Le relazioni sociali

I social network hanno ormai dimostrato di non essere strumenti efficienti per relazioni sociali di rilievo nel mondo del business. Peraltro anche molte piattaforme di comparazione e di acquisto on line stanno diminuendo il loro volume di affari e dimostrano di essere efficienti sono per transazioni di basso valore unitario. Il 2024 per chi vuole fare veramente business, sarà l’anno in cui riscopriremo le relazioni personali di rilievo da gestire e manutenere accuratamente, al posto dei social networks.

Città inclusive

Il mercato immobiliare italiano si è ormai completamente spostato dalle seppur ricche province, alle città di Milano, Roma ed a poche locations esclusive di vacanza.

La maggior parte degli investimenti immobiliari delle famiglie – soprattutto nel momento in cui i figli iniziano a frequentare l’università – si è spostato nella città di Milano, che continua ad avere prezzi in continua ascesa e non risente del calo mutui. Gran parte degli investimenti immobiliari di pregio a Milano, sono finalizzati all’investimento dell’eccedenza di liquidità delle famiglie e quindi non necessitano di leva finanziaria.

Milano è l’unica città italiana che offre ai giovani volenterosi la reale possibilità, partendo da zero di cambiare la propria vita. Milano ha l’obbligo morale di lavorare a fondo sull’inclusività dei giovani, deve creare formule di housing  in centro e non in periferia – la città va vissuta e non attraversata per gli aperitivi – per i giovani che iniziano a studiare ed a lavorare.

La tecnologia

La tecnologia c’è, ed è li per rimanere. Come è successo alla fine degli anni 90 per internet, dal 2024 in avanti la vera sfida per le imprese sarà l’intelligenza artificiale. Come al solito vincerà non chi troverà una formula accattivante per quotare in poco tempo la propria start-up, ma soltanto chi investirà anni in errori, ricerche, studi, ed alla fine riuscirà davvero a trovare il modo migliore per integrare nel proprio business l’intelligenza artificiale.

La visione e l’execution

Siamo un Paese piccolo, a prevalenza PMI, ma siamo dei grandi visionari ed innovatori. Il successo delle nostre imprese è sempre stato quello di avere una visione, di cambiare la strada, di innovare, di occupare le nicchie – anche del design e del lusso – che le grandi multinazionali non riescono a coprire. Non dobbiamo essere però troppo furbi. L’execution batte sempre la mera visione. Nel Vostro lavoro, non preoccupatevi di essere i più visionari, preoccupiamoci tutti di fare al meglio possibile la piccola parte del nostro lavoro in cui vogliamo essere i migliori, non solo arriveranno risultati insperati, ma facendo bene questa piccola parte probabilmente arriveranno anche le idee per fare più in grande e meglio, e non viceversa.

L’ambiente economico

Il 2024 sarà l’anno della riduzione dei tassi di interesse prima del previsto, e questa è una ottima notizia per il nostro Paese e per le nostre imprese. Non è che l’inflazione è stata definitivamente sconfitta. Semplicemente: i prezzi degli assets sono e rimarranno alti in tutto il mondo, le economie del mondo intero – anche le più aggressive – crescono ormai con tassi vicini allo zero – non è infatti possibile crescere continuamente – di conseguenza l’unico modo per far crescere l’economia rimane quello di mantenere i tassi di interesse, non pari a zero, ma comunque accomodanti, in modo da consentire maggiori investimenti alle imprese e maggiori consumi alle famiglie.

Christian Dominici



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