L’Europa incompiuta e le sfide ereditate dai conflitti mondiali

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Il 2024, che stiamo per lasciarci alle spalle, è stato l’anno dei conflitti, in cui si sono aggravate le crisi già esistenti e se ne sono aperte di nuove, restituendoci un mondo frammentato e inquieto.

La transizione verso il 2025 avviene in un contesto in rapida trasformazione, ove le crisi si moltiplicano e si rafforzano a vicenda, erodendo i paradigmi tradizionali delle relazioni internazionali.

Il 2024 ha anche visto l’interdipendenza – energetica, commerciale, tecnologica e alimentare – trasformarsi sempre più in uno strumento di conflitto. La guerra non è più solo un evento straordinario, ma una condizione pervasiva che si esprime attraverso conflitti armati tradizionali, ma anche tensioni economiche, cyberattacchi e disinformazione. Le cronache ce lo ricordano quotidianamente. Viviamo nell’«age of unpeace», epoca di pace «sfaldata», in cui la conflittualità cresce e si manifesta in forme nuove, in un fragile e precario equilibrio di interdipendenze.

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Gli Stati Uniti, storica potenza egemone, si confrontano con la crescente assertività di Cina e Russia e con l’emergere di nuovi attori che intendono plasmare un ordine internazionale differente. La guerra in Ucraina ha continuato a erodere la sicurezza europea e globale. La Russia, indebolita dalle sanzioni e da un conflitto più lungo, sanguinoso e logorante del previsto, ha rafforzato i suoi legami con Cina, Iran e Corea del Nord, formando un blocco informale sempre più aggressivo.

Nel frattempo, nell’Indo-Pacifico crescono le tensioni, in particolare nel Mar Cinese Meridionale e intorno a Taiwan, che rimane una linea rossa per Stati Uniti e Cina, oltre che una potenziale polveriera.

Il Medio Oriente è attraversato da conflitti cronici che si aggravano sempre più tragicamente e rischiano di allontanare in modo irreparabile l’aspirazione palestinese di un proprio Stato. L’Iran, gravemente indebolito dallo scardinamento dell’asse anti-isreliano «della resistenza», e alle prese con una grave crisi interna, è tentato di dotarsi dell’arma nucleare. La Turchia, semi-occulta artefice della cacciata di Bashar al-Assad dalla Siria, si è rafforzata nella regione, alimentando le proprie aspirazioni di un progetto neo-ottomano.

Il 2024 ha segnato anche una nuova frontiera nella competizione globale, la corsa alla supremazia tecnologica: le tecnologie critiche, i semiconduttori e i microprocessori, cuore pulsante dell’economia digitale, sono diventati oggetto di un’intensa concorrenza geopolitica, così come l’Intelligenza artificiale, «pietra filosofale del nuovo millennio».

L’avvento della presidenza Trump potrebbe imprimere un’ulteriore accelerazione a queste dinamiche. Le preannunciate politiche protezionistiche americane e le aspettative messianiche che egli ha alimentato in campagna elettorale, con la promessa di risolvere rapidamente le crisi in Ucraina e Medio Oriente, potrebbero dar luogo a nuove tensioni internazionali.

Parallelamente, l’Europa continua a interrogarsi sul proprio futuro e sulla capacità di rafforzare un’autonomia strategica ancora incompiuta. L’Unione europea è in un momento critico di transizione, divisa su molte questioni fondamentali – gestione delle crisi migratorie, politica energetica, di difesa, rapporti con Cina e Stati Uniti. Nel nuovo anno la Commissione Ue dovrà affrontare la sfida di dimostrarsi attore autorevole in un mondo sempre più polarizzato o rischiare di diventare terreno di scontro tra interessi contrapposti. Senza una maggiore coesione interna le ambizioni globali dell’Unione resteranno vuote dichiarazioni di principio.

In questa fase di transizione tumultuosa, la diplomazia resta uno strumento indispensabile. Tuttavia, essa dovrà adattarsi a un mondo in cui Asia, Africa e America Latina aspirano a essere protagoniste di un nuovo ordine mondiale.

Il 2025 si preannuncia dunque un anno cruciale per affrontare le crisi ereditate e anticipare quelle che si profilano all’orizzonte. La guerra in Ucraina, il riassetto geopolitico in Medio Oriente, le tensioni nell’Indo-Pacifico, la competizione tecnologica, plasmeranno il futuro dell’ordine globale. Tuttavia, queste crisi non devono distrarci dalle priorità di lungo periodo: il cambiamento climatico, la gestione delle migrazioni, la lotta alla povertà e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale.

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Il modo in cui governi e opinioni pubbliche affronteranno queste sfide sarà il banco di prova per la capacità della comunità internazionale di gestire le proprie interdipendenze in modo responsabile. È questa la lezione che dobbiamo trarre nell’epoca di pace sfaldata. Come ammoniva Arnold Toynbee: “Il più grande castigo per chi non è interessato alla politica è di essere governato da chi è interessato solo al potere”. Questo monito si applica più che mai alla geopolitica, e mai come oggi è importante comprenderlo.



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