da Roma e Milano ai porti di Gioia Tauro e Livorno

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LAMEZIA TERME Tonnellate di cocaina sequestrate, quintali di marijuana e altre sostanze stupefacenti sottratte in numerose operazioni di polizia e decine di arresti su tutto il territorio nazionale. Già perché l’anno appena concluso ha visto un aumento costante delle operazioni concluse con successo contro i presunti appartenenti a gruppi criminali legati a doppio filo con la ‘ndrangheta calabrese. Un business sempre più remunerativo, forte anche della domanda che non accenna a diminuire, e una potenza sempre più evidente ma fronteggiata, con ogni mezzo, dagli inquirenti e dagli agenti di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Fari puntati, ovviamente, sui porti: da quello calabrese di Gioia Tauro a quelli di Livorno e Genova. C’è, in questo senso, un report pubblicato ad ottobre di quest’anno da Libera, La Calabria, le Calabrie, storie di illegalità, percorsi di impegno”, che illustra al meglio la portata del fenomeno: tonnellate di droga in viaggio nei container delle navi che toccano i porti di tutto il mondo, business da milioni di euro, una delle attività più redditizie attraverso cui operano le mafie, ‘ndrangheta in primis. Che i “tentacoli” della ‘ndrangheta avessero raggiunto altre regioni italiane, con le cosche calabresi divenute tra i principali fornitori di cocaina era già noto, ma quest’anno c’è stato un aumento costante delle operazioni in quasi tutto il Paese.

Come, per esempio, la Sicilia. Una rotta ormai nota, battuta da molti e, soprattutto, conosciuta dagli inquirenti che da anni hanno acceso i riflettori su questo collegamento, perfetta sintesi di una sinergia tra bande criminali, spesso “autonome”, altre volte legate alla criminalità organizzata, ma in ogni caso molto proficua. Il collegamento tra Calabria e Sicilia non aspetta il “ponte sullo Stretto” e continua ad affidarsi con fiducia alle auto e ai passaggi sui traghetti quando si tratta di trasportare carichi di droga: marijuana, eroina e soprattutto la più redditizia cocaina. Un business milionario che non conosce soste, limiti geografici o battute d’arresto legate ad operazioni o arresti. Diversi i blitz messi a segno negli ultimi mesi: Ianus, Penelope e Devozione sono i nomi scelti per dare forma e sostanza alla rotta del narcotraffico che lega – con un filo invisibile – la nostra regione all’Isola sicula.

Altro territorio “privilegiato” è quello laziale e, in particolare, la Capitale. Degna di nota è l’operazione “Pit Stop” che avrebbe svelato, in pieno agosto, le rotte del narcotraffico dalla Calabria a Roma e, in alcuni casi, anche a Milano. Gli inquirenti erano riusciti, estrapolando e decriptando le chat di SkyEcc, centinaia di messaggi scambiati da utenti con nickname quali “Escobar”, “Balenciaga” oppure “Malammore” e “Urus” per contrattare partite di droga da inviare dalla Calabria alla Capitale. Come non citare, poi, Milano. Emblematiche, in questo senso, la recentissima operazione che ha coinvolto addirittura il capo ultrà del Milan, Luca Lucci. Gli inquirenti avrebbero infatti ricostruito i rapporti con alcuni soggetti calabresi, già ampiamente noti alle cronache come il cugino, Rosario Calabria, e Antonio Rosario Trimboli, una “vecchia” alleanza già ricostruita, ad esempio, in una operazione del 2021 quando i tre, Trimboli, Lucci e Calabria, erano stati accusati di aver acquistato di 10kg di cocaina al prezzo di 72.500 euro. Due i nickname utilizzati da Trimboli: “ghost” e “Jose Santa Cruz”. Gli inquirenti lo deducono da una serie di messaggi scambiati tra “Orso”, utenza di Rosario Calabria, e “Belva”, account invece di Luca Lucci. 
Lo stesso Trimboli era rimasto coinvolto in un blitz risalente a poco più di un mese fa insieme ad Antonio Gullì (cl. ’85). Gli inquirenti sono convinti di aver fatto luce su presunti contatti con esponenti delle famiglie di ‘ndrangheta, deputate al controllo sul porto dì Gioia Tauro, attraverso un membro noto come “il mostro”, in grado di disporre di una propria e selezionata squadra di operai che – normalmente addetta alle attività di scarico nell’area portuale di Gioia Tauro – era in grado di effettuare agevolmente anche il prelievo della cocaina dai container in arrivo dal Sudamerica, riuscendo soprattutto ad eludere i controlli doganali. Un’indagine – l’ennesima – che avrebbe svelato un grosso giro d’affari legato al narcotraffico internazionale di cocaina che, dal Sudamerica, passava dalla Calabria e dal porto di Gioia Tauro per poi inondare le piazze di Milano e del suo hinterland.

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Nelle scorse settimane, invece, era stata la Dda di Firenze a far luce su un’organizzazione criminale che si sarebbe avvalsa di un soggetto con la dote di “Vangelo” all’interno della cosca Molè, in affari sia con la ‘ndrina di Cinquefrondi sua alleata, sia con esponenti della Sacra Corona Unita foggiana. Base di approdo scelta, questa volta, il porto di Livorno: qui, infatti, un gruppo criminale organizzato in più Stati – Italia, Ecuador, Albania e Belgio – con alle spalle la ‘ndrangheta e una delle più potenti famiglie criminali, avrebbe organizzato negli anni diversi viaggi ed esfiltrazioni di carichi di cocaina, acquistata in Sudamerica, un sistema criminale ben collaudato e organizzato, composto da italiani e albanesi. Dall’analisi degli apparecchi sequestrati e dei tabulati, gli inquirenti si convincono dell’esistenza di due cellule indispensabili per il recupero del carico di droga: da una parte i “recuperatori” e i “supervisori”, all’altra i “mittenti”. Come accaduto decine di altre volte in casi analoghi, il mezzo di comunicazione preferito era la conversazione via chat su dispositivi SkyEcc, piattaforma poi decriptata e che ha consentito a decine di Procure in Europa di ricostruire ingenti traffici di quintali di cocaina per il mondo.

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Quello del narcotraffico, dunque, business imponente, milionario. Apparentemente senza fine. E lo testimoniano i sequestri effettuati al porto di Gioia Tauro. L’ultimo, imponente, è quello eseguito insieme dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzie delle dogane e che riguarda quasi 8 quintali di cocaina purissima (790 chili), uno dei più imponenti mai eseguiti e il più importante negli ultimi mesi. Nel corso dell’anno, rende noto la Guardia di Finanza, nel porto di Gioia Tauro sono state finora sequestrate complessivamente circa 3,8 tonnellate di cocaina. Una ulteriore prova della centralità assoluta dello scalo portuale calabrese. I blitz eseguiti nello scalo di Gioia Tauro sono molteplici nel 2024. Lo scorso 9 ottobre sono stati 280 i chili di droga sequestrati all’interno di container sospetti, per un valore di oltre 40 milioni di euro. Tra i più importanti, poi, i 250 kg di droga sequestrati all’interno di un carico di finte banane e frutta esotica proveniente dell’Ecuador. Ancora più emblematico, poi, il sequestro di alcuni borsoni questa volta provenienti dalla Cina e con all’interno 150 kg di cocaina. (g.curcio@corrierecal.it)



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