Caos sulle cure garantite dalla Sanità, il Tar sospende il Tariffario nazionale

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IL CASO

ROMA Stop al tariffario delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica, vale a dire le prestazioni garantite ai cittadini dal Servizio sanitario nazionale. La decisione, che congela la riforma che sarebbe dovuta scattare proprio ieri, è contenuta in un decreto cautelare monocratico del Tar del Lazio emesso nell’ambito di un ricorso proposto da centinaia di strutture accreditate con le maggiori associazioni di categoria.

Il nomenclatore tariffario della sanità è l’elenco che regola il costo statale di esami, visite, e protesi. Il suo aggiornamento è una rivoluzione attesa da oltre 30 anni e che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe rendere davvero omogenei su tutto il territorio nazionale i Lea, i livelli essenziali di assistenza. Con il maxiricorso che ha congelato l’operazione si mira ad evidenziare la carenza d’istruttoria, la mancata considerazione dell’andamento dei costi produttivi aggiornati e le criticità giuridiche e metodologiche del decreto Sanità. Il Tribunale amministrativo ha dunque considerato fondate le argomentazioni del cartello composto da Federanisap, Aiop, Uap, dagli avvocati di Forum Team – Legal Healthcare, contro il decreto del ministero della Salute emanato di concerto con il Mef (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre). Il Giudice del Tar Lazio, in funzione monocratica, Giulia Lattanzi, ha sospeso l’efficacia del decreto, fissando l’udienza collegiale per il 28 gennaio 2025.

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LA CARENZA
Nel dettaglio, il ricorso punta a evidenziare la carenza istruttoria, la mancata considerazione dell’andamento dei costi produttivi aggiornati e le criticità giuridiche e metodologiche del Decreto. «Siamo convinti – spiegano gli avvocati Giuseppe Barone e Antonella Blasi – che il decreto violi i principi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione. Le tariffe non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica. L’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa. Non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate».

Ma non solo: «Il decreto – prosegue chi ha presentato il ricorso – è illegittimo per violazioni di norme Costituzionali. Gli atti della Commissione Permanente, inclusa la proposta tariffaria, sono viziati – da nullità derivata. La Commissione ha operato oltre i limiti temporali previsti dalla normativa, senza una valida base legislativa. Le tariffe approvate determinano poi una riduzione media del 22-27% rispetto ai valori precedenti, compromettendo la sostenibilità operativa delle strutture accreditate. Questo impatto è particolarmente grave per le strutture private che potrebbero essere costrette a cessare l’erogazione dei servizi e per i cittadini che dovranno ricorrere a determinate prestazioni a proprie spese, creando evidenti disparità di trattamento».

La riforma congelata è molto ambiziosa. Il tariffario è composto da circa 2mila voci che indicano le cifre dei rimborsi che vengono riconosciute a un ospedale o struttura convenzionata a fronte di una prestazione all’utenza. E in molti casi si arriva ad un taglio fino a 17 euro per una visita specialistica, o poco più del doppio per alcuni accertamenti.

L’EVOLUZIONE

Ma ci sono anche tante prestazioni nuove in più, frutto dell’evoluzione tecnologica degli ultimi 20 anni. In primis quelle legate alla procreazione assistita. Proprio il giro di vite sui rimborsi è al centro della protesta degli operatori sanitari che, oltre a temere di non riuscire più a raggiungere i pazienti a livello ambulatoriale in quanto le loro visite sono state inglobate o rinominate con diciture diverse, avvertono che i tagli economici producano un impatto negativo sulle liste d’attesa qualora le strutture convenzionate dovessero iniziare a tirarsi indietro vedendo ridursi i margini di guadagno.

 

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